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Edmonton 30 anni dopo by Gigi El tarik

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In un mondo in cui il 90% della ricchezza è nelle mani dell’1% dei suoi abitanti, il problema dell’espan sione delle aree urbaniz zate non è separabile da quello della distribuzione del benessere economico.

 

Tale disuguaglianza, com’è noto, è all’origine dei fenomeni migratori dalle aree povere del mondo verso quelle ricche. Un ruolo determinante l’ha avuto l’urbanistica alla quale si possono attribuire precise responsabilità nell’aggravarsi delle diseguaglianze fra i popoli del pianeta. In particolare, da sempre la città è stata strumento di distinzione ed emarginazione nello sviluppo urbano; di conseguenza il divario tra ricchi e poveri continua a essere un drammatico simbolo delle diseguaglianze sociali in differenti parti del mondo.

In genere, una città è composta da aree residenziali, zone industriali e commerciali e settori amministrativi che possono anche interessare una più ampia area geografica. La maggior parte dell'area di una città è occupata dal tessuto urbano (case, vie, strade); laghi, fiumi ed aree verdi sempre più spesso disattese . Una città è un insediamento umano esteso e stabile, un'area urbana che si differenzia da un paese o un villaggio per dimensione, densità di popolazione, importanza o status legale.

 

Il termine italiano città deriva dall'analogo latino civitas, e deriva dalla stessa etimologia di civiltà . Una definizione sintetica di città potrebbe essere: concentrazione di popolazione e funzioni, dotata di strutture stabili e di un territorio.

Tale definizione dovrebbe avere il vantaggio di una maggiore duttilità. La rapida urbanizzazione degli ultimi decenni nelle più importanti città del mondo ha fatto emergere una serie di problematiche. Dove la mobilità è maggiore e dove di conseguenza i controlli primari vengono meno del tutto -come nella zona di deterioramento della città moderna si sviluppano aree di corruzione, di promiscuità e di violenza. Segregata nel proprio quartiere da cui non riesce ad allontanarsi per il reddito basso e precario, inchiodata cioè nei settori marginali della città e del mercato del lavoro, la popolazione più povera organizza un tipo di strutture e di relazioni interpersonali adeguato alla propria condizione di esclusione.

Legata alla propria zona, stringe intensi rapporti con i propri vicini ed intreccia con questi fitte relazioni di scambio aventi come scopo il soddisfacimento di quei bisogni, alcuni dei quali elementari, che le strutture pubbliche o le possibilità strettamente familiari lasciano insoddisfatti. Le frontiere funzionano in maniera asimmetrica: facilmente consentono di uscire dai quartieri poveri, più difficilmente di entrare in quelli ricchi. La densità degli insediamenti urbani e la loro maggiore o minore sostenibilità – se sia cioè meglio procedere nella direzione di una progressiva densificazione, anche verticale, della città o sia invece preferibile la sua espansione orizzontale nel territorio – è questione che ha occupato a lungo gli esperti. Gli studi più recenti propendono per la prima ipotesi: la città compatta, ad alta densità, appare la risposta migliore alla necessità di ospitare masse crescenti di abitanti. Sono anzi proprio le elevate densità a consentire oggi la lotta contro l’inquinamento automobilistico grazie alla riconversione al più sostenibile trasporto pubblico, oltre a garantire sicurezza sociale e a offrire un apprezzabile senso di varietà e vitalità. Se è poi vero che il tempo diverrà un bene sempre più prezioso, è auspicabile la riduzione del pendolarismo giornaliero: ne risultano privilegiate le aree ad alta densità, svantaggiati gli insediamenti troppo estesi.

 

La città di Edmonton, capitale dell’Alberta in meno di 30 anni e' passata da 600.000 abitanti ad oltre un milione con un raccordo anulare (anthony Henday) di oltre 100 km. Una città immensa e alienante. Questo tipo di città è diventato il campo di battaglia in cui si stanno giocando le sorti del futuro dell’umanità.

La sostenibilità urbana è un concetto concretamente valido rispetto ad alcuni parametri fondamentali quali la produzione di una quantità di energia maggiore di quanta se ne consuma, la raccolta e il trattamento dei rifiuti all’interno dei propri confini, la raccolta e il riciclaggio delle acque e così via. Naturalmente tali obiettivi devono coesistere con le finalità tradizionali, tra cui quelle di creare benessere economico e sociale, e favorire la crescita culturale e tecnologica. Si tratta dunque di una grande sfida, ma senza una profonda rivoluzione sarà difficile modificare lo stato delle cose. L’edificato e i trasporti sono responsabili del 70% delle emissioni nocive. Le reti e le infrastrutture delle città, anche di quelle più ricche, come Edmonton, sono per lo più obsolete. Negli ultimi decenni si è assistito ad un fenomeno oggettivo e visibile di diffusione urbana, di trasferimento cioé, di funzioni insediative ed economiche dai centri urbani alle aree viciniori; il fenomeno è stato descritto in letteratura ed in politica in termini diversi, come semplice "delocalizzazione", come "decentramento", come vera e propria ondata di "controurbanizzazione".

 

In questa città, dove ho studiato e lavorato per molti anni, oggi si assiste ad una urbanizzazione spaventosa e ad un proliferare di gated communities , comunità residenziali chiuse, fatte di spazi apparentemente pubblici ma in realtà privati in cui chi non si attiene alle regole viene espulso, oltre che di una serie di aspetti percettivi apparentemente secondari, ma comunque non trascurabili, che vanno dalla corazzatura di porte e finestre all’uso di veicoli blindati.

Muri e barriere fisiche di ogni tipo isolano dunque le case, i quartieri residenziali, i luoghi della produzione e del lavoro; a essi si aggiungono la vigilanza e tutti i sistemi elettronici, visibili e invisibili, di controllo, oltre a barriere di tipo psicologico, spesso non meno percepibili di quelle fisiche. L’invisibilità di tali sistemi è peraltro tanto maggiore quanto più facoltose sono le persone da difendere: nelle aree urbane e suburbane più esclusive, case e uffici sono spesso semplicemente racchiusi da ampie vetrate e circondati da prati privi di recinzioni, ma efficienti occhi elettronici rendono impossibile ogni illecito superamento dei confini. Le classi agiate e le élites dominanti, sempre meno radicate in un luogo fisico, sempre più mobili nella extraterritorialità della rete o all’interno di uno strato sociale internazionale relativamente indipendente dalla fisicità dei luoghi, cercano così sicurezza all’interno di recinti che le isolino dal resto della città. Il fenomeno, in crescente diffusione, vede una decisa amplificazione della sua portata, a causa del continuo incremento della popolazione urbanizzata, della disomogeneità nella distribuzione del reddito e della diffusione di normative che favoriscono una gestione privata di vasti spazi e delle infrastrutture e servizi a essi connessi.

Gigino A Pellegrini & G el tarik

Ultima modifica il Giovedì, 29 Ottobre 2015 15:40
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