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Mattarella elenca le cose che non funzionano E i Parlamentari Italiani applaudono

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mattarellaCosa avevano da applaudire io ancora non l’ho capito e nessuno me l’ha saputo spiegare. E neppure i giornalisti della carta stampata e gli opinionisti e i politologi che invadono ogni giorno le televisioni pubbliche e private me l’hanno saputo spiegare. Loro tacciono, non vogliono disturbare il manovratore. Invece i nostri parlamentari si baciano, si abbracciano, si danno il cinque, con le dita della mano destra fanno il segno della vittoria. Cosa abbiano vinto non lo so. Invece di nascondersi per le figuracce che hanno fatto in una settimana, si spellano le mani ad applaudire. Quando il Presidente rieletto mette il dito nella piaga ed elenca tutte le cose che in Italia non funzionano per colpa di una classe politica, inconcludente e pasticciona, tutti, ma dico tutti, anche dalle tribune dove siedono gli invitati, a battere le mani con fragore e tutti si alzano in piedi. Standing ovation, dicono i commentatori politici. Cose mai viste prima. E ci voleva proprio un Mattarella bis per portare un po’ di serenità e pace al nostro Parlamento. La quiete dopo la tempesta. Non vi sembra una cosa stupefacente? Più picchia duro il nostro amato Presidente e più i presenti in Aula ad applaudire. Per oltre 50 volte è stato sommerso dagli applausi, come se le paternali riguardassero altri e non proprio loro. Ma possibile che in 40 minuti, tanto è durato il discorso del nostro Presidente, nessuno ha fatto capire loro che in realtà loro e solo loro erano i veri destinatari? Non hanno voluto capire. Fingevano di capire ed applaudivano. Cose da pazzi. Quello che abbiamo visto noi, seduti comodamente in poltrona nelle nostre case, rimarrà certamente negli annali della storia. Applausi, applausi sempre crescenti. Standing ovation. Tifo da stadio. Ma non eravamo allo Stadio Meazza di Milano o allo Stadio Olimpico di Roma. Eravamo nella grande Camera di Montecitorio. Ma forse, a pensarci bene, anche se faccio peccato, quegli applausi non erano per quello che il Presidente diceva. Erano soltanto per la sua persona. Erano applausi di circostanza, erano per lui che si era sacrificato ancora una volta a ricoprire la carica istituzionale più alta del nostro paese. Aveva detto più volte che non avrebbe accettato la ricandidatura. Aveva trovato casa a Roma. Aveva fatto gli scatoloni. Ha accettato la ricandidatura per il bene dell’Italia. Per aver accettato l’alto incarico che la nostra Costituzione dice che dovrebbe durare sette anni, ha salvato il Parlamento che andava alla deriva, come nave senza nocchiero in gran tempesta. Tutti d’accordo. Baci e abbracci. Una grande giornata di festa. Corazzieri a cavallo, squilli di tromba, sfilata tra le vie di Roma, le Frecce tricolori che sorvolano il Sacrario del Milite Ignoto, il Sindaco di Roma che saluta il Presidente con una smagliante fascia tricolore, la mascotte dei Corazzieri che scodinzola sul rosso tappeto del Quirinale. Il pericolo, grazie alla rielezione di Mattarella, è scampato: Niente crisi di Governo, niente scioglimento delle Camere, niente elezioni anticipate, niente addio per sempre al seggio parlamentare. Con Mattarella al Quirinale altri dodici mesi di stipendi e futura pensione.

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