Nella prima fase epidemica, di chiusura totale o quasi, i problemi erano sicuramente molti, ma la condotta era in qualche modo prescritta, non c’era bisogno di fare scelte individuali importanti, c’erano delle regole a cui adeguarsi.
Oggi la situazione è molto diversa, e quello che ci viene costantemente ripetuto è che molto, rispetto alle possibilità di sconfiggere o almeno contenere il virus, dipende dalle nostre scelte individuali, dalla nostra capacità di mantenere le precauzioni necessarie.
Oggi si è abituati a parlare di norme restrittive, lockdown, chiusura dei negozi e delle scuole, ma nessuno ha mai fatto attenzione alla psicologia dei nostri bambini.
In particolar modo, molti sostengono che i decreti non lascino spazio ai giovani, alla loro vita sociale e relazionale.
Questi elementi in realtà sono molto importanti nella loro crescita fisica e psicologica, poiché, se soggetta a variazioni forzate e brusche, l loro psiche può portare a gravi conseguenze.
Tutto è cambiato in quest’anno pieno di paura, condizionamenti e isolamenti.
A risentirne di più sono i più piccoli, i quali sono stati reclusi da ogni possibilità di divertimento e libertà.
Questi due fattori hanno incrementato la voglia, il desiderio, di isolarsi, chiudersi in se stessi e tagliare i rapporti sociali.
Quelle che prima erano attività scontate, per esempio andare a fare la spesa, adesso richiedono una serie di attenzioni che non ci saremmo mai aspettati di dover avere: entrare/non entrare in un negozio affollato, usare/non usare la mascherina, aspettare in coda a quale distanza …
Allo stesso tempo, però, siamo in una condizione di totale incertezza rispetto a quali siano queste precauzioni necessarie.
Dobbiamo prendere delle decisioni, fare delle scelte, senza avere ben chiare quali sono in realtà le regole del gioco
Decidere quindi è difficile, e dobbiamo riconoscere che decidiamo e decideremo in una situazione di incertezza.
Ma è ancora più difficile quando non decidiamo solo per noi stessi, ma anche per altri di cui siamo responsabili, i nostri figli.
Quando, come genitori, decidiamo per i nostri figli, ci assumiamo un rischio, e questo non è facile da affrontare: rischiare noi adulti è un conto, mettere a rischio un bimbo è altra cosa.
La sensibilità e la percezione del mondo dei bambini sono diverse rispetto agli adulti ed è proprio questo a scaturire reazioni differenti.
Si sa infatti che, se già i più grandi hanno difficoltà a controllare le emozioni, i figli ancor meno.
Pertanto è fondamentale l’appoggio del genitore, unica persona in grado di tranquillizzarlo e stimolarlo.
L’educazione genitoriale è sempre stata una delle basi fondamentali per lo sviluppo psicologico, insieme all’esperienza e all’istruzione.
Per questi motivi, è necessario non rifiutare i bambini, non opprimerli o addirittura sopprimerli da qualcosa.
Ciò non significa essere accondiscendenti in tutto, ma ascoltare il bambino, capire e interpretare le sue emozioni.
Aiuta dunque farlo giocare il più possibile, continuare a infondergli sicurezza e protezione.
Non è stato chiarito dal Governo alcun tipo di restrizione circa le passeggiate, all’interno del proprio comune, con i figli: sarebbe quindi un’ottima idea, nelle giuste norme precauzionali, portarli a prendere una boccata d’aria.
Altro elemento sottovalutato, ma decisivo per lo sviluppo psicologico del bambino, è guardare programmi alla tv.
Informarli su quanto sta accadendo è sempre la scelta migliore da adottare, ma bisogna fare attenzione a non allarmarli.
Spiegare loro come comportarsi è giusto.
Sono istruzioni semplici, che servono ai figli quotidianamente, ma importanti.
Quindi è importante che il nostro bambino sia consapevole, nel momento in cui prendiamo decisioni qualunque esse siano.
I nostri figli non sono esente da rischi, e sta nella nostra responsabilità di genitori decidere quale rischio è per noi accettabile.
Cristoforo Colombo il 12 ottobre 1492 scopre il Nuovo Mondo.
Una data divenuta leggenda, che cambiò la storia del mondo.
Dopo aver navigato per circa 33 giorni, e dopo aver sostato un mese all’isola di La Gomera, per riparazioni alle imbarcazioni, e convinto di fare rotta verso le Indie, il 12 ottobre 1492 Cristoforo Colombo approdò in un nuovo continente che più tardi prese il nome di America, in onore di Amerigo Vespucci.
Il navigatore partì poco più di due mesi prima da Palos con tre caravelle, la Nina, la Pinta e la Santa Maria, e non toccò precisamente la parte continentale ma un’isola dell’attuale America Centrale, che battezzò San Salvador.
La nuova terra, il nuovo mondo, fu avvistata dal marinaio Rodrigo de Triana verso le 2 di notte ma per lo sbarco si aspettò dopo l’alba.
In questo primo viaggio toccò anche le coste di Cuba e Haiti.
La rotta iniziale era quella delle Isole Canarie per sfruttare gli alisei, venti che spirano da est verso ovest. Timoni rotti e danni più o meno gravi alle tre caravelle fecero sì che i marinai navigassero per un mese senza scorgere terra, neppure in lontananza.
Il 16 settembre entrarono nel Mar dei Sargassi e pare che Colombo, alla vista delle tipiche alghe galleggianti presenti in quelle acque, abbia tranquillizzato l’equipaggio dicendo loro che era sicuramente indizio di una terra vicina, cosa non vera.
L’11 ottobre i marinai, finalmente, videro in mare diversi oggetti fra cui fiori, un giunco e un bastone.
Alle prime ore del mattino del famoso 12 ottobre le tre imbarcazioni riuscirono a addentrarsi nella barriera corallina e a sbarcare su un’isola chiamata, dalle popolazioni autoctone, Guanahani: fu Cristoforo Colombo a ribattezzarla Isola di San Salvador.
Furono accolti dagli abitanti dell’isola, i Taino, con gentilezza e ospitalità.
Solo in seguito i rapporti con questi si inasprirono, portando alle purtroppo note decimazioni di indiani d’America iniziate appena dopo la scoperta del Nuovo Continente.
Al suo ritorno in Spagna, Colombo fu accolto con tutti gli onori e, in seguito, compì altri tre viaggi verso le Americhe ma con esiti meno importanti del primo, finendo in rovina e perdendo la considerazione dei reali di Spagna, Ferdinando II d’Aragona e Isabella di Castiglia, che avevano finanziato la sua impresa.
Il 12 ottobre è la data che comunemente si fa coincidere con la scoperta dell’America e, dal 1869, viene celebrata con la ricorrenza del Columbus Day, istituita come festa nazionale dal Presidente Roosevelt, molto sentito dagli italoamericani, orgogliosi del fatto che sia stato un italiano a scoprire il continente americano.
Fino ad ieri i migranti che arrivavano con le carrette di mare nelle nostre coste erano scalzi, mal vestiti, laceri, macilenti. Ieri, invece, sono sbarcati a Lampedusa con tanto di barboncino al guinzaglio, bagagli, occhiali da sole e cappellino di paglia alla moda. Ma davvero erano migranti? A me sembravano tanti turisti che venivano in vacanza nella bellissima isola di Lampedusa. Sono stati accolti con tutti gli onori come migranti provenienti da un paese in guerra. Intercettati in mare sono stati subito trasferiti su una imbarcazione della Guardia Costiera Italiana che li ha condotti fino al molo Madonnina a Lampedusa. Il Video dell’arrivo di questi migranti è poi stato postato su una pagina di Facebook. Lo sbarco di questi migranti, in tutto erano otto, ha destato grande scalpore. La situazione sull’isola ora è drammatica. L’hotspot è al collasso e il Sindaco ha chiesto l’intervento del Governo centrale. Alcuni cittadini, stanchi dei continui arrivi, hanno tentato di bloccare il porto. Una donna che si trovava a bordo del gommone ha dichiarato che il nostro paese le piace. Ha soggiornato in Italia 15 anni, ma poi è ritornata nel suo paese, la Tunisia. Ora è tornata di nuovo in Italia, spera di trovare un lavoro. Ma quello che mi ha colpito di più è stata questa dichiarazione:- Spero di trovare la libertà-. Sì, la libertà, perché in molte nazioni africane non c’è libertà. La Tunisia, ha affermato quella donna col cappellino, - è piena di carceri, è piena di schifo-. Signor Sindaco di Lampedusa, signor Presidente della Regione Sicilia, non protestate, non arrabbiatevi se la Sicilia, la bella e nobile regione, oggi è invasa dai migranti. Dovreste, invece, essere contenti, perché dopo il Coronavirus finalmente i turisti stranieri cominciano ad arrivare e gli alberghi saranno tutti occupati. Nessuno perderà il posto di lavoro e gli albergatori non dovranno chiudere o cambiare mestiere come aveva giustamente suggerito il Signor Ministro. Avete visto, a Lampedusa, sono incominciati ad arrivare turisti non più migranti strappalacrime.