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Redazione TirrenoNews

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La notizia ci era stata anticipata da un amico che aveva letto il nostro articolo dal titolo “Ma se il pedone è costretto ad usare la carreggiata e si infortuna di chi è la colpa?” e con il quale avevamo per la seconda volta( almeno) trattato il problema del marciapiedi

di via Vittorio Emanuele che dopo anni era ancora chiuso costringendo i pedoni-mamme e carrozzelle comprese- a scendere sulla carreggiata.

E secondo questo amico la notizia era stata anticipata dal noto parrucchiere Franco il cui negozio è proprio nei pressi della ostruzione.

E così approfittando di due indicazioni relative proprio di altri fatti suggeriti alla nostra attenzione ed ubicate nei pressi del noto parrucchiere sono andato a chiedere lumi proprio a Franco.

La notizia era ed è vera.

Addirittura pur essendo stata realizzata la chiusura del marciapiede – almeno sembra- dal comune non dovrebbe essere nemmeno esso a rimuoverla.

Dovrebbe essere la ditta incaricata della messa in sicurezza dell’immobile che ha dato origine alla condizione di pericolo da cui il successivo intervento dei vigili del fuoco e la indicazione della necessità della tutela dei passanti

Può così essere che dopo anni si porrà fine ad una situazione che creava una inaccettabile condizione di pericolo della quale nessuno parlava- salvo un nostro lettore- abituato- evidentemente- a vivere in altri luoghi dove il rispetto delle leggi è costante e reale.

“Settembre, andiamo. È tempo di migrare.

Ora in terra d’Abruzzi i miei pastori lascian gli stazzi e vanno verso il mare: scendono all’Adriatico selvaggio che verde è come i pascoli dei monti.”

 

Così scriveva Gabriele D’Annunzio nella sua bellissima lirica “I Pastori”.

Stamattina come può capitare nella nostra bella cittadina siamo andati al mercato di Via Vulcano dove, come è noto, si può comprare di tutto.

E soprattutto incontrare tanta bella gente.

Ed ho avuto un bellissimo incontro

Non parlo di bellezza fisica, ovviamente, ma di meravigliosa bellezza culturale.

Di intelligenza acuta.

Quella che vedendomi osservare i segni del “rilassamento” del campus (di cui parleremo a breve) mi ha invitato ad abbassare lo sguardo sul prato erboso che potrebbe essere pastura per un ampio gregge di pecore.

Sorridendo mi ha ricordato segnalato che il prato antistante il campus potrebbe essere una opportunità alimentare per pecore e capre.

Lo si fa a Torino da tempo, lo si vorrebbe fare a Roma, perché non ad Amantea?

Peraltro anche la Coldiretti è favorevole ai "tosaerba naturali"

Secondo la Coldiretti "con cinquantamila pecore allevate nel comune di Roma, la Capitale può contare su un vero esercito di tosaerba naturali".

Un'opportunità che, in effetti, è stata colta già in molte realtà e che consente di sostituire falciatrici e decespugliatori, abbattere rumori ed emissioni e garantire in più la concimazione naturale delle aree verdi.

Una scelta ecologica per ridurre l'inquinamento e favorire l'integrazione tra città e campagna.

Il problema, però, è che non possiamo aspettare settembre quando come un tempo negli anni sessanta potrebbero scendere le pecore per lavarsi nelle acque del tirreno.

Ed allora delle due l’una.

O si trovano subito le pecore necessarie od occorre usare altri mezzi.

Peraltro ci sono tanti altri posti dove pecore e capre potrebbero essere usate

In attesa che l’amministrazione faccia la scelta più opportuna, e per ingannare il tempo, possiamo leggere tutta la poesia di Gabriele d’Annunzio fino al bellissimo verso finale “Ah perché non son io co’ miei pastori?”.

Amantea ed i misteri di Cannavino

Domenica, 17 Giugno 2018 16:31 Pubblicato in Politica

Cannavino è una località di Amantea.

Anzi, per vero, una bella località.

Ma come tanto altro nella nostra città, nasconde diversi segreti

Il primo è la origine del toponimo

 

 

 

 

 

Dal testo “Sui passi di Gioacchino da Fiore” leggiamo che “Tutti i suoi compaesani consideravano Gioacchino un vero e proprio profeta, ma a coloro che gli dicevano così, l'abate rispondeva:” Fin dalla mia gioventù sono un agricoltore”.

Infatti, suo padre aveva una vigna poco distante dalla sua casa, e al termine della vigna c’era un bosco molto fitto, che si estendeva fino al fiume che si chiamava Cannavino da cannabis, cioè canapa che veniva trattata, allo scopo di creare stoffe, proprio con l'acqua del fiume”.

Qualcuno suggerisce che si possa trattare di un toponimo derivato dalla antica appartenenza dei terreni alla famiglia Cannavino di origine napoletana.

Altri ancora ritengono che il toponimo derivi il suo nome dal fatto che nella omonima zona si coltivasse uno dei vini più pregiati della intera città. La zona è posta lungo il Catocastro-Licetto che vanta salutari brezze che evitano eccessi di temperature che permettono una ottimale crescita della vite ed una ottima produzione di uva da vino.

Ma oggi la località vanta almeno un altro segreto

Un abitante del posto, infatti, ha trovato alcuni sacchi neri che recano la dicitura “Ospedale civile di Cosenza”

Parliamo di quel tipo di sacchi dove normalmente si depositano i rifiuti

Ed allora le domande sorgono spontanee , come diceva Antonio Lubrano

Qualcuno che ha relazione con Ospedale civile di Cosenza ha portato SOLO i sacchi ad Amantea e li ha usato per riempirli di SUA spazzatura abbandonandoli, poi, guarda caso, a Cannavino, in una sona periferica e lontana dl centro abitato

Facile!

Ed inoltre non sarebbe la prima volta!

Ma perchè non lasciarli come tanti nei pressi di casa sua per essere ritirati dal servizio RSU?

Forse perché se li avesse lasciato vicino a casa sua si sarebbe potuti scoprire che aveva rubato i sacchi in ospedale?

Od invece si tratta di sacchi contenenti spazzatura proveniente dall’ospedale e che doveva essere avviata a rifiuto in modo speciale?

Ne parliamo perché qualcuno indaghi come sarebbe giusto per questo e tanto altro in questa città!

Grazie a chi sarà sua questa provocazione.

Amantea ha bisogno di persone civili e solo-ci sembra- con le sanzioni si potrà ottenere questa invocata civiltà!

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