
Pochi giorni fa sono stato fermato da alcuni amici commercianti che mi hanno ricordato le azioni fatte per far rimanere aperti i negozi di Amantea
Erano preoccupati perla nuova proposta di legge presentata dal governo.
Siamo in grado di rassicurarli .
Ecco una sintesi della proposta di legge:
1)Negozi e centri commerciali dovranno chiudere per la metà delle 52 domeniche annuali.
Sono previste però delle eccezioni.
2) Vengono esonerati dall’obbligo di chiusura per metà delle domeniche l’anno gli esercizi commerciali che si trovano nei centri storici.
3) Sono esonerati dal rispetto delle regole per l’apertura domenicale e nei festivi i:
- i negozi con locali fino a 150 metri quadrati se si trovano in Comuni con meno di 10mila abitanti;
- i negozi con locali che non superano i 250 metri quadrati se si trovano in Comuni con più di 10mila abitanti;
4)Inoltre, le suddette regole non si applicano per alcune categorie di esercizi commerciali. Potranno restare aperti e decidere liberamente se e quando chiudere:
rivendite di generi di monopolio;
esercizi interni ai campeggi, ai villaggi e ai complessi turistici;
esercizi di vendita al dettaglio nelle aree di servizio lungo le autostrade, nelle stazioni ferroviarie, marittime ed aeroportuali; giornalai e librerie;
gelaterie, gastronomie;
rosticcerie e le pasticcerie;
esercizi specializzati nella vendita di bevande, fiori, piante e articoli da giardinaggio, mobili, dischi, nastri magnetici, musicassette, videocassette, opere d’arte, oggetti d’antiquariato, stampe, cartoline, articoli da ricordo e artigianato locale e le sale cinematografiche.
4) Il disegno di legge stabilisce che durante le 12 festività nazionali (Immacolata, Natale, Santo Stefano, Capodanno, Epifania, Pasqua, Pasquetta, Festa della Liberazione, Festa dei Lavoratori, Festa della Repubblica, Ferragosto, Festa di Ognissanti) i negozi debbano restare chiusi. - centri commerciali compresi - La regola però può essere derogata per quattro festività, ma la decisione in questo caso spetta alla Regione.
Le sanzioni per chi non rispetta queste regole aprendo per più di 26 domeniche sono rilevanti e vanno da 10.000€ ai 60.000€, che raddoppiano nel caso di recidiva.
I proventi saranno poi reinvestiti dallo Stato in campagne per il contrasto dell’abusivismo commerciale e per la riqualificazione del decoro urbano.
Quindici anni fa ed esattamente il 30 marzo 2004 il governo Berlusconi , presidente Ciampi, istituì il Giorno del Ricordo per le vittime delle foibe e dell'esodo degli istriani, fiumani e dalmati.
I massacri delle foibe sono stati degli eccidi ai danni della popolazione italiana
della Venezia Giulia e della Dalmazia, avvenuti durante la seconda guerra mondiale e nell'immediato secondo dopoguerra (1943-1945), da parte dei partigiani jugoslavi e dell'OZNA.
Il nome deriva dai grandi inghiottitoi carsici dove furono gettati molti dei corpi delle vittime, che nella Venezia Giulia sono chiamati "foibe".
Al massacro delle foibe seguì l'esodo giuliano dalmata, ovvero l'emigrazione forzata della maggioranza dei cittadini di etnia e di lingua italiana dalla Venezia Giulia e dalla Dalmazia, territori del Regno d'Italia prima occupati dall'Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia del maresciallo Josip Broz Tito e successivamente annessi dalla Jugoslavia. Si stima che i giuliani, i fiumani e i dalmati italiani che emigrarono dalle loro terre di origine ammontino a un numero compreso tra le 250.000 e le 350.000 persone.
Di quel tragico periodo il Presidente della repubblica Giorgio Napolitano in occasione della celebrazione del "Giorno del ricordo" in Roma, il 10 febbraio 2007 disse “...già nello scatenarsi della prima ondata di cieca violenza in quelle terre, nell'autunno del 1943, si intrecciarono "giustizialismo sommario e tumultuoso, parossismo nazionalista, rivalse sociali e un disegno di sradicamento" della presenza italiana da quella che era, e cessò di essere, la Venezia Giulia. Vi fu dunque un moto di odio e di furia sanguinaria, e un disegno annessionistico slavo, che prevalse innanzitutto nel Trattato di pace del 1947, e che assunse i sinistri contorni di una "pulizia etnica".»
Ed ecco cosa ha detto Mattarella nel 2015 in occasione della cerimonia ufficiale tenutasi presso la Camera dei deputati :«Per troppo tempo le sofferenze patite dagli italiani giuliano-dalmati con la tragedia delle foibe e dell'esodo hanno costituito una pagina strappata nel libro della nostra storia. Il Parlamento con decisione largamente condivisa ha contribuito a sanare una ferita profonda nella memoria e nella coscienza nazionale. Oggi la comune casa europea permette a popoli diversi di sentirsi parte di un unico destino di fratellanza e di pace. Un orizzonte di speranza nel quale non c'è posto per l'estremismo nazionalista, gli odi razziali e le pulizie etniche.»
In quella occasione il presidente della Camera Laura Boldrini, affermò: «Quando nel marzo del 2004 prima la Camera e poi il Senato approvarono a larghissima maggioranza la legge 92 che istituiva la "giornata del ricordo", il Parlamento realizzava uno dei suoi atti più elevati e significativi, colmando, finalmente, un debito di riconoscenza verso la memoria delle migliaia di italiani che rimasero vittime di una violenza cieca e brutale. Il Novecento non è stato soltanto lutti e tragedie. È stato anche il secolo in cui tanti popoli si sono liberati dal colonialismo, in cui si sono affermati e diffusi diritti sociali e civili, in cui hanno fatto irruzione in tutto il mondo da protagonisti i movimenti delle donne e giovanili. Ma hanno pesato come un macigno sulla vita di milioni di persone le due guerre mondiali, la ferocia delle dittature, le contrapposizioni ideologiche della guerra fredda. A pagare per tutto questo, insieme a milioni di esseri umani, ci sono stati anche i principi di verità e di giustizia. Sulle foibe, in particolare, è calato un muro di silenzio. Si è voluto nascondere e si è preferito non parlare. Perché questa scelta? Lo ha spiegato bene l'allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che tanto si è impegnato nel dare valore alle celebrazioni del 10 febbraio, nel suo discorso del 2007 Disse allora Giorgio Napolitano che dobbiamo assumerci la responsabilità di "aver negato, o teso ad ignorare, la verità per pregiudiziali ideologiche e cecità politica, e dell'averla rimossa per calcoli diplomatici e convenienze internazionali". Pregiudiziali ideologiche insieme a calcoli diplomatici. Ecco che cosa ha impedito che si parlasse delle foibe e dell'esodo cui furono costrette tante famiglie di italiani, in quella che è stata definita una vera e propria "pulizia etnica" - una definizione che è un altro macigno - perpetrata dalle autorità Jugoslave.»
Almomento prende piede un blasfemo e vergognoso movimento negazionista sorretto dall’Anpi( vedi post negazionista dell'Anpi di Rovigo) e vedi anche il logo dell'associazione presente sulla locandina del convegno revisionista "Foibe e Fascismo 2019", la "Quattordicesima edizione della contromanifestazione cittadina in occasione del 'Giorno del Ricordo'" in programma il 10 febbraio alle 10.30 al Cinema Astra di Parma. Con l'Anpi ci sono anche l'Anppia, l'associazione nazionale perseguitati politici italiani antifascisti, e il Comitato antifascista antimperialista e per la memoria storica a patrocinare l'evento, che vede gli interventi di alcuni storici già finiti al centro delle polemiche per le loro posizioni revisioniste”.
Ahimè la verità non è quella storica ma quella diffusa dalla “politica” sinistrorsa”
Ad Amantea qualcuno celebrerà anche le foibe?
Crediamo di no, ma se dovesse verificarsi ne riparleremo.
Esule con tricolore
Estrazione corpi dalla foibe( vedi maschere a gas)
Sono tutti al lavoro, nei loro uffici, od in mezzo alla strada, per i pochi operai e vigili della città, senza lo stipendio di gennaio, pienamente consapevoli che ora tocca anche al personale dipendente, come, finora, è successo per tanti fornitori e ditte aventi rapporti con il comune.
Certo non è una bella cosa.
In particolare per i mono reddito.
Ma non saprebbero nemmeno con chi prendersela.
Sanno che si tratta di una storia che è iniziata molto tempo fa, di una storia che è partita da lontano, il risultato finale di errori senza fine, di arroganza, di supponenza, di mancati controlli…
Sanno che finra nella pubblica amministrazione pochi, o forse nessuno, paga per i propri errori.
E poi sperano che questo stato di sofferenza economico-finanziaria dell’ente possa avere fine quasi subito, anche perché gli stipendi sono tutelati e garantiti da scelte politiche già fatte con apposite delibere.
Aspettano entrate, quali esse siano.
O prestiti bancari.
Certo non sono felici, ma nemmeno preoccupati più di tanto.
Come quando si sa che poteva arrivare ed è arrivato il momento grigio.
Fiducia negli amministratori, fiducia nel sistema?
Buh! Forse.