Mentre i miei concittadini si apprestano a festeggiare “Halloween”, appena sveglio ho deciso di fare qualcosa di nuovo: un giro in bicicletta intorno al quartiere. La bici non era mia. Era lì ferma poggiata alla staccionata di una casetta quasi canadese.
Ho cominciato a pedalare, ad un certo punto ho rallentato per salutare una donna. L’auto che mi stava dietro ha rallentato a sua volta, poi mi ha superato ed ha proseguito, andandosi a scontrare con un pick-up (un camioncino tipico Americano), che non aveva rispettato la precedenza ad un incrocio.
Se non avessi preso quella bici, se non avessi rallentato per salutare, quel conducente non sarebbe ora in ospedale, sarebbe passato prima dell’arrivo del camion. Di questi fatti ne accadono a milioni ogni momento sulla Terra. Siamo ormai nel pieno della stagione di passaggio fra il calore e la luce dell’estate ed il freddo e buio dell’inverno. Sento lo scricchiolio triste del ramo in difficoltà, della stella cadente e il doloroso sconforto dell’uomo.
Tutto quello che i miei concittadini sanno su Halloween, o quasi, lo hanno imparato dai film Hollywoodiani. Sono film e serie statunitensi ad avere portato per la prima volta da noi streghe e mostri nella notte del 31 ottobre. La cosa stupefacente è festeggiare qualcosa che non ci appartiene.
Il filosofo greco Eraclito traeva origine dalla consapevolezza del mistero che circonda l’umanità, ma anche dall’impotenza di squarciare il velo della non-conoscenza. Da tale buio proviene l’angoscia esistenziale, schiacciata dalla volontà di indagare, di risolvere razionalmente gli interrogativi che opprimono gli esseri umani. La risposta da alcuni è ritenuta impossibile, altre volte una falsa soluzione è prospettata dal possesso dei beni terreni, mezzi per godersi la vita, eludendo il fine ultimo.
E il tempo impietoso trascina i suoi passi e non concede tregua. Inseguendo le ombre di sogni impossibili e brancolando tra i tentacoli dei problemi sociali e individuali, l’uomo, solo verso la fine, si accorge che il suo percorso sta per volgere al termine e spesso capita che non abbia neppure la possibilità di avvedersene, fulminato sul sentiero della vita dalla sorte avversa, senza aver avuto la possibilità di trovare risposte.
Forse una storia era destinata a durare perché non era una storia d’amore. Era una storia di pioggia e di sole, di vento e di calma, d’attesa e passione, d’amicizia e condivisione, di tempo e concretizzazione, di sintonia e incomprensione, di silenzi e rumori. Non era una storia d’amore. Era una storia. Con dentro l’amore. O, forse, era amore. Con dentro una storia… In questa distraente incertezza l’uomo va avanti e dice a posteriori di non e4ssersi accorto di ciò che stava succedendo tutto attorno.
“La guerra è sempre stata la grande saggezza di tutti gli spiriti divenuti troppo interiori, troppo profondi; perfino nelle ferite c'è ancora un mezzo di guarigione. (...) Un'altra guarigione, in certe circostanze ancora più desiderata da me, sta nell'origliare gli idoli...Vi sono nel mondo più idoli che realtà: è questo il mio «cattivo sguardo» per questo mondo, e questo è anche il mio «cattivo orecchio»!...Battere qui una buona volta problemi con il martello udire per tutta risposta quella famosa cupa risonanza che parla dalle budella tumefatte”! Nietzsche, Friedrich.
Tornando in Italia:
“O viva morte, o dilettoso male,
come puoi tanto in me, s'io nol consento?”
Francesco Petrarca.
Gigino A Pellegrini & G elTarik