Parliamo di "Upupa my dream is my rebel king 2 The rebellion" di Antonio Orfanò con Antonio Orfanò, Lorenza Caroleo, Simone Francia, Francesco Maltese, Maria Teresa Mazza, Giulio Fazio sotto la regia di Antonio Orfanò recitata dalla Compagnia Teatro La Chapliniana ieri 21 settembre nel parco della Grotta.
Come dice Enzo Lamartora : “ Messa in scena per la prima volta nel V secolo a.C., in occasione delle celebrazioni dionisiache del 414, Gli Uccelli di Aristofane continua ancora oggi ad affascinare gli spettatori e a essere riproposta in scena. L'ultima, ardita riscrittura è stata rappresentata il 21 agosto nella splendida cornice notturna del Parco Archeologico di Ascoli Satriano (FG) dalla compagnia teatrale di Antonio Orfanò, che di Upupa è regista e interprete principale.
Tema dell'opera è l'eterno tema della futilità di ogni aspirazione umana all'Utopia, rappresentata per Aristofane dalla città ideale di Upupa, cioè Ropops, un uccellino che fà da personaggio centrale negli Uccelli. In fuga dalla corruzione di Atene, gli uomini, impersonati da Pistetero ed Evelpide, cercano la pace e la serenità nella fondazione di una nuova città ideale, Upupa, situata nel mondo degli uccelli, dove regnino pace, serenità e giustizia, e dove siano osceni il potere, la corruzione, la perversione.
Ben presto però i due protagonisti finiranno per cedere alle stesse lusinghe terrene da cui erano fuggiti, concedendosi ai vecchi richiami della corruzione, del potere, della perversione, e trasformando così l'agognato paradiso celeste in un inferno più che terreno in cui torna ad imperare la sete di potere e dominio.
In Upupa my dream is my rebel king 2 / The rebellion, l'Upupa che dà il titolo all'opera scenica non compare sul palco, rimane o-scena, u-topica, irrealizzabile: un seno Ideale (come suggerisce la scenografia, costruita proprio intorno a due enormi mammelle), o un sogno di reinfetazione.
Upupa rappresenta allora uno schermo bianco su cui vengono proiettate le molteplici e conflittuali pulsioni umane, individuali e collettive. Conflittuali appunto, tanto che in scena il regista mescola e confonde linguaggi diversi, richiami sovrapposti che vanno dalle canzoni di Franck Sinatra a quelle di Edith Piaf, ad Einen richtigen Mann. I livelli (stilistici e) funzionali della mente (conscio, preconscio, inconscio; immaginario, reale, simbolico; iconico e linguistico, ecc.) sono continuamente rimescolati in ragione di una dichiarata weltanschaaung: la vita non è uno scopo e non tende a unificare o integrare il soggetto, è invece frutto della pura spinta del desiderio, di una pulsionalità che ci travolge, servendosi di qualunque oggetto pur di raggiungere il proprio fine, cioè il piacere.
A fronte di Upupa, "metafora senza tempo", simbolo della tensione verso un oggetto e un Sé Ideali, c'è la vita che si muove nel teatro della mente, con i suoi fantasmi, i suoi oggetti bizzarri, le sue relazioni ambigue e contraddittorie, i suoi processi illogici (primari), e i suoi "personaggi" costruiti per rappresentare e legare l'angoscia e la confusione generate dal conflitto tra pulsione e istituzione: la suora che nasconde peccaminose voluttà, la entraineuse del night di Berlino che affoga nella noia, il mefistofelico tentatore, simbolo del potere, la tossicomane che vive nella propria nuvola di fumo.
Allora la parabola di Pistetero che, ignaro di sé, crede di poter fuggire se stesso ricercando un mondo e un Sé Ideali, diventa uno scorcio psicoanalitico sulla negazione e la scissione delle proprie pulsioni distruttive e appropriative, e sull'idealizzazione di istanze di sé non misconosciute o falsamente rappresentate, idealizzazione che come spesso accade esita in una delusione, in una svalutazione che a sua volta riporta il Soggetto a contatto con l'angoscia e la realtà del proprio mondo interno”.
Grande spettacolo non colto, come possibile, se non dovuto, da una città distratta dal campionato di calcio o forse abituata ad un teatro diverso che ha sorridere ma non pensare.
O forse l'estate è già passata e turisti non ce ne sono più!
Peraltro la locandina trovata per pochissimo sul sito web del comune di Amantea non ci sembrava sufficiente a pubblicizzare lo spettacolo.
Peccato!