“La società va trattata tenendo conto che è composta di persone sensibili alla corruzione, al disprezzo, all'adulazione. Usando queste tre leve non dovrebbe essere difficile dominarla.” Ennio Flaiano.
Il potere esercitato da un amministratore pubblico, in una qualsiasi cittadina in Calabria, su un abitante che ha difficoltà ad arrivare a fine mese per far sopravvivere la propria famiglia, è enorme. Il rozzo atteggiamento paternalistico usato dagli amministratori nei confronti di esseri umani in difficoltà, è pieno di una violenza inaudita, capace di mutare (in meglio ma quasi sempre in peggio) la sua condizione mentale e la sua vita, senza che la persona in difficoltà, possa “difendersi” e dunque indirizzarne gli orientamenti morali, etici e politici, verso finalità che tutti noi conosciamo. Di qui, il capetto, senza sentire la necessità di usare questo suo piccolo potere, con la dovuta cautela e modestia, con l’attenzione dovuta e con discrezione, in un contesto in cui sia possibile verificare da altri il suo modo di intendere il potere.
“Quando le strade comunali, provinciali, e ferrovie metteranno i Calabresi in facili comunicazioni tra loro e con le altre genti d’Italia, allora si scioglierà quell’antica lotta chiusa in ogni paesello tra il proprietario sempre usuraio lì, e il proletario sempre debitore, si ammansirà quell’odio per oltraggi antichi che è stata la vera cagione del brigantaggio. Quando quelle genti avranno lavoro, istruzione e giustizia, quelle loro nature sì gagliarde nei delitti saranno gagliarde nel lavoro, nelle industrie, nelle arti, nella guerra santa e nazionale. In nessuna contrada ho veduto più ingegno che in Calabria, lì schizza proprio dalle pietre, ma raramente è congiunto a bontà, spesso è maligna astuzia”. Luigi Settembrini. Ed io aggiungo, malaffare e corruzione.
Bisognerebbe innanzitutto sforzarsi di capire il significato etimologico della parola:Corruzione: dal latino: corruptio. Degenerazione spirituale e morale, depravazione, totale abbandono della dignità e dell’onestà. Derogare e indurre a derogare i propri e altrui doveri in cambio di denaro o di altri vantaggi personali. Questa è la definizione che i dizionari danno di tale parola. Per capire la vastità del fenomeno in Calabria è importante scorrere i titoli dei giornali che quotidianamente escono in edicola. Si viene a scoprire l’acqua calda. Cioè il risultato è un sistema parassitario-clientelare, espressione di un blocco affaristico in cui convergono interessi politici, imprenditoriali e criminali, che registra il protagonismo di figure "cerniera" in grado di favorire le istanze degli “imprenditori” malavitosi. La sintomatica presenza di insidie nell’Organizzazione pubblica, evidenzia, però, che il sistema di discipline normative e la ferma azione di contrasto al degrado non sono sufficienti a soddisfare le cautele che il settore degli “appalti” richiede.
Secondo Shakespeare L'onestà sarebbe più potente della corruzione. Il grande Drammaturgo conosceva il Volgare italiano come linguaggio, ma non conosceva gli italiani ed in particolare non poteva conoscere gli Amministratori della cosa Pubblica di oggi in Calabria. La corruzione malavitosa e non solo, in Calabria è evidente che riesce a penetrare in ogni livello, da quello istituzionale, dai Comuni alle magistrature; la collusione con la delinquenza è a livelli impensabili.
Qualcuno, ingenuamente, si chiede che fine abbia fatto lo Stato. Quale Stato quello borbonico o quello Savoiardo con le sue emanazioni attuali. La realtà è che la presenza dello Stato liberal-democratico volutamente e rispettosamente si astiene dopo aver consegnato questa Terra in comodato d’uso all’andazzo malavitoso piccolo e grande che sia. Questo è ciò che la popolazione percepisce.
In questa realtà cittadina, la minaccia immediata per la persona disagiata, non è per nulla naturale, è certamente tutta direttamente sociale, essendoil più delle volte senza volto, senza nome, è sempre velata, mal razionalizzata e quasi mai dominabile. Il cittadino si ritrova isolato di fronte a questa quasi invisibile minaccia, costretto a reprimere l’angoscia della propria passività e della propria solitudine. La collettività si gira dall’altra parte.
Questo essere umano viene così costretto a soffocare, negare non solo le proprie angosce, ma anche parte di sé stesso. Si vede costretto alla sua misera esistenza quotidiana nell’elemosinare un lavoretto qualsiasi, senza pensare troppo, senza fantasticare, senza poter immaginare delle realtà diverse.
Gigino A Pellegrini & G el Tarik