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Una serie di condanne e di conferme della sentenza di primo grado sono state chieste dai sostituti procuratori generali di Catanzaro Massimo Lia ed Eugenio Facciolla nel processo d'appello ai 12 imputati del processo Why Not sui presunti illeciti nella gestione dei fondi pubblici.

Il dibattimento di primo grado, che vedeva imputate 26 persone, si è concluso il 31 luglio 2012 con nove condanne a pene variabili dai 3 anni e 6 mesi ad otto mesi di reclusione, nove assoluzioni e con il non luogo a procedere per altri otto imputati per la prescrizione dei reati contestati.

Il Pg Massimo Lia ha chiesto la condanna di Ennio Morrone, attuale consigliere regionale, assolto in primo grado, così come era stato chiesto nel processo davanti al Tribunale.

La conferma delle condanne della sentenza di primo grado è stata chiesta per

Dionisio Gallo (8 mesi),

Rosario Calvano (8 mesi) e

Domenico Basile (8 mesi).

Per Gianfranco Franzè la prescrizione per alcuni capi d'imputazione e la rideterminazione della pena in due anni di reclusione (3 anni e 6 mesi in primo grado).

Il Pg Eugenio Facciolla, da parte sua, ha chiesto la conferma della sentenza di primo grado per

Antonio Gargano (1 anno e 6 mesi),

Michele Montagnese (1 anno),

Filomeno Pometti (1 anno) e

Michelangelo Spataro (1 anno).

Per Franco Morelli e

Nicola Adamo,

ex vice presidente della Giunta regionale di centrosinistra ed attuale consigliere regionale, Facciolla ha chiesto la condanna ad un anno e 8 mesi di reclusione.

Il processo d'appello, dopo le richieste della pubblica accusa, è stato rinviato al 26 novembre prossimo. (ANSA)

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Riceviamo e pubblichiamo:

“Una giornata dedicata al fado quella che il Festival d’Autunno si appresta a vivere. Domenica 20 ottobre saranno due gli appuntamenti con Margarida Guerreiro e il genere considerato dall’Unesco patrimonio immateriale dell’umanità. Alle ore 12,00 al Museo San Giovanni di Catanzaro, con ingresso aperto a tutti, nel corso della conferenza “L’anima del fado” la cantante portoghese parlerà della sua carriera artistica, delle sue esperienze e della storia di un genere dalle grandi tradizioni storiche e culturali.

Nel pomeriggio, alle ore 18, la voce di Margarida Guerreiro sarà di scena con il suo repertorio all’Auditorium “G. Casalinuovo”. Il cambio di location è stato necessario per le numerose richieste ricevute per il concerto di una delle più apprezzate del fado.

Una carriera in crescita quella della Guerreiro che in età giovanissima è stata invitata ad aprire un concerto di Amalia Rodrigues, in seguito al quale la sua carriera è stata in continua ascesa che l’ha portata a vincere l’ambito premio Amalia Club de Fado, a Lisbona.

Grazie alla sua voce calda e appassionata e a interpretazioni di spessore, ha ottenuto consensi in tutto il mondo partecipando a festival inernazionali di prestigio quali El Hatillo Music Festival, in Venezuela, Fado Flamenco, in Spagna, Folk Festival Segovia, in Spagna, Ollinkan Festival, in Messico, Strictly Mondial Montreal, in Canada, e Chambers Guitar Festival, in Slovacchia.

Con i suoi due album “Sal e Mel” e “Encores fado live”, ha messo in mostra un repertorio che esalta le sue doti vocali e la sua propensione a confrontarsi con il fado tradizionale e cercando nello stesso nuove arrangiamenti. Anche i testi esprimono il suo desiderio di ricerca e di innovazione, utilizzando opere scritte da poeti come Fernando Pessoa e Pedro Homem de Mello.

Ad accompagnare Margarida Guerreiro una band composta da Bruno Chaveiro, alla chitarra portoghese, Salvatore Gullace, alla chitarra classica, Antonio Moscato, al basso acustico, Massimo Cusato, alle percussioni e batteria.

«Per il concerto di Margarida Guerreiro ho voluto fissare un prezzo simbolico di soli 10 euro, che potesse consentire a tutti di poter ampliare le proprie conoscenze musicali, assistendo dal vivo a un concerto nuovo e entusiasmante».

E’ possibile acquistare i biglietti per assistere al concerto presso la segreteria del Festival d’Autunno sita in Via Spasari, 15, Catanzaro (dietro le Poste Centrali), ma anche on line, con carta di credito e Postepay, sul sito www.festivaldautunno.com, e presso le prevendite autorizzate.

La segreteria resterà aperta dalle ore 10,00 alle 13,00 e dalle ore 16,30 alle 19,30 di tutti i giorni escluso la domenica. Per ottenere maggiori informazioni è attivo il numero telefonico 388.8183649 e la mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. .

I biglietti potranno essere acquistati anche nella giornata di domenica dalle ore 17 presso l’Auditorium “G. Casalinuovo”.

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Scrive Giancarlo Pittelli già parlamentare di Fi e Pdl:

“La Sesta Sezione della Corte di Cassazione (notoriamente composta da magistrati collegati da vincoli affaristico-massonici a quei “ poteri forti” responsabili della prematura e traumatica fine della luminosa carriera del magistrato Luigi De Magistris) hanno sancito che l’inchiesta Why Not, ab imis fundamentis, era una vera e propria bufala costruita sul nulla, che meritava la demolizione da parte dell’ ottimo Giudice di merito Abigaille Mellace il cui divisamento è stato oggetto di ripetuti e lusinghieri apprezzamenti da parte del Procuratore Generale d’udienza.

Non avevo dubbi sull’esito finale della vicenda per coloro i quali, da Peppino Chiaravalloti ad Agazio Loiero ed a tutti gli altri, sono stati inopinatamente sottoposti alla gogna del processo.

Si chiude così una delle tante vicende servite soltanto a rendere notorietà all’attuale “Re Travicello” di Napoli (l’appellativo è di Marco De Marco, direttore del Corriere del Mezzogiorno) ed a consentirgli il comodo ed insperato approdo all’agognato proscenio politico nazionale attraverso una scientifica pianificazione della mistificazione, del contrabbando di un’immagine del tutto falsa.

Il prezzo dell’effimero successo conquistato da costui è stato altissimo. Basta volgere lo sguardo alla storia della Catanzaro degli anni dal ’94 al 2007: carriere stroncate, onorabilità distrutte, vite personali e familiari disintegrate, personaggi integerrimi raggiunti dal sospetto attoniti ed incapaci di sopportarne il peso schiacciante.

La fine di “Why Not”, intitolazione che richiama alla mente il gusto di una tragica scommessa, mi induce ad alcune riflessioni.

C’è da chiedersi perché e come tutto ciò sia potuto accadere: come un qualsiasi magistrato del pubblico ministero, al quale la Costituzione e le disposizioni ordinamentali e processuali attribuiscono un potere così ampio ed assoluto sul presupposto di una sua corretta utilizzazione, sia riuscito ad imbastire decine di inchieste penali prive di qualunque fondamento, ad usare la polizia giudiziaria per finalità diverse da quelle istituzionali, a costruire, con la complicità di consulenti informatici e bancari, prove inesistenti in uno con la gestione mediatica del proprio martirio.

E’ presto detto in ragione, prima di tutto, di una considerazione di ordine generale sull’abnormità del potere attribuito ai pubblici ministeri in assenza di qualsivoglia tipo di controllo sul rispetto effettivo del principio di obbligatorietà dell’azione penale.

Mi spiego.

Il principio costituzionale è affidato alla gestione del singolo magistrato inquirente che, di fatto, è libero di scegliere quali fatti illeciti perseguire e quali relegare nel dimenticatoio in vista della spugna prescrizionale. E nessuno conoscerà mai il criterio selettivo che avrà guidato il pubblico ministero nell’atto di scegliere l’indagine alla quale dare privilegiato impulso accantonando, nel contempo, altre – e magari più serie e fondate – vicende meritevoli d’approfondimento investigativo.

Si tratta di una distorsione del sistema che consente di fatto all’inquirente di scegliere – ed in ciò consiste l’aspetto paradossale – l’inchiesta più vantaggiosa per le sue ambizioni, siano esse di carriera o, come è accaduto a Catanzaro, di visibilità mediatica e, dunque, politica.

Tutto ciò in assenza di qualsivoglia tipo di controllo, interno od esterno che sia.

La vicenda catanzarese, a parte l’aspetto di ordine generale, è stata caratterizzata da una serie di “errori” clamorosi compiuti da quanti, in assoluta buona fede e nel fedele rispetto dei principi di diritto processuale penale, hanno ritenuto, attraverso doverose decisioni, di esercitare imprescindibili prerogative.

Intendo riferirmi al compianto Mariano Lombardi, Procuratore Capo – galantuomo ed amico caro e leale, finito anch’egli nel mirino del suo sostituto e dei suoi compiacenti fiancheggiatori – ed ai vertici della Procura Generale presso la Corte d’Appello. Tutti fedeli custodi della legge, rigorosi interpreti dell’altezza dei rispettivi ruoli e funzioni.

Ebbene, costoro hanno applicato la legge nel revocare, il primo, l’assegnazione a De Magistris dell’indagine “Poseidone” e nell’avocare, gli altri, l’inchiesta “Why Not” miserevolmente naufragata proprio ieri sotto i colpi di maglio dei giudici di legittimità. Non hanno sicuramente agito contro i principi e ciò è stato ribadito, senza equivoci, dalla Cassazione e dal CSM.

Ma nell’applicare la legge dello Stato costoro hanno inconsapevolmente fornito al De Magistris un formidabile alibi, una straordinaria “via di fuga” (commodus discessus) rispetto ad ineludibili responsabilità che, prima o poi, avrebbe dovuto affrontare in prima persona con conseguenze devastanti per la sua immagine e per la sua carriera. Hanno agito senza prevedere quali conseguenze i loro atti avrebbero provocato. Ritenevano di trovarsi davanti alle mere “irregolarità” di un qualsiasi normale sostituto e non già al cospetto di chi aveva già provveduto alla pianificazione di un preciso disegno!

Rivendico un triste primato: allorquando ricevetti il “bigliettino augurale” a firma dell’odierno cadente sindaco di Napoli (meravigliosa città dalla quale dovrà ben presto fuggire inseguito da folle inferocite se non anche da forze di polizia- a tutela della sua incolumità, s’intende! -) capii subito il “gioco” del Nostro e, nel corso della mia conferenza stampa del 30 marzo 2007, appreso del fatto che il Procuratore Lombardi gli aveva “tolto” la gestione dell’indagine “Poseidone”, dissi senza mezzi termini che l’atto si traduceva in un vantaggio straordinario per De Magistris che avrebbe svestito immediatamente i panni dell’impostore per assumere quelli del martire. Chiunque può verificare il contenuto delle mie dichiarazioni e del mio solenne impegno, nei confronti della comunità tutta, a contribuire al disvelamento della verità sull’intera vicenda.

Avevo ragione.

Gli atti conformi alla legge con i quali gli venivano revocate od avocate le deleghe d’indagine di Poseidone e Why Not, rappresentavano il migliore viatico per l’ascesa verso la bramata notorietà (fino a quel momento rimasta reclusa nel ristretto ambito cittadino), il trampolino dal quale spiccare il volo verso le poltrone del potere mediatico e politico. Proprio come era accaduto al suo amico Di Pietro!

Quegli atti hanno fatto sì che non dovesse affrontare le verifiche della giurisdizione sul suo operato, che non dovesse subire la vergogna delle bocciature nelle pubbliche udienze che avrebbe dovuto ineluttabilmente affrontare.

Avrei voluto assistere al balbettio di immaginari e sconnessi teoremi, al confronto sulle prove, all’espressione di tesi giuridiche tratte da personali e segrete pandette.

Avrei voluto che fosse costretto ad impattare, munito di quel bagaglio culturale e tecnico-giuridico di straordinaria pochezza che ha dimostrato di possedere, contro lo spesso muro della moralità e dell’onestà intellettuale di quanti, in ragione del suo agire, hanno sofferto e pagato. Talvolta anche con la vita.

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