Amici lettori oggi vi voglio raccontare una storiella di Natale che un mio carissimo amico, ora scomparso, mi ha raccontato tantissimi anni fa, anche lui insegnante elementare come me. Erano gli anni 50 e in ogni contrada di ogni pur piccolo paese c’era una scuola elementare. Una sola classe. Veniva chiamata “ Scuola Unica pluriclasse “, unica aula in cui si raccoglievano contemporaneamente più classi. Era frequentata da alunni dai sei agli undici anni e accoglieva alunni dalla prima alla quinta elementare. Gli alunni potevano variare da 8 a 15. Tutti insieme partecipavano alle lezioni, con quali risultati è facile immaginare. Nella pluriclasse essendo i bambini pochi la socializzazione è più faticosa; gli insegnanti devono comunicare contemporaneamente con alunni di più classi diverse; per mancanza di tempo anche il programma della singola classe deve venire ristretto. Anche io, all’inizio della mia carriera magistrale, ho insegnato in una scuola unica pluriclasse. Il primo anno di titolarità presso la scuola elementare statale di Borgile nel Comune di Aiello Calabro e poi un altro anno a Colopera nel Comune di San Pietro in Amantea. La storia che sto per raccontarvi è una storia vera. La scuola era una pluriclasse di un paese vicino, ubicata allora in una sperduta contrada che si raggiungeva a piedi dopo 2 ore di cammino. Il maestro era un uomo non molto giovane. Non era riuscito ancora a vincere un concorso magistrale. Era un supplente ed ogni anno aspettava con ansia la nomina annuale da parte del Provveditorato Agli Studi. Natale era alle porte e un giorno disse ai suoi alunni:- Prendete il quaderno a righe e la penna e scrivete in mezzo al rigo “Tema”: Quali doni porterete al vostro caro maestro per il Santo Natale?- E poi si affrettò a spiegare quali erano i doni che gli alunni dovevano fare al maestro per renderlo felice: Dovevano venire ogni giorno a scuola. Dovevano studiare. Dovevano essere sempre educati, ubbidienti e rispettosi. Amare i genitori, i parenti, gli amici e specialmente i compagni. Aiutare i più piccoli specialmente quelli che si trovavano in difficoltà. Mario, Giuseppe, Pasquale, Ninetta e gli altri quando tornarono a casa si misero subito al lavoro e riempirono pagine e pagine del quaderno stracolme di buoni propositi. Solo Pinuccio non riuscì a scrivere niente e quella sera non volle neppure mangiare. Si era seduto accanto al focolare e ogni tanto si asciugava con la manina una lacrimuccia. Se ne accorse la mamma e lo tranquillizzò. – Vai a dormire, Pinuccio mio, ci penserà mamma tua a riempire le pagine del quaderno di buoni propositi -. Da buona contadina, scarpe grosse e cervello fine, sapeva quali erano i doni che il buon maestro aspettava per il Santo Natale. Prese un paniere e lo riempì di uova di gallina, due soppressate, tre salsicciotti, due belle forme di formaggio pecorino, un fiasco di moscato, una pagnotta di grano duro. Al mattino disse a Pinuccio:- Porta questi doni al tuo maestro e auguragli un Felice Natale-. Pinuccio andò a scuola col paniere riempito con tutto quel ben di Dio e non disse nulla ai compagni. Depositò il paniere sul tavolo del maestro e disse con gli occhi rivolti al pavimento tutto sgretolato:- Signor maestro, ieri sera ho avuto un forte mal di testa. Non sono riuscito a scrivere neppure un rigo di buoni propositi che voi ci avete suggerito. Vi ho portato, però, al posto del tema questi doni -. Il maestro lo ascoltava commosso, guardando quel bel cestino ripieno. Accarezzò Pinuccio. Lo baciò e gli disse: - Solo tu mi hai capito. Solo tu sai scrivere per davvero!-.