Il fiume Veri, all’estremo sud del lungomare sud di Belmonte Calabro, è diventato una dolorosissima pena senza fine. A causa dei rifiuti d’altra natura, il corso d’acqua sta sempre peggio, carico di fertilizzanti pesticidi dell’agricoltura e di scarichi industriali e fognari.
L’acqua è un bene comune che spesso viene dato per scontato. Una risorsa fondamentale per ogni forma di vita e per gli ecosistemi che viene, poco saggiamente, sprecata, inquinata e non tutelata. Inoltre i frequenti fenomeni di siccità che si sono susseguiti negli ultimi anni, conseguenza diretta dei cambiamenti climatici in atto, hanno messo in ginocchio interi territori rendendo ancora più evidente la necessità di intervenire in maniera concreta e risolutiva sulla gestione di questo bene in termini di tutela, prelievi, uso e sprechi.
Eppure gli strumenti per raggiungere questi obiettivi sono a portata di mano. Un’adeguata attuazione delle direttive europee, che indicano la strada da seguire in tema di acqua potabile, acque reflue urbane, protezione degli habitat, aree marine protette e acque di balneazione, inondazioni, inquinamento da plastica, emissioni industriali e restrizioni all’uso di sostanze chimiche pericolose, permetterebbe di monitorare costantemente la qualità di questo corpo idrico e di limitare tempestivamente fenomeni di inquinamento e cattiva gestione.
Passeggiando sul lungomare sud di Belmonte Calabro, l’occhio viene attratto, non dai corpi scolpiti delle belle donne, ma da un nuovo scarico di fogna abusivo, che corre nel letto del fiume Veri e sversa liquami direttamente in mare. È l’ennesima, amara constatazione che aggrava la già precaria condizione ambientale alla foce del fiume.
Quello che scrivo non è una novità perché da anni i cittadini segnalano senza sosta e da anni si parla di trovare soluzioni senza però mettere in atto un piano serio e concreto. Quel che è certo è che esiste un gravissimo problema. Il fiume Veri tranquillo scarica nel Mare di Ulisse nella zona sud di questo bellissimo borgo Belmonte Calabro conosciuto semplicemente come Belmonte, Bellimontis in latino, Bellimunti in dialetto belmontese è un comune italiano di 2227 abitanti della provincia di Cosenza, in Calabria.
Il paese, situato circa a tre chilometri nell'entroterra in posizione panoramica su una collina che domina un vasto tratto del Mare di Ulisse, deve il suo nome, secondo l'ipotesi più accreditata, al maresciallo del Regno di Napoli Drogone di Beaumont che nel 1270 fondò il castello. Il feudo fu governato dai Cossa, dai Di Tarsia, dai Ravaschieri, dai Pinelli ed infine dai Pignatelli. Nel 1619 venne creato il titolo di principe di Belmonte, soppresso solo dalla costituzione repubblicana del 1948.
Oggi il comune è interessato dal fenomeno del turismo balneare estivo, che rappresenta la principale industria del territorio, accanto al tradizionale e meraviglioso pomodoro a “Cuore di Bue” e del prosciutto “Gammuno” una squisitezza, come avrebbe detto Totò ,che nulla ha da invidiare al nordico crudo di Parma!
Quel che è possibile vedere ogni giorno semplicemente facendo una passeggiata in spiaggia, soprattutto in corrispondenza della foce del Veri in questione, è uno spettacolo impietoso. Le immagini parlano chiaro, anche se non riescono a trasmettere anche gli odori nauseabondi che ammorbano l’aria. Qualche sparaballe al servizio delle istituzioni ha avuto il compito di diffondere la notizia che si tratta, udite! Udite; di “alghe marine”!
Copiose quantità di acqua maleodorante si riversano in mare h 24, in barba all'inevitabile impatto inquinante ambientale. Come raccontano le immagini, alla foce del Veri c’è una generale condizione di degrado e sporcizia causate dalle acque del fiume che scorrono indisturbate. Topi, carcasse di animali, rifiuti di ogni genere, fanno da cornice al fiumiciattolo di acqua melmosa che scorre indisturbato ad aggredire il Mare di Ulisse.
Gigino A Pellegrini & G elTarik
Un tranquillo pomeriggio al mare dell’ultima domenica di questo mese di luglio infuocato si è trasformato in una terribile tragedia. Prima gli struzzi, poi l’incendio al Castello, poi l’elefante che scorrazza indisturbato tra le strade di Amantea, ora un uomo di origine pachistana che voleva trascorrere un pomeriggio al mare nelle acque limpide del nostro mare Tirreno annega mentre fa il bagno a Campora San Giovanni, popolosa frazione del Comune di Amantea. Sono le ore 17,00 del 30 luglio 2023 quando un gruppo di giovani si tuffano in acqua per fare il bagno nel mare antistante il centro abitato di Campora San Giovanni e vicino ad uno stabilimento balneare. Fra di loro c’è un giovane pachistano di circa 30 anni. Si tuffa nelle acque e scompare. Nessuno se ne è accorto e nessuno ha sentito chiedere aiuto. Ad un certo punto, però, la comitiva si è accorta della mancanza dell’amico ed hanno incominciato a cercarlo e a chiedere aiuto. Un uomo che a bordo del suo catamarano stava navigando da quelle parti quando ha udito le grida disperate del gruppo degli extracomunitari che chiedevano aiuto, si è tuffato nelle acque del mare e ha recuperato il corpo del malcapitato il quale non dava più segni di vita. Era già morto affogato. Forse è stato colpito da un improvviso malore e non è riuscito neppure a chiedere aiuto per tempo ai loro compagni che erano nella riva. Sono intervenuti la Guardia Costiera, i Carabinieri di Amantea e finanche il Sindaco Sig. Enzo Pellegrino. La salma è stata poi trasportata presso il nosocomio di Cetraro, dove presumibilmente verrà effettuata l’autopsia per accertare le vere cause dell’ex comunitario pachistano che mentre scriviamo non sappiamo il suo vero nome e dove abitava e cosa faceva. Il decesso è avvenuto perché non sapeva nuotare e spinto dalla corrente non è riuscito più a tornare a riva o perché l’uomo sia annegato dopo aver accusato un malore? Questo lo dovrà accertare l’autorità giudiziaria. Noi siamo stati sconvolti nell’apprendere questa terribile tragedia avvenuta nel nostro mare e per giunta nelle vicinanze di centri abitati e stazioni balneari affollate.
Ci risiamo! I piromani sono tornati. Al caldo torrido di questi ultimi giorni ci mancavano gli incendi estivi. Non potevano mancare. Ed ecco che questi cattivi piromani anche quest’anno come hanno agito nel 2019 e nel 2021 hanno “appiccicato” il fuoco agendo indisturbati ad Amantea. Le fiamme hanno divorato tanti ettari di terreno in località nei pressi del Castello, creando serie difficoltà non solo agli automobilisti che circolavano sulla Statale 278 di Potame, ma anche agli abitanti del centro storico di questa bellissima e rinomata località marinara del basso tirreno cosentino. Son dovuti intervenire finanche i Vigili del Fuoco che hanno tentato di domare le fiamme che hanno interessato una vasta area ricoperta da sterpaglie. Il fumo acre e pungente ha costretto la popolazione a chiudere porte e finestre. La fuliggine ha coperto, strade, case e veicoli. C’era stamattina anche sulla spiaggia e sul lungomare. Le fiamme si vedevano anche da San Pietro in Amantea e hanno divorato tutto quello che hanno incontrato intorno ai ruderi del rinomato Castello e intorno alla Torre e tutte le sterpaglie del pianoro su cui sorge l’antica roccaforte. Le fiamme hanno lambito lentamente tutte le abitazioni che si trovano a ridosso della chiesa del Carmine. Prima le bombe e le mine dei Francesi, poi il completo abbandono e ora finanche gli incendi. Questo rudere maestoso che domina la collina a strapiombo sul mare ora appare bruttissimo. Quel verde che circondava il Castello è stato completamente bruciato e la collinetta ora tutta nera ci addolora e ci rattrista.