Si sta avviando a conclusione il troncone del processo Why Not a carico di Nicola Adamo, Ennio Morrone, Franco Morel li, Dionisio Gallo e Gian carlo Franzè, accusati di associazione per delinquere.
È stata fissata, infatti, per il 30 settembre l'udienza per la requisitoria del sostituto procuratore generale Massimo Lia, applicato al procedimento che sta seguendo il rito ordinario nel primo grado di giudizio.
Il processo WHY NOT fu avviato da Luigi De Magistris, nel 2006.
Interessò 27 imputati di cui uno deceduto.
De Magistris dichiarò ”c’era molto di più, altrimenti non mi avrebbero strappato la toga da pubblico ministero. Non è il mio processo perché quello che avevo istruito arriva fino a quando mi hanno avocato l’inchiesta però accolgo con favore il fatto che anche chi successivamente ha ereditato l’inchiesta, anche se in forma e seguendo percorsi diversi dai miei, ha portato a una sentenza”.
Il tribunale di Catanzaro inflisse 3 anni e 6 mesi a Gianfranco Franzé, presidente del consorzio Brutium che fece incetta di commesse pubbliche e fondi europei.(oltre la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per 5 anni e il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione per tutta la durata della pena).
Rosalia Marasco fu condannata a 2 anni, Rosario Calvano a 8 mesi, Dionisio Gallo a 8 mesi, Domenico Basile a 8 mesi, Antonio Gargano ad 1 anno e 6 mesi, Michelangelo Spataro ad 1 anno, Filomeno Pometti ad 1 anno e Michele Montagnese ad 1 anno.
Tutti i politici coinvolti furono assolti: Nicola Adamo, Ennio Morrone, Franco Morelli, Dionisio Gallo e Giancarlo Franzè .
Per gli altri otto indagati (Antonio Mazza, Rosario Baffa Caccuri, Giorgio Ceverini, Ernesto Caselli, Giuseppe Pascale, Antonio Esposito, Clara Magurno e per la principale teste dell’accusa, Caterina Merante) fu dichiarata la estinzione dei reati per intervenuta prescrizione.
Gli imputati sono stati rinviati a giudizio nel 2012, quando il giudice per le udienze preliminari ha accolto la richiesta del sostituto procuratore generale Lia.
Nel luglio successivo la Cassazione aveva, però, annullato con rinvio il proscioglimento per sei imputati (vi era anche Aldo Curto) accusati di associazione per delinquere e gli atti vennero trasmessi al nuovo gup che dispose il rinvio a giudizio.
Secondo l'accusa i politici e dirigenti coinvolti nel procedimento avrebbero posto in essere una serie di reati contro la pubblica amministrazione al fine di accaparrarsi l'esecuzione di servizi e commesse dalla Regione, assicurando posti di lavoro secondo logiche clientelari che avrebbero fruttato naturalmente anche in termini di consenso politico.