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«I responsabili della forestazione? Erano tutti del Pd…»

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L’ex direttore direttore generale di Calabria Verde Furgiuele è un fiume in piena e racconta ai magistrati di Catanzaro la lottizzazione dell’agenzia regionale.

Ecco cosa scrive Alessia Truzzolillo su Ilcorriere dellacalabria.

 

“«Nei distretti si governano gli operai e si diventa soggetto politico». I “capi” scelti da Oliverio e il “no” di Pignanelli a Rizzo, che «disse di essere stato minacciato»

Catanzaro. Chi governava gli operai, nei distretti dell’azienda regionale “Calabria Verde”, acquisiva potere, diventava soggetto politico, diventava interlocutore privilegiato dei Comuni.

Per questo motivo la nomina di responsabile nei distretti poteva scatenare una vera e propria guerra, con tanto di minacce.

Il racconto viene dalla viva voce di Paolo Furgiuele, ex direttore generale dell’ente strumentale della Regione Calabria, oggi commissariato e sotto la lente della magistratura.

«Tutti i nomi dei responsabili dei distretti che io ho insediato, negli undici distretti territoriali, me li ha dati tutti il presidente (della Regione, ndr), tranne Rizzo che ho nominato io, infatti me lo ha fatto cacciare, non lui ma Pignanelli (Gaetano Pignanelli, capo di Gabinetto della giunta Oliverio, rinviato a giudizio nell’inchiesta su Calabria Verde condotta dalla Procura di Castrovillari, ndr), cioè lo ha costretto alle dimissioni, perché io non l’ho cacciato, anzi l’ho tenuto Rizzo, credo di avere qui le delibere».

Paolo Furgiuele parla con i magistrati di Catanzaro.

Ha buona memoria ma anche carte e documenti. È indagato in tutti e tre i tronconi dell’inchiesta che riguarda i presunti illeciti commessi nella gestione dell’azienda responsabile degli interventi sul territorio nel campo della forestazione e della difesa del suolo.

Due procedimenti sono seguiti dalla Procura di Catanzaro e uno da quella di Castrovillari. Furgiuele parla, soprattutto a partire dal 10 novembre 2016, e le indagini si aprono a nuovi scenari: dopo l’utilizzo illecito dei fondi del Por 2007-2013, usati per pagare gli stipendi di un numero esorbitante di dipendenti, e gli illeciti sui tagli boschivi, il nuovo capitolo, sul quale sta investigando la Guardia di finanza, riguarda le assunzioni “pilotate” politicamente. Tra gli indagati, tutti per abuso d’ufficio, c’è anche il governatore in carica, Mario Oliverio.

Calabria Verde nasce con la legge regionale 25 del 16 maggio 2013 e riunisce i compiti che furono dell’azienda Forestale della Regione Calabria (A.Fo.R.) e dalle Comunità montane soppresse e poste in liquidazione. Insomma, nasce prima dell’elezione del governo Oliverio, eletto a novembre 2014. Ma con l’insediarsi di Oliverio non c’erano ancora dei responsabili per i distretti, spiega Furgiuele. C’erano dei responsabili pro tempore, provvisori.

GLI APPETITI SUL SETTORE FORESTAZIONE Per nominare i responsabili degli 11 distretti calabresi Furgiuele racconta che nel gennaio 2015 porta un elenco con gli aventi titolo ad un incontro col governatore, gli dice che farà una procedura di interesse, avverte che parteciperanno tutti ma quelli aventi titolo sono quelli riportati nell’elenco. Cosa risponde il governatore secondo il racconto di Furgiuele?
 «E lui mi dice: “Fammi vedere… no, metti a questo qua, poi questo qua, poi questo qua… tutti”». Secondo l’ex dg è tutto riscontrabile. «Se lei vede tutti quei nomi – spiega – sono tutti scritti al Partito democratico, ex partito… sono storici…». Ma c’è un dato che emerge sugli altri agli occhi degli investigatori: nei distretti tutti vogliono andare a ricoprire l’incarico all’ufficio Forestazione.
«E perché praticamente là si governano gli operai – risponde Furgiuele – … governare gli operai significa poter diventare soggetto politico perché chi governa gli operai interloquiva nella migliore delle ipotesi con i Comuni per poter favorire qualche Comune, i lavori, iniziative o cose del genere». La pratica, spiega Furgiuele, è vietata «perché il finanziamento che deriva dai 130mila euro del governo prevede altri tipi di lavori e (gli operai, ndr) non possono andare nei Comuni». Per farlo bisognerebbe «fare delle convezioni ad hoc e i Comuni devono pagare e invece questo non succede», spiega l’ex dg. «C’era chi aveva la velleità di governare operai, quindi crearsi un suo spazio di potere… come posso dire? … attraverso la gestione degli operai, e chi invece aveva interesse alla gestione del patrimonio forestale, che è cosa diversa. Io ho sempre cercato qui di spiegare. Cioè il core business dell’azienda era la gestione, la manutenzione straordinaria del bosco e la sua certificazione, che è la vera ricchezza calabrese sulla quale ho puntato e sono rimasto inascoltato».

LE DIMISSIONI DI RIZZO E LE MINACCE È lungo e serrato il confronto con gli investigatori per capire in quali distretti Furgiuele avesse subìto pressioni per la nomina dei responsabili e in quali avesse agito liberamente. Naturalmente non passa inosservato il distretto 5, San Giovanni in Fiore, paese d’origine e feudo elettorale di Oliverio. Qui vengono indicati i nomi di Cava, Luigi Rizzo e Antonietta Caruso. Tutti, tranne Rizzo, era stati indicati dal presidente. È proprio Rizzo che Pignanelli avrebbe costretto alle dimissioni. Il capo di Gabinetto di Oliverio, dopo la nomina, non ci sta e chiama il direttore generale: «Perché hai nominato Rizzo? Là c’era Zaccaro». Furgiuele tenta con una bugia: «Me l’ha detto il presidente». Ma Pignanelli non la beve e allora il burocrate di Calabria Verde ammette: «Sì, l’ho nominato io, ma ti sembra normale che io non possa avere una persona dell’azienda che mi riferisce quello che succede sul distretto?».

«Sì, ma Rizzo non è dei nostri…», risponde Pignanelli.

Nelle conversazioni che Furgiuele riporta, questa espressione – “è dei nostri, non è dei nostri” – torna spesso, come se si trattasse di un circolo chiuso.

E nonostante Furgiuele si imponga per Rizzo, le ripercussioni del circolo chiuso cadono sulla testa del dipendente che ad un certo punto sente il desiderio di dimettersi perché, dice al dg, «mi creano problemi, c’è un brutto ambiente».

Alla fine Rizzo, il 6 luglio 2015, mentre hanno inizio le «questioni» sulle concessioni dei tagli boschivi (che vedranno poi indagato il capo di Gabinetto del governatore, ndr), si dimette.

«Clima poco collaborativo, altamente conflittuale», scrive nella propria lettera di dimissioni e alle insistenze di Furgiuele replica: «No, dottore, io sono stato minacciato».

Rizzo avrebbe rivelato di essere stato minacciato da Caligiuri «quello là che sta al dipartimento».

Il dipendente non dice altro, non spiega quali siano state le minacce e a cosa si riferissero ma, giura Furgiuele, «prima, quando lo avevo nominato, era felicissimo di poter tornare a lavorare vicino a casa».

Redazione TirrenoNews

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