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Redazione TirrenoNews

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Amantea. Campus: Speriamo che smetta di piovere.

Martedì, 19 Giugno 2018 22:50 Pubblicato in Cronaca

Un tempo gli indiani d’America cantavano questa poesia “Dèi del tuono, prestate ascolto ai magici sonagli e al suono dei tamburi, da due lune i ruscelli sono asciutti, come fantasmi gli uccelli allineati, sostano all'ombra senza più cantare.

 

 

Nostro fratello, il Sole, non trova più il suo viso nel letto luminoso del torrente; i suoi occhi vedono soltanto fango giallastro, disseccato, rugoso come il volto di una vecchia.

Il girasole protende avidamente la bocca alla rugiada con labbra screpolate, a capo chino, sono fragili e stanche le sue braccia di foglie.

Ay-yee! Tuono, dèi delle grandi acque, il popolo dei fiori, l'erba affamata, le creature dell'aria e dell'acqua,i figli della terra vi supplicano, ascoltate le nostre mille preghiere. Hah-yèe! Hah-yò-o-o-o!”

Oggi ad Amantea la invocazione contraria: “O cielo smetti questa pioggia insistente. Dacci il tempo di passare una mano di bitume impermeabilizzante sul tetto del campus onde evitare che l’acqua filtri e scenda sotto, gli intonaci non restino umidi e la pittura si scortichi.

E’ stato inutile l’allarme emesso dall’architetto Giuseppe Maria Vairo.

Ma è solo questione di tempo.

Due volte.

Una volta perché ci vuole un po’ di tempo.

E la seconda vota perché ci vuole un po’ di bel tempo.

Ma non disperiamo.

Se sotto per l’erba possiamo sempre chiamare le pecore tosaerba, per la bitumazione possiamo chiedere agli amici indiani d’America di non suonare i magici sonagli ed i poderosi e rumorosi tamburi.

Così il campus si asciugherà , i ruscelli si asciugheranno, gli uccelli allineati, sosteranno all'ombra senza più cantare, come fantasmi.

E poi il Sole, non troverà più il suo viso nel letto luminoso del torrente; ed i suoi occhi vedono soltanto fango giallastro, disseccato, rugoso come il volto di una vecchia ed il girasole protenderà avidamente la bocca alla rugiada con labbra screpolate, a capo chino.

E l’erba affamata di acqua seccherà.

Forte attenzione ha sollevato nel sistema sanitario calabrese la decisione del giudice Ilario Nasso (Tribunale di Vibo – sezione Lavoro e Previdenza), che, con provvedimento del 17 giugno, ha accolto l’istanza cautelare

 

proposta dagli avvocati Nicola Gasparro e Francesco Domenico Crescente in rappresentanza di Anna Maria Renda, dirigente medico dell’Asp vibonese che ha appunto fatto ricorso contro la nomina di Damiani.

Nel ricorso viene segnalata una serie di presunte irregolarità nella procedura di nomina

Il Giudice del lavoro, in attesa del giudizio di merito fissato per il prossimo 12 luglio, ha quindi sospeso la nomina del direttore del distretto sanitario unico dell’Asp di Vibo.

Ne ha parlato Sergio Pelaia ne il corriere della calabria.

Ecco come:

“Una nuova tegola si abbatte dunque sull’Azienda sanitaria vibonese guidata dalla dg Angela Caligiuri.

Proprio la dg aveva infatti affidato, il 23 novembre del 2017, al medico 57enne Vincenzo Damiani la guida del distretto sanitario provinciale che ha inglobato e sostituito i tre distretti di Vibo, Tropea e Serra San Bruno.

Già direttore del distretto, Renda ha segnalato una serie di presunte irregolarità nella procedura di nomina, a partire dalla composizione della commissione giudicatrice e alle scelte da questa compiute, sostenendo inoltre la presunta «inesistenza – in capo a Damiani – dei requisiti di partecipazione alla procedura, e segnalando – in ogni caso – l’inosservanza dei canoni di correttezza e buona fede, da parte dell’azienda e della commissione esaminatrice».

Contestazioni, queste, respinte dall’Asp di Vibo che ha invece sostenuto davanti al giudice la «piena conformità alla legge delle determinazioni assunte dall’ente pubblico, la legittima composizione della commissione giudicatrice, l’ineccepibilità della scelta compiuta dal direttore generale, e fiduciariamente ricaduta sulla persona di Damiani», prospettando poi «l’horror vacui derivante – in danno dei servizi sanitari erogati dall’azienda – in caso di rimozione del provvedimento attributivo della carica di dirigente del distretto sanitario unico».

Analoghe controdeduzioni, mirate a sostenere l’inammissibilità del ricorso, sono state proposte dallo stesso Damiani, ma il giudice in via preliminare le ha ritenute infondate, quantomeno in relazione alla tutela cautelare.

Secondo il giudice la commissione non ha prodotto, come previsto dalla legge e dall’avviso pubblico, una terna di candidati, bensì un elenco di tredici persone presentate in mero ordine alfabetico.

Il direttore generale, poi, «nel designare alla direzione del distretto uno dei candidati non collocatisi al primo posto in graduatoria (e oltretutto ammesso con riserva per espressa determinazione della commissione esaminatrice), non ha “motivato analiticamente”, come pure apertamente imposto dalle conferenti norme primarie, riproposte dallo stesso avviso pubblico».

Il giudice rileva quindi che la delibera con cui il direttore ha conferito l’incarico «è silente in ordine alla scelta compiuta in favore di Damiani (unico candidato, peraltro, a esser stato ammesso con riserva)», mentre le motivazioni della nomina sono state ritenute estremamente lacunose”.

Un primo fermo ai direttori delle ASP.

Ora altri aspettano decisioni similari.

Sembrerebbe di si, visto che i sequestri di piantagioni di droga si susseguono uno dopo l’altro.

Peraltro il guadagno per la produzione di mar iguana è notevolissimo e si lavora pure meno!

 

 

 

L’ultimo sequestro a Lamezia Terme dove ieri la Guardia di Finanza ha sequestrato le 3.000 piante di marijuana coltivate in serra ed ha denunciato un responsabile.

I finanzieri lametini sono intervenuti in un vivaio lametino in cui, fra le ordinarie coltivazioni, sono state individuate due grosse serre industriali, complete anche di impianto di irrigazione automatizzato, in cui erano messe a dimora circa tremila piante di marijuana, buona parte delle quali pronte per essere lavorate e poste in vendita.

Il vivaista non è stato in grado di esibire alcuna documentazione che comprovasse la liceità della coltivazione e, quindi, i militari hanno provveduto a sequestrare le piante e le serre.

I baschi verdi hanno quindi denunciato a questa Procura della Repubblica, il vivaista per l’accusa di coltivazione e detenzione di sostanze stupefacenti.

L’attività appena descritta non è isolata, ma si inserisce in un più ampio dispositivo di contrasto alla commercializzazione di prodotti illegali predisposto e coordinato dal comando provinciale della guardia di finanza di Catanzaro, che già da tempo sta dando positivi riscontri.

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