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ADDIO ALL’ULISSE

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ulisseEsiste un sottoscala, poco lontano dalla casa materna, dove diritti e dignità si erano fermati. Qui di tanto in tanto era costretto a vivere Ottavio, tra topi e nessuna assistenza. La sua storia, l'ha raccontata lo stesso Ottaviopochi giorni fa, al suo amico palestinese El Tarik, mentre se ne stavano sdraiati sulla battigia del mare di Ulisse, prima della partenza di Tarik, per il Medio-Oriente.

Una situazione incredibile perché a Ottavio mancava tutto. Un bagno che potesse definirsi tale; di giorno usava una fogna, di notte, utilizzava invece un secchio per i suoi bisogni. In quelle condizioni vivevaOttavio qualche anno fa; ogni qualvolta veniva cacciato dalla propria casa dal padre.Da allora Ottavio cominciò a concepire la sua andata via dal posto che lo vide nascere. Anche i suoi progetti più semplici diventarono un sogno che s’infrangeva quando cominciava a pianificare le spese. Il giovane calabrese conosceva a menadito i costi di ogni suo progetto e illustrava tutte le possibilità di futuro che negli ultimi anni aveva valutato, soppesando ogni dettaglio. Andare all’università, frequentare un corso professionale, spostarsi in un’altra città per cercare lavoro.Nel frattempo, passava le sue giornate a fare progetti e a stimare quanto potrebbero costare;era come spostare dei mobili ingombranti in uno spazio troppo piccolo, sperando di trovare il modo di farli entrare.

Come tutte le persone che vivevano grandi e gravi difficoltà, non era certamente nato in quelle condizioni. Un tempo era un giovane, non certo povero. Eppure Ottavio raccontava in giro di essere stato cacciato di casa perché omosessuale. Negli anni sarebbe stato vittima di omofobia tra le mura domestiche, arrivando a sporgere anche denuncia alle forze dell’ordine. Nessuno, prima della sua denuncia si era occupato della sua situazione.

C’erano gli assistenti sociali, raccontava, ma viveva ancora lì, in quel sottoscala dove probabilmente neanche i topi vorrebbero stare. “Il mio unico amico è un topo", raccontavaOttavio, "l’ho chiamato caciocavallo”. E forse, proprio quel topo, suo unico amico, lo aveva anche morso sulla guancia, durante il sonno.

Poi, il giorno arrivò, quando qualcuno l’ho notò appeso ad un secolare albero d’ulivo!

Gigino A Pellegrini

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