
Riteniamo che la fase del tesseramento debba essere un momento di grande partecipazione e trasparenza.
Si tratta di un’occasione di condivisione, ma anche di confronto con i cittadini rispetto a ciò che il Partito Democratico a tutti i livelli ha fatto e deve fare.
Siamo consapevoli che questa vocazione all’apertura, alla chiarezza ed al dialogo rappresenti una priorità da coltivare con azioni quotidiane.
Il tesseramento rappresenta lo strumento per rinnovarla di anno in anno.
Ecco il calendario:
Venerdì 9 dicembre 2016, dalle ore 18.00 alle ore 20.30, presso la sede del Circolo (in via Nuova, n. 28, 87032, Amantea CS);
Sabato 10 dicembre 2016, dalle ore 11.00 alle ore 13.00, presso la sede del Circolo (in via Nuova, n. 28, 87032, Amantea CS);
Lunedì 12 dicembre 2016, dalle ore 19.00 alle ore 21.00, presso la sede del Circolo (in via Nuova, n. 28, 87032, Amantea CS);
Venerdì 16 dicembre 2016, dalle ore 18.00 alle ore 20.30, presso la sede del Circolo (in via Nuova, n. 28, 87032, Amantea CS);
Sabato 17 dicembre 2016, dalle ore 11.00 alle ore 13.00, presso la sede del Circolo (in via Nuova, n. 28, 87032, Amantea CS);
Lunedì 19 dicembre 2016, dalle ore 19.00 alle ore 20.30, presso la sede del Circolo (in via Nuova, n. 28, 87032, Amantea CS);
Giovedì 22 dicembre 2016, dalle ore 19.00 alle ore 20.30, presso la sede del Circolo (in via Nuova, n. 28, 87032, Amantea CS);
Venerdì 23 dicembre 2016, dalle ore 19.00 alle ore 21.00, presso la sede del Circolo (in via Nuova, n. 28, 87032, Amantea CS);
Martedì 27 dicembre 2016, dalle ore 11.00 alle ore 13.00, presso la sede del Circolo (in via Nuova, n. 28, 87032, Amantea CS);
Giovedì 29 dicembre 2016, dalle ore 17.30 alle ore 21.00, presso la sede del Circolo (in via Nuova, n. 28, 87032, Amantea CS);
Venerdì 30 dicembre 2016, dalle ore 10.00 alle ore 12.30, presso la sede del Circolo (in via Nuova, n. 28, 87032, Amantea CS).
Tra i tanti, Amantea, non l’amministrazione comunale, ha il grave problema dei debiti fuori bilancio.
Parliamo di quei debiti che non sono stati conteggiati e compresi nel bilancio e che pertanto non possono essere pagati se non prima vi siano compiutamente inclusi.
Sono debiti che ci sono e non ci sono, e che come le frecce dell’auto, o romanticamente, se volete, le lucciole, un po’ si accendono ed un po’ si spengono.
Debiti che quando ne solleciti il pagamento ti viene risposto che non è possibile perché il consiglio non li ha registrati ed inclusi nel bilancio come debiti, appunto, fuori bilancio
Come a dire “ che ci posso fare” non ci sono i soldi!
Ma la cosa palesemente illegittima, e che ci sembra configuri un vero e proprio reato quale è almeno quello della omissione di un atto d’ufficio, è quella che l’ente pur sapendo che il debito è certo, e quindi dovuto, non attende al suo riconoscimento e quindi al suo pagamento solo per ragioni economiche rinviando gli adempimenti obbligatori
Un reato che comporta una pena che va da 6 mesi a 2 anni.
Ed allora ecco che nascono gli infingimenti quale quello che si sta modulando o studiando un protocollo tra le parti per stabilire un importo diverso od un pagamento differito.
Una sorta di capestro quasi a dire “o ti mangi sta minestra…”, che in realtà significa “ tu sai che il comune è in difficoltà e questo significa che non te la devi prendere ma siamo costretti a rinviare il pagamento almeno che non ci proponi (TU) un pagamento ridotto che ci permette di trovare più facilmente una soluzione a TUO favore.( della serie “di mali pagaturi strazza chillu ca pu”).
Ovviamente non tutti “ci stanu” e qualcuno ricorre al TAR per il giudizio di ottemperanza del pagamento tramite la nomina della segretaria comunale quale commissaria con aggravio di addebito delle spese legali.
Spese che pagano i cittadini non i dirigenti od i politici, badate bene!
Nessuna responsabilità per l’ente. Apparentemente.
Perchè di fronte ad un debito certo, quale quello discendente da una sentenza giudiziale, secondo noi, il reato si configura automaticamente.
Ma “vida mò”! Se le Procure dovessero autonomamente operare anche in questi casi non basterebbero i giudici.
E poi chi se la prende con il comune? Non è mica un qualsiasi cittadino!
Di debiti fuori bilancio se ne è parlato nell’ultimo consiglio nel quale l’ex assessore al Bilancio Sergio Tempo ha elencato alcuni debiti fuori bilancio di cui il funzionario competente gli ha fatto segnalazione.
Oggi due cittadini , convinti che la corda sia stata tirata troppo, e che in tale elenco ci siamo palesi omissioni, ci hanno segnalato, il primo, che di fronte al ritardo ed alla omissione del pagamento dovuto ha portato il comune al TAR per il giudizio di ottemperanza ottenuto il quale invierà alla Corte dei Conti la denuncia del comportamento avuto dal comune e la successiva condanna per danni a carico del funzionario o dei funzionari responsabili, ed il secondo di una prossima denuncia ai sensi dell’art 328 del CP, sempre a carico del funzionario o dei funzionari responsabili.
Eh si perché il bello è che alla fine non è la politica che paga ma la burocrazia.
Qualche tempo fa il Professor Stefano Rodotà, un calabrese degno di tale nome, si chiedeva: “Quali sono i doveri dell´uomo pubblico?
Quale dev´essere la sua moralità?
Possono convivere vizi privati e pubbliche virtù? Può il politico coltivare la pretesa di stabilire egli stesso fin dove può giungere lo sguardo dei cittadini? E soprattutto: qual è il rapporto tra verità e politica nel tempo della comunicazione globale?”.
Quando il gruppo “Rosa Arcobaleno” se ne andava in giro per le strade di Amantea a chiedere i voti a quelli che sarebbero da lì a poco stati i propri elettori, prometteva, innanzitutto, di amministrare la cosa pubblica come un buon padre/madre di famiglia.
Un buon padre/madre di famiglia, per i suoi figli, per la sua famiglia pretende il meglio.
Per far sì che il meglio sia il prodotto finale avrebbe dovuto sfruttare al meglio le potenzialità economiche (e non solo) che aveva a disposizione.
Quando lo stesso gruppetto prometteva di amministrare la cosa pubblica come un buon padre/madre di famiglia prometteva di amministrare al meglio il denaro pubblico a disposizione, promettendo di non sperperare inutilmente nemmeno un centesimo di quel patrimonio.
Un buon padre/madre di famiglia non poteva permettersi di non sapere la fine dei propri soldi.
Un buon padre/madre di famiglia avrebbe dovuto controllare ogni centesimo di spesa del proprio bilancio familiare per far si che si potesse produrre il meglio con il meno.
Un buon padre/madre di famiglia non si sarebbe mai sognato di dire “non sapevo”.
Quando un amministratore pubblico sostiene di non sapere ammette, usando un eufemismo, la propria inadeguatezza ad amministrare la cosa pubblica.
Bisogna sapere che chi si prefigge come obiettivo (abusare del ruolo che dovrebbe vederli agire in favore della cittadinanza) certamente ha imparato a tendere insidie, dissimulare gli intenti, mistificare, ingannare, rubare, rapinare e abusare del proprio ruolo di amministratore.
Questo convincimento garantisce loro una presenza non più generica, ma "Divina" , del ruolo che cosi viene svolto non più nel nome e nel solo interesse del popolo.
Ma in quello personale, come avviene oggi nell'Italia repubblicana, dove ha messo piede una burocrazia tiranna e auto-referenziale.
In grado di gestire anche le scelte di chi deve governare, ormai, sotto la loro più totale soggezione. La grande farsa ebbe inizio con la fine del conflitto mondiale e la Repubblica Parlamentare.
Dalla elezione mediata del parlamento Nazionale, il mandato imperativo e revocabile, la riduzione del diritto amministrativo a rango di diritto civile; tutte cose che avrebbero dovuto favorire le istanze dal basso e l'iniziativa popolare.
Questo lo si affermava nel momento in cui si affacciavano più forti sulla scena politica nazionale i grandi movimenti di massa, come il socialismo e l'anarchismo, uniche e sole idee, a base popolare, che si opponevano all'individualismo ed al liberalismo.
Nell'ambito degli umani diritti e doveri, la liberal-democrazia affermava che il diritto era la facoltà di fare o di non fare una cosa, che doveva essere unita al dovere degli altri di rispettare la cosa che la persona faceva o non faceva.
Chiaramente tutto questo è lontano anni luce dagli interessi prevalenti di chi gestisce la Cosa Pubblica in questo nostro Paese che si affaccia sul mare di Ulisse utile solo, ormai, ad una esteriorità pubblicitaria.
Bisognerebbe che Sparaballe, per una volta, invece di andarsene in giro, per le strade infreddolite del paese, a diffondere la novella del potere, dovrebbe rientrare al calduccio del Municipio e dire ai suoi padroni che la tanto decantata democrazia non è solo governo del popolo, ma governo "in pubblico".
In questa semplice e profonda autenticità, sta l´inammissibilità delle loro menzogne, che si trasforma proprio nella pretesa di non rendere conto dei propri comportamenti da parte di chi ha liberamente scelto di uscire dal rassicurante spazio privato per essere protagonista nello spazio pubblico.
Gigino A Pellegrini & G el Tarik