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Si chiamerà ‘Cronache delle Calabrie’.

Inizierà la sua presenza a metà ottobre.

Sarà diretto da Paolo Guzzanti.

 

L’editore di “Cronache delle Calabrie” sarà Francesco Armentano, titolare dell’agenzia di pubblicità “AgitMedia”, già concessionaria del quotidiano calabrese “Il Garantista”, oggi non più in edicola, diretto da Piero Sansonetti.

Avrà almeno due direzioni , una a Cosenza con almeno cinque giornalisti ed una a Reggio Calabria sempre con almeno 5 giornalisti.

Il giornale avrà una ricca rete di corrispondenti esterni che contribuiranno a raccogliere e raccontare le storie degli angoli più remoti di tutte le provincie.

“Cronache delle Calabrie” si avvarrà di Massimo Celani, già docente Unical ed esperto di Comunicazione.

Sarà un quotidiano sia on line che cartaceo distribuito in tutte le edicole della Calabria.

L’intento del nuovo quotidiano non è arenarsi sulla cronaca, che pure verrà ampiamente trattata, ma raccontare curiosità e storie senza necessariamente ricorrere alle “voci”, scegliendo di volta in volta quali notizie proporre ai suoi lettori.

 

Demiurgo potrebbe essere Francesco Graziadio, già caporedattore del settimanale Corriere della Calabria e, in precedenza, giornalista di Calabria Ora e prima ancora de il Quotidiano della Calabria.

Guzzanti dice“Sarà un giornale diverso, più raccontato, con più storie, ma senza, ovviamente, trascurare la cronaca.

Un quotidiano che “sceglie le notizie e le impone. Un quotidiano che recuperi il ruolo del giornalista capace di raccontare anche senza voci un fatto”.

Secondo “taluni” sarà” un giornale legato mani e piedi al PD e a tutti i delinquenti che gli girano intorno. Una specie di “Cosa” mostruosa. Per imbonire Madame Fifì e Palla Palla e far rimanere tranquilla la svampita al suo posto in Sila e alle Terme Luigiane. Magari “caricando” quell’imbroglione di Occhiuto senza mai guardare le magagne del Pd, ovviamente”.

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A Lamezia Terme e’ stato presentato dal presidente della Regione Oliverio, in conferenza stampa, il documento preliminare alla base dello studio di fattibilità che dovrebbe portare la Calabria verso l’alta velocità Lean, attraverso un piano dei trasporti già approvato, che sarà attivo entro la fine dell’anno.

 

Un progetto per il quale sono già stati resi disponibili 6 miliardi di euro, e che sarà effettuato secondo parametri europei, evitando le spese eccessive – e gli errori – finora fatti in Italia per ammodernamenti di questo tipo, ma mantenendo e implementando l’efficienza dei risultati.

“Le nostre parole d’ordine – dice Oliverio – saranno: basso costo, alto utilizzo.

La nostra non è una richiesta localistica ma si colloca in una visione strategica a tutto vantaggio del paese, che farà uscire la nostra regione da isolamento e perifericità.

 

La Calabria oggi non chiede, propone.

Andremo avanti determinati per ricucire il paese, dopo 150 anni di gap”.

Ovviamente sant’Oliverio parla del trasporto aereo.

Al più si riferisce al trasporto via treno.

Al massimo ai trasporti via autostrada .

Ed infine ai trasporti via SS 106.

Ovviamente Oliverio non parla della SS18, sulla quale la velocità massima è di 30kmh in località La Principessa, o di 50kmh in quasi tutto il tratto che attraversa Amantea.

E tutto garantito dagli autovelox .

Ecco perché parliamo di miracoli e di “san Mario Oliverio”.

Come farà a garantire l’alta velocità ?

Tra l’altro anche la strada provinciale Amantea Cosenza può essere percorsa al massimo a 30 o 50 kmh e questo già da quando Oliverio era presidente della provincia.

Insomma nessuno vuole rendersi conto che Amantea è irraggiungibile , e salvo nel caso di un miracolo resterà isolata dal resto del mondo.

Quale turismo sarà possibile in questa situazione?

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gi casaGiorgio Restelli , candidato sindaco per la cittadina di Verbania, in uno dei suoi volantini diceva: “Senza pace e giustizia sociale, senza cibo sufficiente e acqua, senza un’istruzione e un’abitazione decente, senza che ognuno e tutti abbiano un ruolo da svolgere nella società e senza un reddito adeguato, non ci può essere salute né crescita reale né sviluppo sociale”.

 

Oggi l'emarginazione è un concetto molto più esteso, ed è un problema presente nella nostra società globalizzata. Situazioni di esclusione nei confronti di una o più persone relegate ai margini della vita sociale. Da un certo punto di vista, l'emarginazione può essere vista da due prospettive diverse ovvero c'è chi sceglie di vivere in solitudine, c'è chi invece è allontanato o tenuto a distanza dal gruppo dei medesimi. Un vero e proprio atto alienante che porta la persona umana a ricorrere a strategie anche folli come al protagonista dell’atto unico di Luigi Pirandello “La Patente”. Il giudice D’Andrea, persona ordinata e meticolosa nello svolgere il suo lavoro, aveva ancora in sospeso un caso che lo lasciava molto perplesso, al punto di far chiamare il querelante per convincerlo a ritirare la querela, che alla fine lo avrebbe penalizzato ancor di più. Il caso, dunque, era il seguente: un uomo, Rosario Chiàrchiaro, sporse querela contro dei ragazzi che avrebbero fatto dei gesti osceni per fuggire dalla presunta iella che portava l’uomo vittima dell’accaduto. Naturalmente il giudice non avrebbe mai potuto incriminare i due ragazzi querelati per un così banale fatto e alla fine la fama di iettatore di Chiàrchiaro si sarebbe ancor di più diffusa ottenendo l’effetto contrario di quello desiderato. 

Quando Chiàrchiaro arrivò nell’ufficio si presento con il tipico aspetto di uno iettatore e ammise addirittura di esserlo, il giudice sbigottito dalla sua apparente incongruenza gli chiese perché inizialmente aveva querelato i ragazzi che lo ritenevano uno iettatore se poi Chiàrchiaro si riteneva tale; egli rispose che in realtà voleva che la gente lo ritenesse uno iettatore per essere pagato affinché non portasse iella ad essi, e a prova del suo potere voleva avere un riconoscimento ufficiale di iettatore: una “patente”! L’alienazione corrisponde al momento della scissione, del divenire-altro per una persona.

 

Il sacrificio di se stesso. Nella convergenza sociale, il vicinato trovava una ragione d’essere nell’esigenza di sopravvivenza e nello stesso tempo si differenziava notevolmente da quello tipico così caro alla tradizione sociologica del villaggio urbano.

Questa nuova condizione caratterizzata dalla mancanza di precise norme sociali per sopravvivere, non è più mediata culturalmente: il consenso che su di essa si formava tra i membri era limitato allo scambio dei servizi mentre non era accettata la funzione di controllo sociale. La persona, segregata nel proprio quartiere da cui non riesce ad allontanarsi per la propria povertà e vita precaria, inchiodato cioè nei settori marginali della città e del mercato del lavoro, insieme ad altre persone organizza un tipo di strutture e di relazioni interpersonali adeguato alla propria condizione di povertà e di esclusione. Legato alla propria zona, stringe intensi rapporti con i propri simili ed intreccia con questi fitte relazioni di scambio aventi come scopo il soddisfacimento di quei bisogni, alcuni dei quali elementari, che le strutture pubbliche o le possibilità strettamente familiari lasciano insoddisfatti. Viene di fatto escluso socialmente per l’impossibilità, l’incapacità o la discriminazione dell’individuo nella partecipazione a determinate attività sociali e personali. L’esclusione sociale descrive una condizione di forte deprivazione, determinata dalla somma di più situazioni di disagio. Questa sua deprivazione sembra proprio essere riconducibile sia alla mancanza di risorse economiche adeguate che ad un accesso limitato ad ambiti sociali come l’educazione, l’assistenza sanitaria, il lavoro, l’alloggio, la tecnologia, la vita politica come quella sentimentale. Socialmente esclusi, quindi, sono quegli individui la cui capacità di partecipare pienamente alla vita sociale è fortemente compromessa. Nelle società contemporanee le categorie maggiormente vulnerabili sono: le persone senza fissa dimora, i  disabili, i detenuti o ex detenuti,, le persone con dipendenza da sostanze, gli anziani,  gli immigrati, i rom, le famiglie numerose o monoparentali, i minori In tutti i gruppi le donne poi,   vivono una situazione di disagio più forte degli uomini. Violenza, stigma sociale, povertà espongono le donne e le ragazze ad un rischio costante di emarginazione. La sovrapposizione tra una posizione economica marginale e l’isolamento sociale può avere come conseguenza grave la perdita del senso di appartenenza ad una determinata comunità e quindi la degenerazione dell’esclusione a livelli estremi. Emblematico in questo senso, per cercare di rendere un’immagine del fenomeno, è il caso delle persone senza fissa dimora, che oltre alla precarietà materiale, dovuta alla deprivazione economica, sperimentano la solitudine in seguito alla rottura e alla disgregazione dei legami affettivi e relazionali.

Gigino A Pellegrini & G el Tarik

Giorgio Restelli , candidato sindaco per la cittadina di Verbania, in uno dei suoi volantini diceva: “Senza pace e giustizia sociale, senza cibo sufficiente e acqua, senza un’istruzione e un’abitazione decente, senza che ognuno e tutti abbiano un ruolo da svolgere nella società e senza un reddito adeguato, non ci può essere salute né crescita reale né sviluppo sociale”.

Oggi l'emarginazione è un concetto molto più esteso, ed è un problema presente nella nostra società globalizzata. Situazioni di esclusione nei confronti di una o più persone relegate ai margini della vita sociale. Da un certo punto di vista, l'emarginazione può essere vista da due prospettive diverse ovvero c'è chi sceglie di vivere in solitudine, c'è chi invece è allontanato o tenuto a distanza dal gruppo dei medesimi. Un vero e proprio atto alienante che porta la persona umana a ricorrere a strategie anche folli come al protagonista dell’atto unico di Luigi Pirandello “La Patente”. Il giudice D’Andrea, persona ordinata e meticolosa nello svolgere il suo lavoro, aveva ancora in sospeso un caso che lo lasciava molto perplesso, al punto di far chiamare il querelante per convincerlo a ritirare la querela, che alla fine lo avrebbe penalizzato ancor di più. Il caso, dunque, era il seguente: un uomo, Rosario Chiàrchiaro, sporse querela contro dei ragazzi che avrebbero fatto dei gesti osceni per fuggire dalla presunta iella che portava l’uomo vittima dell’accaduto. Naturalmente il giudice non avrebbe mai potuto incriminare i due ragazzi querelati per un così banale fatto e alla fine la fama di iettatore di Chiàrchiaro si sarebbe ancor di più diffusa ottenendo l’effetto contrario di quello desiderato. Quando Chiàrchiaro arrivò nell’ufficio si presento con il tipico aspetto di uno iettatore e ammise addirittura di esserlo, il giudice sbigottito dalla sua apparente incongruenza gli chiese perché inizialmente aveva querelato i ragazzi che lo ritenevano uno iettatore se poi Chiàrchiaro si riteneva tale; egli rispose che in realtà voleva che la gente lo ritenesse uno iettatore per essere pagato affinché non portasse iella ad essi, e a prova del suo potere voleva avere un riconoscimento ufficiale di iettatore: una “patente”! L’alienazione corrisponde al momento della scissione, del divenire-altro per una persona. Il sacrificio di se stesso. Nella convergenza sociale, il vicinato trovava una ragione d’essere nell’esigenza di sopravvivenza e nello stesso tempo si differenziava notevolmente da quello tipico così caro alla tradizione sociologica del villaggio urbano. Questa nuova condizione caratterizzata dalla mancanza di precise norme sociali per sopravvivere, non è più mediata culturalmente: il consenso che su di essa si formava tra i membri era limitato allo scambio dei servizi mentre non era accettata la funzione di controllo sociale. La persona, segregata nel proprio quartiere da cui non riesce ad allontanarsi per la propria povertà e vita precaria, inchiodato cioè nei settori marginali della città e del mercato del lavoro, insieme ad altre persone organizza un tipo di strutture e di relazioni interpersonali adeguato alla propria condizione di povertà e di esclusione. Legato alla propria zona, stringe intensi rapporti con i propri simili ed intreccia con questi fitte relazioni di scambio aventi come scopo il soddisfacimento di quei bisogni, alcuni dei quali elementari, che le strutture pubbliche o le possibilità strettamente familiari lasciano insoddisfatti. Viene di fatto escluso socialmente per l’impossibilità, l’incapacità o la discriminazione dell’individuo nella partecipazione a determinate attività sociali e personali. L’esclusione sociale descrive una condizione di forte deprivazione, determinata dalla somma di più situazioni di disagio. Questa sua deprivazione sembra proprio essere riconducibile sia alla mancanza di risorse economiche adeguate che ad un accesso limitato ad ambiti sociali come l’educazione, l’assistenza sanitaria, il lavoro, l’alloggio, la tecnologia, la vita politica come quella sentimentale. Socialmente esclusi, quindi, sono quegli individui la cui capacità di partecipare pienamente alla vita sociale è fortemente compromessa. Nelle società contemporanee le categorie maggiormente vulnerabili sono: le persone senza fissa dimora, i  disabili, i detenuti o ex detenuti,, le persone con dipendenza da sostanze, gli anziani,  gli immigrati, i rom, le famiglie numerose o monoparentali, i minori In tutti i gruppi le donne poi,   vivono una situazione di disagio più forte degli uomini. Violenza, stigma sociale, povertà espongono le donne e le ragazze ad un rischio costante di emarginazione. La sovrapposizione tra una posizione economica marginale e l’isolamento sociale può avere come conseguenza grave la perdita del senso di appartenenza ad una determinata comunità e quindi la degenerazione dell’esclusione a livelli estremi. Emblematico in questo senso, per cercare di rendere un’immagine del fenomeno, è il caso delle persone senza fissa dimora, che oltre alla precarietà materiale, dovuta alla deprivazione economica, sperimentano la solitudine in seguito alla rottura e alla disgregazione dei legami affettivi e relazionali.

Gigino A Pellegrini & G el Tarik

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