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Allarme per i prodotti contaminati provenienti dal resto del mondo.

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Che serve viene da chiedersi vivere nel paese con una propria produzione ( made in Italy) con livelli di sicurezza da record e con un numero di prodotti agroalimentari con residui chimici che sono risultati peraltro inferiori di nove volte a quelli della media europea e addirittura di 32 volte a quelli extracomunitari (dati sulla base delle elaborazioni Coldiretti sulle analisi condotte dall'Efsa) se poi mangiamo prodotti inquinati provenienti dal resto del mondo ed usati in Italia per altre preparazioni senza saperlo? .

Parliamo dei 273.800 chili peperoncino proveniente dal Vietnam con il 61,5 per cento dei campioni risultati irregolari per la presenza di residui chimici ed utilizzato nella preparazione di sughi tipici come l’arrabbiata, la diavola o la puttanesca piccante e per insaporire l’olio o per condire piatti senza alcuna informazione per i consumatori. Nella maggioranza del peperoncino dal Vietnam esaminato è stato trovata la presenza in eccesso di difenoconazolo, ma anche di hexaconazolo e carbendazim che sono vietati in Italia sul peperoncino.

Parliamo di 1,6 milioni di chili di lenticchie dalla Turchia che, secondo l’Efsa, sono irregolari in un caso su quattro (24,3 per cento) per residui chimici in eccesso.

Senza dimenticare , noi, paese degli agrumi, le arance dall’Uruguay che presentano il 19 per cento dei campioni al di sopra dei limiti di legge per la presenza di pesticidi come imazalil ma anche di fenthion, e ortofenilfenolo vietati in Italia.

E che dire delle melagrane dalla Turchia (40,5 per cento di irregolarità),

dei fichi dal Brasile (30,4 per cento di irregolarità) ,

dell’ananas dal Ghana (15,6 per cento di irregolarità),

delle foglie di the dalla Cina (15,1 per cento di irregolarità) le cui importazioni nei primi due mesi del 2014 sono aumentate addirittura del 1.100 per cento,

del riso dall’India (12,9 per cento di irregolarità) che con un quantitativo record di 38,5 milioni di chili nel 2013 è il prodotto a rischio più importato in Italia,

dei fagioli dal Kenia (10,8 per cento di irregolarità)

dei cachi da Israele (10,7 per cento di irregolarità).

Il maggiore pericolo lo affrontano coloro che hanno una ridotta capacità di spesa a causa della crisi e sono costretti a rivolgersi ad alimenti a basso costo dietro i quali spesso si nascondono infatti ricette modificate, l’uso di ingredienti di diversa qualità o metodi di produzione alternativi.

Il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo ha dicharato che “In questo contesto è importante la decisione annunciata dal Ministro della Salute, On. Beatrice Lorenzin, di accogliere la nostra richiesta di togliere il segreto e di rendere finalmente pubblici i flussi commerciali delle materie prime provenienti dall’estero per far conoscere anche ai consumatori i nomi delle aziende che usano ingredienti stranieri per poi magari parlare di Made in Italy nelle pubblicità”.

Redazione TirrenoNews

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