“Desidero che il giornalismo si renda conto delle necessità storiche, di certe ineluttabilità storiche; desidero che il giornalismo collabori con la regione”somiglia tantissimo a quanto disse il giorno 27 ottobre 1923 Mussolini che con parole similari( nazione al posto di regione) fissò la concezione fascista del giornalismo.
Solo che al tempo non venne sottoscritto un accordo con gli organi di rappresentatività della stampa come successo in Calabria.
Un accordo che una stampa libera non può non giudicare « sconcertante». E che a dirlo sia stato nientemeno che Enrico Paissan, vicepresidente nazionale dell’Ordine dei giornalisti, la dice lunga!
Così come la dice lunga ch l’accordo sia stato definito anche« buffo e non condivisibile»
E che infine Paisan sottolinei come questa normativa calabrese risulti aberrante, perchè vieta ai non iscritti all’Ordine di svolgere il lavoro di giornalisti. Un modo a suo parere inaccettabile per ridare fiato a una vecchia separazione tra abusivi, free lance, precari non ufficialmente riconosciuti – spesso giovani che rappresentano l’ossatura portante dell’informazione - e i professionisti.
A noi, piccoli ma dignitosi informatori, sembra in verosimile ed indecente che l’accesso sia lasciato alla discrezione degli uffici stampa, cioè di persone che sono state scelte e nominate dal potere e che da esso dipendono. Come a dire che se sbagliano rischiano di perdere il posto. Peraltro per capire la dipendenza degli uffici stampa “minculpoppiani” basta leggere quanto siano ridondanti, spesso incomprensibili, atti cioè ad offrire un volto molto parziale della verità, come quando si dice che in Calabria il turismo va bene perché cresce il numero dei turisti non italiani, dimenticando di dire che il numero complessivo degli arrivi e delle presenze si è notevolmente ridotto. Insomma un giornalismo simile a quello fascista che chiamava “ritirate strategiche” le disfatte e che nascondeva le nostre disastrose sconfitte in guerra con relativo numero di morti in Albania, in Grecia, nei paesi Balcanici, in Russia e in Africa, parlando del coraggio dei soldati italiani.