“Una rivoluzione che non arriva alle sue ultime conseguenze è perduta”. Ernesto Guevara
Sparito il sonno, le ossessioni dominano le notti. Le parole smettono di significare e lo slancio erotico esplode in mille roteanti raffigurazioni come un fuoco di bengala in una notte senza luna. La voglia si traduce in vaneggiamento.
In tanto meraviglioso delirio, alla fine, si riconosce un centro lucido e immutabile: la certezza che un unico sentimento costituisca il senso della vita. E con questa certezza subito se ne annuncia un’altra: che non siamo beneamati e non vogliamo bene mai abbastanza.
Questa è la vera oscenità: non saper vivere fino in fondo i nostri desideri più segreti. Comunque, come dice Hermann Hesse: “L’amore non bisogna implorarlo e nemmeno esigerlo. L'amore deve avere la forza di attingere la certezza in se stesso. Allora non sarà trascinato, ma trascinerà". La gente dice che ho un aspetto gradevole, e stronzate simili. Non possono sapere che ho una scheggia nel cuore. Non sanno che sto vivendo in un vuoto foderato di raso. Sembra che non si rendano conto di quanto io sia diventato idiota. Ma io lo so! Mi capita di buttarmi in ginocchio e cercare una formica o uno scarafaggio con cui parlare.
Sto iniziando a stancarmi di parlare sempre da solo. Ogni tanto prendo il cellulare e faccio finta di parlare con lei. Se ho conosciuto l’amore lo devo a Lei. Il sentimento in sé non è una malattia. Non compare nei manuali di psichiatria. Piuttosto è la sofferenza che smuove che viene portata spesso davanti ad uno psicanalista. Diventa tuttavia l’ambito privilegiato di molti disturbi. Perché in questo sentimento mettiamo tanto di noi, le parti più intime, le nostre fragilità, fratture, esigenze. Senza rendermi conto, attraverso questo sentimento evoco le prime relazioni affettive. E il terreno dell’attaccamento è sempre scivoloso, denso di imprevisti e complicazioni. Ci sono somiglianze tra lo stato del cervello quando siamo affascinati o dopo aver fumato dell’ottimo hashish, ad esempio.
Quando ci si lascia andare all’anticonformismo. Si dice che l’attaccamento confini con la follia. Quando Orlando (nel “Furioso” di L. Ariosto) sfinito si addormenta, fa un sogno che appare come un triste presagio: gli sembra di trovarsi insieme ad Angelica in un luogo bellissimo (s’una verde riva/ d’odoriferi fior tutta dipinta) ma improvvisamente si scatena una tempesta che struggea i fiori, et abbattea le piante e mentre cerca riparo, smarrisce la fanciulla; disperato, la cerca invano, finché non sente una voce che ammonisce: Non sperar più gioirne in terra mai. Terrorizzato, Orlando si sveglia in lacrime e senza esitare indossa un’armatura, balza in groppa al suo cavallo e parte alla ricerca di Angelica. Incubi? Vaneggiamenti? “Chi non sogna forse non è neanche vivo”.
Gigino A Pellegrini & G elTarik