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Amantea, nuovi guai per Franco La Rupa e Marcello Socievole

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E’ una Amantea fortemente perplessa quella che stamattina ha accolto la notizia che la Cassazione ha annullato, con rinvio, il provvedimento, emesso, i primi di agosto 2017, dal Tribunale della Libertà di Catanzaro, di scarcerazione di Franco La Rupa e Marcello Socievole che erano stati arrestati il 22 luglio del 2017.

Mancavano secondo il Tribunale della Libertà di Catanzaro i gravi indizi di colpevolezza e quindi la necessità delle esigenze cautelari.

Ed in particolare, secondo il collegio cautelare, ma anche secondo gran parte della comunità, Socievole, se fosse stato eletto, avrebbe potuto intervenire sulla decisione riguardante l’affidamento del servizio di gestione dell’asilo comunale ma non sulle determinazioni dell’aggiudicatario della gara.

Ed invece il ricorso del PM Pierpaolo Bruni ed il pronunciamento della Cassazione che ha imposto un nuovo pronunciamento da parte di diversa sezione del Tribunale della Libertà di Catanzaro.

La intera comunità si chiede, comunque, se davvero i due politici amanteani dovranno rientrare in carcere o se, anche, in caso di pronuncia a loro sfavorevole, non sia ritenibile più giusta una pena meno afflittiva.

Ecco cosa scrive Cosenza Channel:

“La procura di Paola ottiene l’annullamento (con rinvio) del provvedimento disposto dal Riesame di Catanzaro nei confronti di Marcello Socievole e Franco La Rupa, precedentemente arrestati dal gip di Paola e poi scarcerati per mancanza dei gravi indizi di colpevolezza, e quindi, delle esigenze cautelari circa l’inchiesta sul presunto voto di scambio e tentata estorsione ai danni del vice sindaco di Serra d’Aiello e della sua compagna di vita.

La Suprema Corte di Cassazione infatti ha accolto in toto il ricorso avanzato dall’ufficio inquirente, coordinato dal procuratore capo Pierpaolo Bruni, evidenziandone in punta di diritto le motivazioni che hanno portato ad impugnare il provvedimento di scarcerazione del Tdl di Catanzaro.

PRIMA IL RIESAME. Il Tribunale di Catanzaro aveva annullato l’ordinanza di custodia cautelare, argomentando che i consigli e le sollecitazioni rivolte al vice sindaco di Serra d’Aiello da La Rupa, alla presenza e nell’interesse di Socievole, al fine di garantire la prosecuzione del rapporto di lavoro della moglie era insuscettibile di integrare la minaccia costitutiva degli illeciti ascritti in quanto la cessazione o prosecuzione del rapporto non dipendeva né da La Rupa né da Socievole (assessore in pectore del ramo) poiché gli stessi non avevano il potere di interferire o condizionare le scelte della società incaricata della gestione.

In particolare, secondo il collegio cautelare, Socievole, se fosse stato eletto, avrebbe potuto intervenire sulla decisione riguardante l’affidamento del servizio di gestione dell’asilo comunale ma non sulle determinazioni dell’aggiudicatario della gara.

Inoltre, l’ordinanza cautelare aveva messo in dubbio che Fabio Innocenti potesse essersi sentito minacciato dai contenuti del colloquio intercorso con La Rupa e da Socievole sia in considerazione del suo ruolo di vicesindaco di un Comune vicino, in quanto tale consapevole che «“la situazione lavorativa della compagna.. non avrebbe potuto subire ripercussioni negative per effetto di decisioni politiche dell’amministrazione comunale di Amantea”», sia perché, ove effettivamente intimorito, Innocenti avrebbe dato immediata notizia del colloquio alle forze dell’ordine e non al candidato a sindaco del Comune di Amantea, Tommaso Signorelli. Di conseguenza il Tribunale escludeva la ravvisabilità degli estremi di cui all’art. 87 L. 86/1960, ipotizzando la più lieve fattispecie di cui all’art. 86 e disponendo l’annullamento dell’ordinanza».

IL RICORSO DI BRUNI. La procura di Paola, invece, deduceva la violazione di legge e l’illogicità e contraddittorietà della motivazione in quanto il Tribunale del Riesame ha ritenuto che i condizionamenti, i consigli e le sollecitazioni rivolte dagli indagati a Fabio Innocenti non assurgerebbero a minacce idonee ad integrare i delitti ascritti in via provvisoria, trascurando di considerare che – secondo i principi fissati dalla giurisprudenza di legittimità – l’idoneità della minaccia deve essere valutata con giudizio ex ante, considerando le circostanze di tempo e di luogo nonché le condizioni e situazioni personali dei destinatari sicché è del tutto incongruo ritenere che la minaccia della perdita del posto di lavoro non possa costituire in un contesto particolarmente disagiato un incisivo strumento di coartazione dell’autodeterminazione della vittima, tenuto conto – nella specie – delle dichiarazioni in tal senso rese sia da Innocenti che dalla moglie.

Secondo la procura di Paola era, inoltre, contraddittorio ed illogico il richiamo dell’ordinanza impugnata alla mancata tempestiva denuncia dell’accaduto da parte di Innocenti giacché questo elemento rafforza la tesi dell’esatta percezione dell’intimidazione dal momento che proprio per timore di ritorsioni il vice sindaco di Serra d’Aiello non segnalò immediatamente l’accaduto alle forze dell’ordine. Infine, la procura di Paola aveva osservato che anche se rispondesse al vero che l’indagato una volta eletto non avrebbe avuto potere d’incidere sulla prosecuzione del rapporto di lavoro della persona offesa, la difforme prospettazione operata nel corso del colloquio registrato e riversato in atti integrerebbe comunque la fattispecie ex art. 87 Dpr 570/60 poiché la disposizione sanziona anche colui che con notizie false, artifizi o raggiri ovvero con qualunque mezzo illecito atto a diminuire la libertà degli elettori esercita pressioni nei loro confronti.

LA CASSAZIONE. Il ricorso merita di essere accolto perché «la minaccia non costituisce l’unica modalità strumentale attraverso la quale può realizzarsi la coartazione degli elettori e rientrava nei poteri del giudice del riesame l’eventuale riqualificazione del fatto sub a), declinato dalla pubblica accusa nel senso dell’uso di minacce onde costringere la Damiano e i familiari a votare in favore di Socievole e della lista elettorale d’appartenenza del medesimo. Infatti, come rilevato dalla procura di Paola, il contestato art. 87 sanziona chiunque usa violenza o minaccia ad un elettore, od alla sua famiglia, per costringerlo a firmare una dichiarazione di presentazione di candidatura o a votare in favore di determinate candidature, o ad astenersi dalla firma o dal voto, o con notizie da lui riconosciute false, o con raggiri o artifizi, ovvero con qualunque mezzo illecito, atto a diminuire la libertà degli elettori, esercita pressioni per costringerli a firmare una dichiarazione di presentazione di candidatura o a votare in favore di determinate candidature, o ad astenersi dalla firma o dal voto».

Per gli ermellini la motivazione del Riesame risulta illogica e contraddittoria, in quanto «esclusa l’idoneità delle minacce – opta in maniera ipotetica per la residuale configurabilità del reato di corruzione elettorale, pur avendo riconosciuto che “non vi è (e non potrebbe esservi) incertezza alcuna, alla luce delle chiare e non suscettibili di diversa interpretazione, dichiarazioni che La Rupa ha rivolto ad Innocenti sul futuro lavorativo della convivente, in punto di interferenza e condizionamento del voto amministrativo che erano chiamati ad esprimere la stessa moglie e i suoi genitori nella competizione elettorale del giugno 2017..”».

Tra le frasi contestate vi è quella in cui marito e moglie si sentono dire che «“è un peccato che tu per votare l’amico, voglio dire fai compromettere il posto di lavoro alla futura moglie tua”… “e tu invece devi fare cinque e uno perché Marcello gli ha dato il posto…. quando siamo in amicizia divido quando per esempio Marcello Socievole deve andare un’altra volta a rinnovare il contratto alla futura moglie tua che dividiamo (…)?”».

In conclusione, analizzando la posizione dell’ex consigliere regionale, la Cassazione evidenzia che «l’affermazione che La Rupa, sponsor della Lista Azzurra, e il coindagato Socievole, candidato destinato in caso di elezione al ruolo di assessore con competenza sui servizi pubblici, non avrebbero avuto in ogni caso potere decisionale in ordine alle sorti del rapporto di lavoro della Damiano è ampiamente contrastata dai contenuti della conversazione registrata e poggia su dati meramente formali che trascurano le massime d’esperienza in relazione alla permeabilità degli appalti di servizi a logiche di potere, soprattutto in ristretti contesti ambientali ad alto tasso di disoccupazione».

Dunque ora un nuovo Riesame per La Rupa, difeso dall’avvocato Gregorio Barba, e Socievole, difeso dall’avvocato Nicola Carratelli. (Antonio Alizzi)

Posted Antonio Alizzi by Redazione Cosenza Channel venerdì, 23 novembre, 2018

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