
L’Arpacal ci propone il mistero degli escherichia coli che arrivano a mare senza l’acqua dei torrenti.
Non piove. I torrenti sono in secca
Eppure gli escherichia coli arrivano a mare
Come?
Possibile che si creino ruscelli di fogna?
Eppure il Servizio Acque del Dipartimento di Cosenza dell’Arpacal ha comunicato ieri ai Sindaci di Acquappesa e Falconara Albanese due non conformità emerse dalle analisi delle acque di balneazione prelevate nei giorni 11 e 12 luglio scorsi.
Per quanto riguarda Acquappesa, il punto interessato da uno sforamento rispetto ai parametri previsti dalla normativa, relativamente al valore di Escherichia coli, è quello denominato “50 metri a sinistra Torrente Acquafetida”; il campione era stato prelevato il 12 luglio.
Per il comune di Falconara Albanese, invece, il punto è quello denominato “100 metri a sinistra Torrente Malpertuso” sul litorale di Torremezzo.
Anche in questo caso lo sforamento interessa il valore di Escherichia coli; il campione era stato prelevato martedì 11 luglio.
Proprio da Torremezzo di Falconara Albanese, infatti, in quei giorni erano giunte diverse segnalazioni anche al numero WhatsApp dell’Arpacal (338.6795039).
Ad entrambi i Comuni, come da protocollo, è stato chiesto di interdire il tratto di costa alla balneazione con apposita ordinanza del Sindaco, individuare la causa di tale criticità, e dare ampia informazione ai cittadini presenti sul tratto di costa interessato.
Quanto prima saranno programmate analisi suppletive per verificare se tali criticità saranno rientrate.
I finanzieri della Compagnia di Paola hanno eseguito un Decreto di sequestro per equivalente, emesso dal Gip presso il Tribunale di Paola, nei confronti di un soggetto residente nella Provincia di Cosenza, per evasione di imposte sui redditi pari a 1.732.294 euro.
I finanzieri calabresi hanno sottoposto a sequestro i saldi attivi sui rapporti finanziari e 23 beni immobili ricadenti nel territorio cosentino.
Il sequestro scaturisce a seguito della conclusione di un controllo fiscale effettuato nei confronti di un soggetto attivo nella Provincia di Cosenza, che ha consentito alle Fiamme gialle calabre di accertare la mancata indicazione nella dichiarazione dei redditi di oltre 6.200.000 euro di proventi derivanti da fatti illeciti, commessi dallo stesso e per questo denunciato per appropriazione indebita aggravata.
Il responsabile aveva ceduto ad una società bolognese, dietro pagamento, ingenti crediti che vantava nei confronti di una società pubblica, la quale, ignara e in buona fede, invece di pagare l’impresa di Bologna aveva continuato ad effettuare i bonifici alla società cedente, che si appropriava indebitamente delle somme senza restituirle alla legittima proprietaria.
Al temine degli accertamenti fiscali è stata denunciata una persona per il reato di “Dichiarazione infedele”, che, con il sequestro eseguito, viene privata dei beni disponibili per un valore pari all’evasione fiscale commessa pari a 1.732.294 euro.
Sarà un sorpresa il nome?
Certamente! E per molti.
Il gup distrettuale di Catanzaro, Carlo Saverio Ferraro, a conclusione dell'udienza preliminare scaturita dalle inchieste "Frontiera" e "Cinque lustri" condotte dalla Dda, ha rinviato a giudizio il boss della 'ndrangheta Francesco Muto, detto "il re del pesce".
Muto vista l’età avanzata sarà giudicato con rito abbreviato.
Per chi ha scelto il rito abbreviato la prossima udienza è fissata per il 26 settembre a Catanzaro.
L'inchiesta "Frontiera", in particolare, è scaturita da un troncone dell'indagine sull'omicidio di Angelo Vassallo, il sindaco-pescatore di Pollica (Salerno) ucciso nel 2010, aveva portato nel luglio dello scorso anno all'arresto di 58 persone presunte appartenenti alla cosca Muto, indagate per associazione di tipo mafioso, associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, estorsione, rapina, usura e illecita concorrenza con violenza e minaccia.
Oltre che per Muto e' stato disposto il processo per altre 39 persone.
Altri 37 indagati nelle stesse inchieste ad ottobre saranno giudicati con rito ordinario Antonio Abruzzese, Pier Matteo Forestiero, Mariangela Tommaselli, Giuseppe Antonuccio, Agostino Bufanio, Davide Bencardino, Giuseppe Calabria, Vincenzo Campagna, Giuseppe Cadente, Luca Carrozzini, Enzo Casale, Angelo Chianello, Simone Chiappetta, Cono Gallo, Vito Gallo, Agostino Iacovo, Emilio Iacovo, Maria Iacovo, Laura Maccari, Antonio Mandaliti, Michele Rizzo, Amedeo Fullin, Alessandra Magnelli e Simone Iannotti.
Le indagini, condotte dai carabinieri e dalla Guardia di finanza, sono state dirette dal procuratore della Repubblica Nicola Gratteri, dagli aggiunti Giovanni Bombardieri e Vincenzo Luberto e dai sostituti Camillo Falvo e Alessandro Prontera.
Gli imputati sono accusati aver gestito attraverso intimidazione ed estorsioni, il servizio lavanderia, vigilanza e ovviamente il mercato ittico e di aver favorito imprenditori amici. Franco Muto, avrebbe demandato al figlio Luigi, la guida del clan mentre la moglie gestiva gli affari del pesce.