
Riceviamo un accorato appello dell geologo Osso, - Presidente - SIGEA Calabria - sulla instabilità dialcuni centri storici italiani.
Salviamo Amantea in Calabria!
Quello del 19 gennaio solo per un caso non ci sono state gravi conseguenze alle persone”.
Argentino (architetto SIGEA locale) : “Amantea deriva da Al Mantiah “la Rocca”. Quello del 19 gennaio è il crollo di parte di un centro storico millenario”,
“Crollano alcuni centri storici italiani, crolla ad esempio Amantea in Calabria. Magari sono centri storici poco conosciuti, ma di straordinaria bellezza. Aggrappato a mezza costa su uno sperone roccioso sovrastato dal castello e da una cinta muraria, si protende verso il mare, da Paraporto fino alla porta Belmonte ingresso del quartiere di Catocastro (sotto la fortezza). Da una prima analisi appare evidente che erano già presenti delle fratture e che le recenti piogge e il repentino abbassamento delle temperatura abbiano destabilizzato ulteriormente le precarie condizioni di stabilità.
I crolli si erano già verificati in passato. Ricordiamo le ordinanze di sgombero negli anni ’60 per caduta di blocchi e pietre e la morte di una bambina negli anni ’50 perché colpita alla testa da una grossa pietra. Altri crolli avevano interessato il centro storico come quelli parziali avvenuti alla Torre di avvistamento e al castello, o a Palazzo Cozza (antico palazzo nobiliare, poi divenuto casa della carità e scuola all’inizio del ‘900), quelli di alcune case su Corso Umberto I”. Lo ha affermato Gaetano Osso, geologo e Presidente della Sezione Calabria della Società Italiana di Geologia Ambientale (SIGEA).
“Ancora più di recente sono stati eseguiti gli interventi di messa in sicurezza della volta e delle pareti della splendida grotta marina situata alla base del versante. Appare evidente che l’ubicazione a mezza costa su un versante di calcarenite possa essere causa di crolli e smottamenti. D’altra parte è la genesi geologica della Calabria – ha proseguito Osso - dove il substrato a falde di ricoprimento di terreni e rocce disparate, i numerosi cicli tettonici, le condizioni climatiche e l’alterazione delle rocce, a determinare le condizioni di fragilità del territorio e di instabilità dei versanti tra le più alte d’Italia.
Non per nulla la definizione più nota è: uno sfasciume pendulo su due mari, come la difinisce Giustino Fortunato.
I crolli già avvenuti e soprattutto quelli che potranno ancora avvenire, a causa dell’incuria dell’incapacità di prevedere manutenzioni o interventi mirati, ci pongono di fronte ad un problema emblematico che è la perdita di quelle opere materiali, che sono il nostro passato e la nostra identità. Ad Amantea le caratteristiche del paesaggio si stagliano nette già dal primo sguardo: il rilievo roccioso si eleva bruscamente a forma tronco-piramidale già dall’esile pianura costiera, vicino al mare, e culmina in corrispondenza del terrazzo marino occupato dal castello. L’abitato appare quasi mimetizzato dalle similari tenue colorazioni delle pietre dell’edificato e delle rocce affioranti, costituite dalle serie prevalentemente calcarenitiche del Tortoniano”.
Un borgo meraviglioso con una storia millenaria ed occupato nell’ XI secolo dagli Arabi.
“Se nulla si può fare per cambiare la geologia della Calabria certamente appare un grave ed irreparabile danno la mancata tutela delle bellezze architettoniche e paesaggistiche di un territorio che merita maggiore attenzione – ha dichiarato Myriam Argentino, architetto, con specializzazione in conservazione dei beni architettonici, e componente della sezione locale della SIGEA - soprattutto nell’ottica di una doverosa crescita sociale e economica, richiamata nella Convenzione Europea del Paesaggio del 2000, che considera ogni paesaggio un punto di riferimento per l'identità delle persone che lo abitano.
Se a determinare il paesaggio nell’antichità è stata la necessità di sopravvivenza, sia per difesa sia per sfamarsi, è singolare costatare che la sua conservazione, intesa come il non-scempio, sia affidata solo alla noncuranza e l’assenza di interessi economici. La storia millenaria di Amantea e del suo territorio parte dai ritrovamenti dell’età del bronzo poco più a sud, dove i ritrovamenti di età ellenistica collocano la leggendaria Temesa, citata da Omero e continuano con la presenza di ville romane.
Castrum bizantino, fu poi occupato dagli arabi che ne fecero uno dei tre Emirati in Calabria nel XI sec. e da cui, probabilmente deriva il nome Amantea da Al Mantiah (la Rocca).
La storia scorre con il susseguirsi degli eventi e delle occupazioni che interessarono il meridione d’Italia fino al famoso assedio francese, in cui Amantea fu l’ultima piazzaforte a cadere nel 1807. Altrettanta fama raggiunse per i commerci (già con l’ossidiana delle vicine Isole Eolie) e per la marineria e la pesca in quanto fu porto conosciuto per lunghi periodi storici. Giorno 19 gennaio 2021, intorno alle 13.30, un forte boato e una nuvola di polvere ha scosso la quiete delle cittadina tirrenica. Un grande blocco di roccia si è staccato dalla parete nella zona di Pizzone che segna il confine tra il quartiere di Catocastro, a ovest, dal quartiere di Paraporto noto anche come Chiazza (la piazza), a est.
Le condizioni morfologiche del posto, con tratti a strapiombo, non avevano permesso la costruzione di case in quel punto. L’ammasso roccioso è crollato proprio in mezzo a due palazzi, quello Mirabelli Centurione XVI sec., di grande pregio architettonico, ed un altro palazzo conosciuto come l’ex Caserma.
Gran parte dell’ammasso roccioso è crollato sull’unica strada che attraversa il centro storico, la vecchia SS18, per poi adagiarsi proprio sul muro di quest’ultima abitazione. Una parte è caduta dal ciglio lungo il versante. Per un caso molto fortuito non si sono registrate vittime.
Ancora più grave appare, per l’ennesima volta, l’assenza di attenzione non solo verso i beni culturali ma, soprattutto, per la tutela delle vite umane.
Dr Geologo Gaetano Osso - presidente SIGEA
Arch Myriam Argentino - SIGEA
Paolo Graceffa presidente Istituto degli Studi Storici di Cosenza
È successo oggi poco dopo le 12.30.
Un costone roccioso, monolite, è precipitato nel centro storico di Amantea, per fortuna, illesi i residenti.
Paura nel centro storico di Amantea dove si stacca uno dei costoni rocciosi che costellano l’antico borgo della città immediatamente sotto la passerella che porta alla chiesa di San Francesco e poi alla torre ed al rudere del castello.
Poteva succedere una strage di proporzioni immani, ma, la provvidenza divina ha voluto che il monolite staccatosi si sia frantumato a pochissimi metri dalle case abitate e non ha coinvolto auto di passaggio.
Ad onore del vero il luogo era già stato attenzionato dai tecnici del Comune, perché alcune lesioni della roccia erano emerse già da tempo, il costone era in proprietà privata ed il Comune aveva già informato i proprietari di sorvegliare e provvedere ad eventuali interventi.
Non sono state risparmiate dal crollo delle costruzioni di servizio, chiusa la strada che porta al quartiere Catocastro.
Chiusi in maniera immediata l’erogazione del gas dell’energia elettrica e dell’acqua potabile, il crollo infatti ha danneggiato le condutture con perdite evidenti di gas e acqua ed interruzione della energia elettrica.
Un forte boato ha squarciato il silenzio della città, una parte del massiccio che fiancheggia lo splendido centro storico cittadino si è staccato, rovinando su uno dei quartieri più belli del centro Storico, distruggendo alcune costruzioni oltre che la strada e fermando la sua corsa su alcune abitazioni.
Fortunatamente, al momento, non si registrano feriti ma solo danni a cose, anche se nei minuti immediatamente precedenti una donna del luogo era stata notata portare cibo, come sua consuetudine ai gatti randagi del quartiere, per fortuna la stessa al momento del crollo si era allontanata per tempo.
Sul posto carabinieri, polizia municipale e vigili del fuoco.
Gli abitanti del rione saranno fatti sgomberare e nelle prossime ore saranno valutati i danni e sarà valutata, soprattutto, la tenuta strutturale del costone e delle case colpite.
Il fenomeno superficialmente paradossale per il quale, in Italia, la caduta del blocco comunista ha innescato un dibattito sulla storia repubblicana ancora più acceso di quanto non fosse stato fino ad allora è testimoniato da una miriade di autori negli ultimi 30 anni. Qualcuno di essi si è occupato, in termini generali, dei problemi della delegittimazione politica reciproca e del "nemico interno" nella storia italiana: i loro punti di vista e le loro valutazioni sono, però, notevolmente differenti da chi scrive.
A metà dell'ascesa globale del populismo di destra, il termine “fascista" è diventato un epiteto comune, anzi troppo usato. La parola F è conveniente per i critici della nuova ondata di populismo, che cercano di legare gli oppositori a movimenti storici ritenuti deplorevoli. Ma il termine è conveniente anche alla destra, e le consente di definire i loro critici esagerati e squilibrati. Così facendo i neo fascisti evitano discussioni serie sulla sostanza delle loro politiche e retoriche.
In momenti come quelli attuali, se ne approfittano personaggi come Vespa e il suo ultimo aborto: “Perché l’Italia amò Mussolini“. L’uomo venuto da Predappio marciando su Roma che lo definì “Er puzzone”, in un suo discorso a Napoli nell’ottobre del 22 diceva: “Abbiamo creato il nostro mito. Il mito è una fede, una passione. Non è necessario che sia una realtà. È una realtà nel senso che è stimolo, è speranza, è fede, è coraggio. Il nostro mito è la nazione, il nostro mito è la grandezza della nazione! E a questo mito, a questa grandezza, che vogliamo tradurre in una realtà totale, subordiniamo tutto il resto ”.
Settanta anni dopo gli italiani sono stati risucchiati dalla crisi politica e dalle nuove dinamiche politiche cui hanno dato origine, e che persistono ancora oggi e che hanno fortemente plasmato sia il dibattito pubblico che la riflessione storiografica sulla Repubblica italiana con l’entrata in campo di un cantante da barcone per diventare primo ministro di questo Paese appropriandosi di una sigla (Forza Italia) sottratta ai tifosi dell’Italia calcistica.
Prima degli eventi di qualche giorno fa, che hanno quasi portato ad un colpo di stato negli USA, gli storici e non solo loro dicevano che il fascismo del futuro sarebbe stato diverso da quello del XX secolo. Che quel tipo di potere era impensabile anche se “condividerà caratteristiche con i suoi antenati, tra cui l’ultranazionalismo, Una democrazia illiberale, detta anche pseudo democrazia, democrazia parziale, democrazia a bassa intensità, democrazia vuota, democratura o regime ibrido, cioè un sistema di governo nel quale, oltre al fatto che si tengano delle elezioni, i cittadini sono completamente tagliati fuori dalla conoscenza di tutto ciò che concerne il potere e le libertà civili.” In aggiunta, un forte impulso a irreggimentare la società e la soppressione forzata dell'opposizione. Questo fascismo moderno, in altre parole, andrebbe contro ciò che la maggior parte degli occidentali ancora riconosce - anche se solo per esprimere un servizio formale - come valori fondamentali del proprio Paese.
Eppure la presa persistente di Trump sui suoi followers mostra, come una coalizione contro i valori tipicamente americani, possa essere costruita e utilizzata per mantenere il potere, anche se la coalizione rappresenta solo una minoranza del paese. In particolare, Trump faceva e fa appello a due gruppi sovrapposti - evangelici bianchi ed elettori bianchi motivati principalmente dall’odio verso qualsiasi cambiamento razziale e culturale. Questi due gruppi hanno ciascuno le proprie ragioni per abbracciare l'illiberalismo e sostenere il potere di uno stato illiberale contro il resto della nazione.
E qui il “Mein Kampf” di Hitler viene a nozze nel nostro mondo di oggi: “La miscela di sangue e il conseguente calo del livello razziale sono l'unica causa dell'estinzione delle vecchie culture; poiché gli uomini non muoiono a causa delle guerre perdute, ma per la perdita di quella forza di resistenza che continua esclusivamente con sangue puro. Tutti coloro che non sono di buona razza in questo mondo sono pula”.
Gigino A Pellegrini & G el Tarik