L’incredibile vicenda delle cure domiciliari precoci del Covid-19.
di Sergio Ruggiero
Il protocollo delle cure domiciliari precoci contro il Covid, nella sua prima forma, sarebbe stato pronto già ad Aprile del 2020.
Qualcosa di abbastanza semplice e applicabile a domicilio, che un gruppo di valenti medici ha messo a punto e trasmesso dall’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) e al Ministero della Salute.
Ma l’AIFA, che aveva stabilito la “vigile attesa” e la somministrazione di tachipirina, costringendo tanta gente a morire in casa o all’affannoso ricovero ospedaliero, ha “riconosciuto” la cura solo il 5 marzo scorso sulla base di una determinazione del TAR del Lazio.
E solo dopo alcune ottime inchieste giornalistiche che hanno denunciato il fatto.
Non sono un medico e potrei sbagliare qualcosa, ma la ciccia è questa.
Leggiamo da un comunicato: Roma, 5 marzo 2021 –
“Accogliamo con soddisfazione il via libera del Tar del Lazio all’utilizzo delle profilassi di nuove cure domiciliari per la terapia farmacologica dei pazienti affetti dal virus SARS-CoV-2. Ora dovranno essere riviste e aggiornate le linee guida ministeriali, con un protocollo adeguato per un sistema terapeutico che comprenda l’impiego di altri farmaci, come antinfiammatori, eparina, antibiotici, cortisonici e idrossiclorochina.
Dunque, secondo la cricca dell’AIFA e del Ministero della salute, la parola d’ordine fino ad ora era: “Tachipirina e vigile attesa”.
E intanto la gente moriva, a casa o negli ospedali.
Io di medicina non capisco nulla, ma una domanda me la pongo: Perché l’AIFA e il Ministro non hanno risposto tempestivamente alla sollecitazione di quei medici che, con una diagnosi e una cura farmacologica precoce, stavano salvando tanta gente dal Covid e da una ospedalizzazione di massa?
So di medici di qui, anche qualcuno a me vicino, che hanno curato malati anziani diabetici sintomatici evitando loro l’ospedalizzazione, disattendendo le indicazioni ministeriali, e magari rischiando conseguenze personali. Bene, e non perché gli ospedalieri non siano bravi ma perché, sommersi dai ricoveri e male equipaggiati, non hanno potuto svolgere al meglio il proprio lavoro, soprattutto nella prima ondata, magari lasciandoci le penne, o assistendo alla morte di tanti sventurati giunti troppo tardi, o peggio a cui venivano “bruciati” i polmoni da una terapia intensiva talora improvvisata.
Mi domando: perché il Ministro bambino non è andato all’AIFA per tempo a sbattere i pugni e a urlare: “Guardate che quei medici stanno salvando la vita a un mucchio di gente. Parliamo con loro che possono e vogliono aiutarci”.
Mi domando: se lo sapevo io che sono l’ultimo fesso del quadrante occidentale, come faceva a non saperlo il Ministro bambino?
Perché non ha incontrato quei medici ch’erano in grado di mostrare i risultati?
Lui o qualcuno dei sottosegretari, portaborse, affiliati, incaricati, leccaculo…?
Eppure quei medici lo hanno cercato.
Ma lui era forse impegnato a chiudere tutte le attività economiche da un momento all’altro e a scrivere il libro per vantarsi di essere il più bravo.
E il Pifferaio magico era impegnato a fare conferenze stampa, a nominare task force, a concepir le primule e ad assecondare altre cervellotiche iniziative come i banchi a rotelle e i bonus monopattini, giusto per nominarne qualcuna.
Non voglio fare un’insalata mista, ma la storia delle primule ha veramente dell’incredibile!
Come dire: abbiamo un problema e ne creiamo un altro.
Con il numero dei morti dobbiamo essere precisi, perché ognuno di loro è una tragedia: 104386, a quanto pare. Un pezzo di generazione di Italiani spedita al Creatore dall’improvvisazione e dall’inettitudine, temo, prim’ancora che dalla pandemia.
Forse tanta gente si poteva salvare, e forse la questione poteva prendere una piega diversa.
Io, l’ultimo fesso del quadrante occidentale, non dirò quel che penso del Pifferaio magico bello vestito e del Ministro bambino.
Non farei una bella figura.