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Una delle chicche di quel capolavoro che è “Non ci resta che piangere” è la scena che fa vedere il doganiere che esige la tassa di passaggio con quel famoso “Chi siete, quanti siete, dove andate, cosa portate?. Un Fiorino”.

 

Ecco. Sotto Natale il doganiere, sembra, che andasse a cantare la Ninna e quindi non esigesse il fiorino.

Più o meno sta succedendo la stessa cosa anche ora, in Italia.

Almeno apparentemente.

 

L'amministratore delegato di Equitalia, Ernesto Maria Ruffini ha congelato l’invio di quasi tutti gli atti della riscossione.

Fino alla Befana niente brutte sorprese.

Sembra che qualcuno abbia avuto paura del crollo degli acquisti natalizi , crollo che avrebbe avuto riflessi sulla economia nazionale.

Ed allora dal 24 dicembre all'8 gennaio 2017 , giorni in cui era previsto l'invio di 16.812 cartelle e avvisi, ci sarà una sospensione.

Ne saranno bloccati 13.821 atti, mentre quelli inderogabili e che quindi saranno inviati sono 2991.

 

Nel dettaglio, a Cosenza saranno sospesi 6.183 atti e inviati circa 1.200.

Dopo Cosenza è Reggio Calabria la provincia col maggior numero di atti "congelati" (2.844) seguita da Catanzaro (2.004), Crotone (1.565) e Vibo Valentia con 1.225 cartelle, avvisi di accertamento esecutivo e avvisi di addebito che non verranno notificati nelle due settimane natalizie.

Nella speciale classifica delle regioni, la Campania è in testa con 57.348 atti sospesi e precede il Lazio (57.278) e la Toscana in cui saranno sospesi 41.284 atti.

La Calabria si colloca al nono posto dopo la Sardegna (18.739) e prima della Liguria con 13.536 atti sospesi.

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NataleCosì scriveva Ciardullo in una sua poesia natalizia. E’ vero. Il Santo Natale per i calabresi è la festa più importante dell’anno, è una festa familiare. Dice un antico proverbio: - A Natale con i tuoi, a Pasqua con chi vuoi-. E anche se durante l’anno per motivo di lavoro si trovano lontano dalle loro case e dai loro affetti, a Natale ritornano nei loro paeselli natii. E quelli che non hanno la possibilità di ritornare sentono tanta nostalgia della loro terra e le festività natalizie accentuano i ricordi. “Na cosa oie desideru: la casicella mia!-

Non desiderano soltanto la loro casetta, ma pensano alla tavola apparecchiata, al fuoco acceso nel camino, al grande falò che si accendeva sul sagrato della chiesa, dove grandi e piccini, ricchi e poveri, si riscaldavano la sera della vigilia, intrecciando canti, balli e danze, aspettando il suono festoso delle campane che annunciavano la nascita di Gesù Bambino. Sognano ad occhi aperti tutta la famigliola “ricota” da ogni angolo della terra intorno al fuoco e alla tavola “parata”, alle fritture di una volta, agli zampognari scesi dai monti oscuri che allietavano la serata col suono dello loro ciannamelle.”Sona zampugna! Portame luntanu alli tiempi felici e quatraranza!”, sembrano dire i calabresi ovunque sparsi per il mondo, perché il suono festoso della zampogna gli fa ricordare la loro fanciullezza spensierata e la festa più bella dell’anno, la più sentita. Sono tristi gli emigranti calabresi se non ritornano per Natale nei vecchi paesi abbandonati, perché lì hanno lasciato i loro vecchi genitori che profondamente soffrono la loro lontananza e che aspettano trepidanti il giorno del loro ritorno, almeno per Natale:- Veniti, figlicieddri, a mi trovari; luntanu ‘i vui ‘sa vita è ‘nu muriri!- Il Natale, dunque, per i calabresi ovunque dispersi ha un posto particolare nei loro cuori. E il fuoco scoppiettante dei falò, e i canti natalizi nelle chiese, e tutti gli usi e i riti di una volta ( la novena la mattina presto nella chiesa da Chiazza e la Ninna cantata con devozione dai fedeli è uno degli appuntamenti più sentiti dagli amanteani, una tradizione che si ripete grazie all’impegno del caro amico Francesco Sposato), sono ancora impressi nelle loro menti, e l’odore dei cullurielli, dei turdilli, delle trizzille, dei ciccitielli, gli riportano nella loro memoria la Calabria di un tempo, che , ahimè, oramai è scomparsa per sempre, anche se quella Calabria che ancora ricordano con nostalgia non ha saputo dare loro un posto di lavoro e li ha costretti ad andare raminghi per il mondo. E ora che Natale si avvicina, l’emigrante calabrese, lontano dalla sua amata terra di Calabria, si appoggia ai vetri della finestra e guarda fuori e pensa e sogna ad occhi aperti. Sembra di ascoltare le voci dei ragazzi che si rincorrono per le vie e le piazze del suo paese natio; sembra vedere i giovanotti trascinare tronchi di albero che servono per alimentare il fuoco di mezzanotte; sembra vedere le fanciulle portare nelle grandi ceste il muschio che sono andate a raccogliere nei boschi e che servirà per preparare il presepe, e, tremante e piangente, sembra ripetere:- Su ianche già le vie:puddrulie! Quelli che sono rimasti in Calabria e che sono stati quindi i più fortunati, hanno dimenticato queste usanze e questi riti magici, queste tradizioni che si tramandavano da padre in figlio. Sono ormai un dolce ricordo dell’infanzia e i racconti degli animali che parlavano la notte di Natale, le piante che fiorivano e che davano frutta prelibata, le fontane che versavano latte e miele, sono soltanto una invenzione della nonna e si perdono nella realtà del presente.

Nelle città, grandi e piccole, durante le feste natalizie si abbelliscono le vie cittadine con fantasmagoriche luminarie, si esibiscono cantanti famosissimi spendendo un sacco di soldi, si sparano fuochi d’artifizi al solo scopo di accrescere la popolarità dei politici locali, preoccupati soltanto di fare spettacolo e di far divertire i turisti occasionali e qualche visitatore alquanto distratto. Ma il Natale così concepito è privo di contenuti spirituali e religiosi, di sentimenti di affetto, di stima, di amicizia, di rispetto. E anche gli auguri che ci scambiamo in fretta sono privi del vero significato di una volta, di quell’affetto vero e sincero che esisteva tra amici e vicini di casa. La preparazione del presepe, la raccolta del muschio e della legna, la preparazione dei fritti natalizi, l’arrivo degli zampognari, la Messa di mezzanotte, la processione del Bambinello, il posto a tavola lasciato vuoto se un familiare mancava al pranzo di Natale, lo sparo dei “furgoli” e “tric trac”, le canzoncine, le recite, le “strine”, le letterine ai genitori nascoste sotto il piatto erano festosi appuntamenti, dei veri e propri riti, ai quali partecipavano tutti gli amici e i parenti, i vicini e i lontani, perché la gioia per essere vera, autentica, si doveva dividere con gli altri. E se in qualche casa di un amico o conoscente non si friggeva perché colpito da un lutto recente, era usanza mandargli i fritti natalizi in grande abbondanza. I fritti erano simbolo di festa e perciò non si friggeva nelle case colpite da lutti recenti e che un antico detto popolare definisce per tale motivo:” Amaro chilla casa can un si fria”.

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5 anni al sindaco e due anni e quattro mesi di reclusione ai tre revisori dei conti del Comune.

Il ragioniere non è stato nemmeno giudicato come capita a quelli che non ci sono più.

Per quanto può essere una vicenda possibile dappertutto, quella che vi presentiamo relativa a Reggio Calabria.

Parliamo del processo noto come “Caso Fallara”.

La Corte d’Appello di Reggio Calabria ha condannato l’ex sindaco di Reggio Calabria ed ex governatore della regione Calabria, Giuseppe Scopelliti,a cinque anni di reclusione nell’ambito celebrato per far luce sulle spese pazze del Comune di Reggio Calabria negli anni del “Modello Reggio” .

Il Pg Alberto Cianfarini, aveva invocato la conferma delle condanne per tutti.

Scopelliti ha avuto uno sconto di pena di un anno. Da sei a cinque

La Corte d’Appello di Reggio Calabria, inoltre, ha condannato Carmelo Stracuzzi, Domenico D’Amico e Ruggero De Medici, in 2 anni e 4 mesi la pena, in luogo dei 3 anni e sei mesi comminati in primo grado.

Il reato contestato per Scopelliti era falso e abuso per presunte irregolarita’ nei bilanci del Comune tra il 2008 e il 2010 e per le vicende legate alle autoliquidazioni dell’ex dirigente dell’Ufficio ragioneria del Comune Orsola Fallara, suicidatasi nel 2010.

Per i tre revisori il reato contestato era quello di omesso controllo contabile.

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