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Riceviamo e pubblichiamo la seguente nota stampa sull’isolamento di Nocera Terinese:

“DA NOCERESE E DA DIRIGENTE DI COLDIRETTI, E' INACCETTABILE TUTTO QUESTO CHE STA SUBENDO IL NOSTRO MAGNIFICO PAESELLO.

ANCORA UN ALTRA STRADA CHIUSA; QUESTA VOLTA E' LA STRADA PROVINCIALE CHE ATTRAVERSA CENTRO STORICO DI NOCERA TERINESE E VA VERSO SAN MANGO; (STRADA) SULLA QUALE ERA GIA' INTERVENUTO UN ANNO FA, L' INVIATO DI STRISCIA LA NOTIZIA MORENO MORELLO   .

LA CHIUSURA DI QUESTA STRADA PORTA, GRAVISSIMI DANNI AI POCHI COMMERCIANTI CHE SONO RIMASTI , AGLI ABITANTI , AI PENDOLARI CHE TUTTE LE MATTINE SI RECANO A CATANZARO , PER MOTIVI DI LAVORO E DI SALUTE .  

UNA FORTE SEGNALAZIONE C' E' PERVENUTA, DA ALCUNI STUDENTI DEL CONSERVATORIO, COME IL GIOVANE FRANCESCO MARCO LO PRESTI, IL QUALE VIENE DALLA SICILIA DOPO ESSERSI SVEGLIATO ALLE 04:3° DEL MATTINO PER ARRIVARE ALLE 15 A NOCERA, E CHE HA SUBITO   SIA UN DANNO ECONOMICO E RALLENTANDO ANCHE LA SUA ATTIVITA' DI STUDIO, EVIDENZIANDO GIA' LA DIFFICOLTA' DI COMUNICAZIONE E DI MEZZI DI COLLEGAMENTO E COME SONO SEMPRE DI PIU' ABBANDONATE QUESTE AREE INTERNE.        

L' ALTERNATIVA E' LA SALITA DELLA VILLA DOVE C'E' UN 'ORDINANZA SINDACALE CHE STABILISCE CHE NON PUO’ ESSERE PERCORSA NE’ DAI PULMAN E NE’ DAI MEZZI PESANTI, GIA'ANCHE QUESTA A RISCHIO DATO CHE COSTEGGIA IL COSTONE FRANOSO.

IERI POMERIGIO HO CHIAMATO, IL SINDACO GASPARE ROCCA IL   QUALE MI HA DETTO CHE HA GIA' PRESENTATO UN PROGETTO ALL' AUTORITA' DI   BACINO, PER LA SISTEMAZIONE DI TUTTO IL FRONTE FRANOSO , DI CIRCA 600 MILA EURO E NEI PROSSIMI GIORNI AVREBBE EFFETTUATO, DEI LAVORI PER RENDERE FRUIBILE IL TRAFFICO.

INOLTRE MI HA DETTO CHE HA FATTO LE DOVUTE SEGNALAZIONI AL' AUTORITA' DI BACINO ,PROTEZIONE CIVILE E ALLA PROVINCIA DI CATANZARO.

INOLTRE HO CONTATTATO ALCUNI TECNICI DELLA PROVINCIA CHE MI HANNO DETTO   CHE LORO IN QUALITA' DI PROPRIETARI DELLA STRADA SONO LA PARTE CHE HANNO SUBITO IL DANNO DATO CHE LA FRANA E' PARTITA DA UN TERRENO SOPRASTANTE ALLA STRADA, COME HA AFFERMATO L'EX CONSIGLIERE DELLA PROVINCIA ARAGONA, NONCHE' ATTUALE CONSIGLIERE COMUNALE.

TUTTO QUESTO E' INACCETTABILE; CERTAMENTE NON RESTEREMO A GUARDARE , ASCOLTANDO LE SOLITE PROMESSE .

PER NON PARLARE, DEL PONTE SAVUTO ,CROLLATO DA 8 LUNGHISSIMI ANNI.

LA GALLASSO RESA INTRANSITABILE, DOPO ESSERE STATA DEVASTATA DEI MEZZI DI CANTIERE E DEI LAVORI DEL' AUTOSTRADA .  

LA CIRCOVALLAZIONE I QUALI LAVORI SONO INIZIATI OLTRE 40 ANNI FA E ANCORA NON TERMINATI.

TUTTO QUESTO PROVOCA DANNI A TUTTI I CITTADINI , AGRICOLTORI, STUDENTI ECC ECC..

UNA VOLTA SI COSTRUIVANO STRADE E PONTI PER FACILITARE SCAMBI DI MERCI E DI PERSONE.

ADESSO CHE STIAMO VEDENDO INCURIA ED ABBANDONO TOTALE, PRETENDIAMO L'IMMEDIATE RISOLUZIONI.

MI SEMBRA CHE SE SI CONTINUA COSI CI DOBBIAMO ATTREZZARE COME UNA VOLTA CON GLI " ASINELLI"

GIUSEPPE RUPERTO

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Lamezia Terme – Ci sono anche il presidente della Daneco impianti Srl Francesco Colucci (che lo scorso 1 gennaio ha incorporato la Unendo Spa) e l’amministratore della società Daneco Bernardino Filipponi tra gli arrestati dalla Dda di Milano quest’oggi nell’operazione “Black smoke” contro il traffico illecito di rifiuti dell'area industriale ex Sisas in provincia di Milano. La Daneco, che è proprietaria della discarica di Pianopoli, della grande piattaforma di trattamento rifiuti nell'area industriale di Lamezia e gestisce la discarica di Alli a Catanzaro, sarebbe dunque al centro dell'inchiesta sullo smaltimento illecito di rifiuti tra nord e sud Italia denominata "Black Smoke" portata a termine oggi dalla Dda di Milano. L'attività, coordinata dalla Procura della Repubblica di Milano - Direzione Distrettuale Antimafia, dai sostituti Piero Basilone e Paolo Filippini e Paola Pirrotta ''ha previsto perquisizioni presso le abitazioni e gli uffici degli arrestati, nonché l'esibizione di documenti presso le sedi Arpa di Brescia e Milano, l'Istituto superiore di Sanità e il ministero dell'Ambiente a Roma''.

L'indagine porta a conclusione l'attività investigativa avviata nel 2011 che ha interessato il sito di bonifica di interesse nazionale di Pioltello e Rodano.

Oltre a Colucci e Filipponi è finito in carcere anche Luigi Pelaggi, dirigente del Ministero dell'Ambiente, all'epoca dei fatti commissario delegato per la bonifica del sito.

Altre tre misure cautelari, agli arresti domiciliari, sono state decise a carico di Fausto Melli, membro del Cda della Sogesid spa, all'epoca dei fatti direttore dei lavori e responsabile per la sicurezza del cantiere realizzato nel sito;

Luciano Capobianco, membro del Cda della Sogesid spa, all'epoca dei fatti direttore operativo del cantiere;

Claudio Tedesi, all'epoca dei fatti consulente tecnico del Commissario Straordinario.

''Ulteriori 38 persone - precisa una nota - sono state denunciate in stato di libertà per attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti: tra questi, funzionari pubblici e titolari di società operanti nel settore del movimento terra e del ciclo dei rifiuti''.

IL PROLOGO

A seguito della procedura d'infrazione avviata dall'Unione Europea nei confronti dell'Italia per la mancata bonifica del sito d’ interesse nazionale di Pioltello e Rodano, la presidenza del Consiglio aveva nominato commissario delegato Luigi Pelaggi. L'ufficio del commissario ha poi aggiudicato l'appalto alla società Daneco Impianti, per un importo complessivo di oltre 35 milioni di euro, autorizzando nel contempo l'avvio dei lavori e l'intervento di messa in sicurezza e rimozione del "nero fumo".

La "truffa delle etichette"

I rifiuti del sito sarebbero, secondo gli inquirenti, stati poi smaltiti in modo illecito, attraverso la cosiddetta ''truffa delle etichette''. Dopo aver cambiato il codice dei rifiuti pericolosi in rifiuti speciali, infatti, la Daneco ha potuto indirizzare i rifiuti negli impianti in varie parti d'Italia, ma anche in Germania, che invece non li avrebbero potuti trattare. Dieci gli episodi contestati di traffico illecito di rifiuti: in un caso, l'azienda si sarebbe così garantita un profitto illecito di oltre 10 milioni di euro.

L'assenza del certificato antimafia all'epoca dell'appalto

Tra l'altro, quando la Daneco si aggiudicò l'appalto per la bonifica di quel ''sito di interesse nazionale'' non aveva nemmeno, secondo le indagini condotte dalla Dda milanese, il certificato antimafia necessario.

LE INDAGINI

Le indagini condotte avrebbero dimostrato come i titolari della Daneco Impianti, Francesco Colucci e Bernardino Filipponi, corrompendo il commissario con 700.000 euro, avevano ottenuto illegittimamente l'aggiudicazione della bonifica del sito pur non avendo i necessari requisiti e la declassificazione dei rifiuti da pericolosi a non pericolosi, agevolando lo smaltimento dei materiali in siti di proprietà. Il tutto con la complicità di Fausto Melli e Luciano Capobianco, responsabili della stazione appaltante, Sogesid, società partecipata dal ministero dell'Ambiente, nonchè del consulente Claudio Tedesi, che avevano omesso le opportune verifiche sulla regolarità delle operazioni di smaltimento. Come accennato poco più sopra sono stati anche denunciati in stato di libertà altri 38 soggetti per attività organizzate nel traffico illecito di rifiuti, da nord a sud: tra questi, funzionari pubblici e titolari di società operanti nel settore del movimento terra e del ciclo dei rifiuti. Mercoledì 22 Gennaio 2014  

http://www.lametino.it/Cronaca/lamezia-proprietario-e-amministratore-daneco-arrestati-per-smaltimento-illecito-rifiuti.html

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La Direzione investigativa antimafia di Catanzaro ha confiscato beni per 50 milioni di euro ad un imprenditore di Lamezia Terme, Giuseppe Trichilo, condannato per reati aggravati dalle modalità mafiose, nell'ambito dell'operazione "Crimine". I beni confiscati sono diversi compendi aziendali, costituiti da beni immobili, ubicati a Lamezia, beni mobili e rapporti finanziari, sequestrati dalla Dia di Catanzaro nel gennaio 2012 su disposizione del Tribunale di Reggio Calabria.

L'ingerenza della 'ndrangheta nell'esecuzione dei lavori per la realizzazione dei lavori del tratto della statale 106, in particolare la variante al centro abitato di Marina di Gioiosa Jonica, da parte della società Gioiosa scarl sono confluite nel procedimento penale che ha portato alla confisca dei beni, per 50 milioni di euro, nei confronti dell'imprenditore lametino Giuseppe Trichilo, di 39 anni.

Trichilo è stato condannato dal giudice per le udienze preliminari del tribunale di Reggio Calabria a due anni e due mesi di reclusione per il reato di illecita concorrenza e minaccia.

I beni confiscati sono capitale sociale ed intero compendio aziendale della Edil Trichilo con sede a Lamezia Terme che si occupa della fabbricazione di strutture e parti assemblate metalliche ed al commercio di materiale da costruzione; capitale sociale ed intero compendio aziendale della società C.T.

Costruzioni con sede a Falerna che si occupa della costruzione di edifici residenziali; il 50% del capitale sociale e del corrispondente compendio aziendale della "Magma srl" con sede a Lamezia Terme, dedita alla compravendita, locazione, gestione e amministrazione di beni immobili di qualsiasi specie e tipo; 50% del capitale sociale e del corrispondente compendio aziendale della "Caraffa Costruzioni" con sede in Gizzeria e dedita alla costruzione di edifici, strade ed autostrade; 30 beni mobili; 30 rapporti finanziari; 14 beni immobili; 31 mezzi industriali.

Giuseppe Trichilo è stato condannato perché ritenuto responsabile di aver agevolato la cosca degli Aquino di Marina di Gioiosa Jonica. Nel corso delle indagini il personale della Dia di Catanzaro ha compiuto numerosi accertamenti che hanno riguardato l'arco temporale compreso tra il 1998 ed il 2009. Dagli accertamenti è emersa la sproporzione del valore dei redditi dichiarati da Trichilo ed i beni posseduti.

L'operazione portata a termine oggi dalla Dia di Catanzaro rientra in un più vasto progetto denominato "Desk Interforze", da tempo avviato e coordinato dalla Procura Distrettuale di Catanzaro e finalizzato ad individuare i beni riconducibili alle cosche della 'ndrangheta. (ANSA)

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