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La finta riscrittura della bozza italiana per il Fondo Salva Stati cambia poco la sostanza: resta un cappio al collo del Paese che resta (ancora una volta) sotto il tacco dell’Europa.

Di fatto le parole del premier in Aula non hanno convinto le opposizioni.

“La revisione del Mes non apporta modifiche sostanziali al trattato già esistente e non introduce alcun automatismo nella ristrutturazione del debito di uno Stato”, ha affermato il presidente del Consiglio.

Il premier ha anche sottolineato che “è nostra ferma intenzione che questo non accada.

Lascia alla Commissione europea il fondamentale ruolo di valutarne la sostenibilità e di assicurare la coerenza complessiva delle analisi macroeconomiche effettuate sui Paesi membri”, ha spiegato. Parole che però sono state immediatamente accompagnate da fischi, urla e cori da parte dei parlamentari dell’opposizioni.

Tra i più accaniti avversari in Parlamento del premier ci sono i parlamentari di Lega e Fratelli d’Italia.

E così nella bagarre che si è consumata in Aula, un intervento su tutti ha capitalizzato l’attenzione per la durezza dei toni, quello del leghista Borghi.

L’esponente del Carroccio ha messo nel mirino il premier e non ha usato giri di parole per sottolineare le sue responsabilità e le “bugie” raccontate agli italiani in questi giorni sul Mes: “Dicendo di averci informato, lei ha umiliato e offeso anche Di Maio, che le sedeva accanto imbarazzato”.

E ancora: “Ma chi credeva di prendere in giro?

Noi abbiamo seguito la trattativa e il mandato che ebbe era uno: l’italia non avrebbe mai firmato quel Trattato.

Glielo dissero Salvini e Di Maio”.

Il tono diventa sempre più duro e Borghi rincara la dose: “Cosa non capiva?

Ma che bello sarebbe stato se Di Maio si fosse alzato e le avesse detto ‘piantala, bugiardo’.

Infatti oggi non c’è in aula”. Infine l’affondo, quello più pesante: “Cosa posso pensare se sento che il trattato è chiuso?

Che lei è un traditore signor presidente, un traditore.

Quando l’abbiamo vista raggiante sui divanetti, con Merkel, Macron e Rocco Casalino se li ricordava gli impegni che aveva preso?”, chiede Borghi rivolto al premier, per poi concludere, tra gli applausi dei leghisti: “Da Cavour e De Gasperi, ora mandiamo in Europa Conte e Rocco Casalino”.

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Nel mezzo di un continuo afflusso di migranti irregolari dalla Turchia, le autorità locali sulle isole del Mar Egeo stanno aumentando le loro proteste.

Allo stesso tempo, la polizia ha distrutto un racket che vendeva falsi certificati medici ai richiedenti asilo in cerca di un rapido trasferimento verso la terraferma.

Più di 1.000 migranti sono sbarcati sulle isole negli ultimi quattro giorni, secondo i dati ufficiali, esercitando una maggiore pressione sui campi statali già sovraffollati.

Nel frattempo, i sindaci di Lesbo, Samo e Chio stanno pianificando proteste per la prossima settimana – coordinati dal governatore regionale Konstantinos Moutzouris – sui piani del governo di creare nuove strutture di accoglienza su quelle isole.

La tolleranza si sta generalmente esaurendo.

Giovedì un gruppo di residenti di Leros, guidato dal sindaco Michalis Kollias, ha impedito l’attracco di un traghetto che trasportava migranti da altre isole, costringendolo a dirottare verso il Pireo.

La struttura di accoglienza di Leros ospita 2.280 persone, al di sopra della capacità effettiva, ma non affollate come il centro Moria di Lesbo, dove 17.000 persone sono in uno spazio progettato per contenerne 2.840.

La polizia ha annunciato giovedì l’arresto di tre sospetti membri di un racket che si ritiene abbia fornito a centinaia di migranti documenti falsi che li attestano come affetti da disturbo post-traumatico da stress (migratorio) in modo da poter garantire un trasferimento verso la Grecia continentale dove i centri di accoglienza sono meno affollati .

È stato scoperto che sono stati rilasciati 538 documenti del genere, secondo la polizia che ha affermato che i tre sospettati – due avvocati e uno psicologo – hanno realizzato tra 550 e 950 euro ciascuno per ogni certificato falso che hanno prodotto.

EUROPA UE, NEWS venerdì, 6, dicembre, 2019

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Agenpress – Unicredit ridurrà il personale di circa 8.000 unità nell’arco del piano 2020-2023 mentre l’ottimizzazione della rete di filiali porterà alla chiusura di circa 500 sportelli. 

Gli 8.000 tagli del personale Unicredit si concentreranno soprattutto in Italia, Germania e Austria, dove il personale verrà ridotto complessivamente del 12% e verrà chiuso il 17% delle filiali.

 

 

 

Il nostro Paese appare destinato a sostenere la parte più consistente degli esuberi: degli 1,4 miliardi di euro di costi di integrazione stimati per la loro gestione, infatti, 1,1 miliardi riguarderanno l’Italia (pari al 78% del totale) e solo 0,3 miliardi l’Austria e la Germania.

Lo si legge in una nota della banca.

La strategia della banca prevede di realizzare un utile di cinque miliardi di euro nel 2023, con una crescita aggregata dell’utile per azione di circa il 12%. 

In Italia, Germania e Austria il personale sarà ridotto del 21%.

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