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pieropeluPUGLIESE: «PENSIAMO ALLA REALIZZAZIONE DI OPERE CHE NON RIVESTONO ALCUNA IMPORTANTE UTILITÀ MENTRE LA GENTE CONTINUA A MORIRE SULLA S.S.106».

Ottiene migliaia di like e di condivisioni il messaggio lanciato da Piero Pelù nel corso della trasmissione “Nemo”, in onda su RAI2 venerdì sera, propagato sui social dall’Associazione “Basta Vittime Sulla Strada Statale 106” attraverso i propri canali social. Basti pensare che in meno di 24 ore il video del passaggio in cui Piero Pelù parla della Statale 106 ha ottenuto tra pagina e gruppo Facebook oltre 10.000 visualizzazioni: in pratica è stato visionato fino ad oggi per oltre 17.300 minuti.

Nel suo passaggio sulla S.S.106, Piero Pelù ha espresso un pensiero molto forte sulla “strada della morte” apprezzato da migliaia di cittadini calabresi: «io conosco molto bene la Calabria, ci vado da tanti anni, ho molti amici, amo quella terra e conosco, ad esempio, una strada terribile che si chiama “Statale 106” che va da Reggio Calabria a Taranto dove ogni anno, purtroppo, si registrano decine e decine di morti. Ecco, anche quello sarebbe stato un investimento intelligente da parte delle autorità».

Sul messaggio di Piero Pelù ha voluto esprimere alcune considerazioni il presidente dell’Associazione “Basta Vittime Sulla Strada Statale 106” Fabio Pugliese che ha affermato «grande apprezzamento per le dichiarazioni di Piero Pelù anche perché rispecchiano pienamente ciò che pensano migliaia di cittadini calabresi. Le sue dichiarazioni meriterebbero un riconoscimento regionale: anche perché Pelù, come è noto, da molti anni ha scelto la Calabria».

«Ad ogni elezione governativa – continua Pugliese – compresa l’ultima, siamo costretti a subire l’indecente circo mediato sul “Ponte sullo Stretto”, che serve solo ad unire la ‘Ndrangheta con Cosa Nostra, mentre in Calabria non ci sono strade: non è ammodernata la S.S.106, così come la S.S.18, la S.S.107, la trasversale delle serre e la Jonio-Tirreno e pensiamo alla realizzazione di opere che non rivestono alcuna importante utilità mentre la gente continua a morire su queste strade del medioevo».

«Se poi qualcuno – afferma con sarcasmo Pugliese – dice qualcosa contro il “Ponte sullo Stretto” si leva un’onda mediatica secondo cui è utile per portare in Calabria il turismo. In pratica milioni di visitatori che verrebbero nella nostra regione per vedere un’orribile ponte “Ponte” dall’impatto paesaggistico ed ambientale devastante su uno degli angoli naturali più belli del Paese…»

«La nostra Associazione – aggiunge Pugliese – ritiene invece che si debba intervenire con priorità sull’ammodernamento della S.S.106 affinché la Calabria possa davvero riuscire ad attrarre milioni di turisti che verrebbero, in presenza di buone infrastrutture, senza alcun dubbio per vedere il Codex a Rossano, Capo Colonna a Crotone, i musei della Locride e le spiagge ed il mare tra i più belli e puliti d’Italia, sulla costa jonica calabrese che ad oggi restano ancora inaccessibili»

«Peccato – conclude Pugliese – che i primi a sostenere ad ogni turno questo ridicolo ed offensivo spot elettorale sul Ponte dello Stretto siano i nostri dirigenti politici di ogni colore che invece dovrebbero riuscire ad avere uno scatto di orgoglio, di dignità, per chiedere innanzitutto investimenti concreti e non inutili promesse elettorali e poi, soprattutto, opere importanti e necessarie. Nel frattempo i giovani calabresi vanno via da questa nostra terra amara e ciò succede perché mancano le infrastrutture essenziali e non il fantomatico Ponte sullo Stretto».

Associazione “Basta Vittime Sulla Strada Statale 106” – 15 Aprile 2018

Associazione "Basta Vittime Sulla Strada Statale 106"
Rapporti con la Stampa
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Elezioni, il crollo del Pd e di Matteo Renzi è al centro della satira del web.

Con lui anche la Boldrini e Fedeli nel mirino per aver perso la sfida uninominale.

Il popolo del web non perdona.

“Fa sorridere un fotomontaggio della Pietà di Donatello, dove si vede un morente Renzi sorretto da Maria Elena Boschi.

Entrambi si ritroveranno al Parlamento, ma da sconfitti.

E che dire del leader del Pd con la valigia in mano mentre, in fiorentino, si lascia scappare: "Maremma maiala si torna a casa".

Più fine invece la foto che ritrae il segretario dem a fianco di un enorme "Ciao", il noto motorino diventato per l'occasione un "ciaone".

E sempre Renzi è il protagonista di un altro fotomontaggio, dove l'ex premier viene ritratto come se fosse un senzatetto che chiede l'elemosina, cartello in mano e volto rattristato.

Sul cartello un messaggio: "Cerco lavoro, no voucher, no jobs act".

Per Valeria Fedeli, invece, un richiamo a quell'errore diventato ormai famoso: "Pensavo che andava più meglio", si legge in un fotomontaggio che si fa beffe dell'ex ministro dell'istruzione.

Chiaro richiamo alle due politiche sul lavoro emanate dal governo guidato dallo stesso (ex) sindaco di Firenze.

Ma la satira su web si è scatenata anche sulla Boldrini e su Luigi di Maio.

La prima, sconfitta nel suo collegio uninominale, è stata più volte vittima dell'ironia della Rete, in alcuni casi anche in maniera aggressiva.

Su Di Maio, invece, gli utenti giocano sulla poca esperienza di governo.

In un "meme" apparso su Facebook si vede il candidato premier del M5S mentre fa una ricerca su google: "Cosa fa il presidente del consiglio".

Ma davvero tutta la colpa è di Renzi?

Chi si ricorda del giovane e rampante sindaco di Firenze, quello che sfidava la vecchia politica, deciso a farne una volta per tutte tabula rasa?

Colui che doveva chiudere definitivamente con la seconda repubblica e accompagnarci nella terza?

Quel giovane di belle speranze che dalla sua Leopolda tuonava contro i vecchi colonnelli della politica, quell’audace ragazzo che, in un’Italia nauseata dagli scandali di un berlusconismo ormai al tramonto, prometteva di demolire a picconate i vecchi schemi del gioco politico semplicemente non c’è più.

Renzi si è infilato in un cul de sac che ha usato l’arma delle parole e dei selfie ed oggi, una volta che si è adagiato sui morbidi e comodi divanetti dei salotti del potere, lo troviamo stanco, fiacco, imbolsito, imborghesito,

teorico predicatore del bene, bulletto che non accetta alcuna critica al suo operato, faraonico di amici e auto.

Non esce più in bicicletta.

Oggi tutti gli danno addosso, tutti lo accusano di aver distrutto il PD mentre, invece, ne ha semplicemente mostrato i veri e profondi limiti , trovati i quali, forse, non può che rinascere.

Ma senza di lui, oramai bruciato.

 

Pubblicato in Italia

Che cosa accade in caso di vittoria del “sì” al referendum.

 

Una vittoria referendaria del “sì” non modificherebbe nulla relativamente alle attività oltre le 12 miglia marine, tantomeno la possibilità di cercare e sfruttare nuovi giacimenti sulla terraferma. Quindi sgombriamo il campo da chi grida “ al lupo, al lupo! ”.

Parliamo solo delle trivellazioni vicine alla costa, quelle che non si possono più fare perché vietate dalla legge (art. 6, comma 17°, del decreto legislativo n. 152/2006 e s.m.i.).

 

Se al referendum dovessero vincere i “sì”, semplicemente alla scadenza delle concessioni, gli impianti elencati nella tabella dovrebbero chiudere, i primi tra 5 anni, gli ultimi tra circa venti.

Quali le conseguenze?

La prima cosa che i dati mostrano è che non si tratta di un referendum sulle trivellazioni di gas o petrolio, si tratta solo di decidere se ciò che è vietato fare ora entro le dodici miglia in mare, sia giusto permettere che continui fino ad esaurimento per gli impianti esistenti. Inutile quindi delineare apocalittici scenari di suicidio energetico o di fine prematura di una industria. Fuori luogo anche paventare effetti nefasti sul quadro energetico nazionale: i consumi fossili per fortuna stanno lentamente calando in Italia e se prendiamo sul serio gli impegni che il nostro governo ha sostenuto a Parigi lo scorso dicembre per evitare un aumento medio della temperatura entro i 2 gradi (magari 1,5), dovremo consumarne sempre meno e a livello globale dovremo lasciare sotto la crosta terrestre gran parte del petrolio.

(da http://sbilanciamoci.info/wp-content/uploads/2016/04/Meregalli_referendum17aprile.pdf)

Allora è utile ricordare che in Italia ci sono 867 pozzi produttivi di cui 355 in mare e che le trivelle hanno più pozzi ( fonte DGRME-MISE )

Se doveste imbattervi in questi nomi sappiate che si tratta di piattaforme marine e di teste di pozzo sottomarine

 

ADA 2  ADA 3ADA 4

AGOSTINO A (3) AGOSTINO A CLUSTER (2) AGOSTINO B (7) AGOSTINO C (3)

AMELIA A (2)  AMELIA BAMELIA C (1 AMELIA D (4)

ANEMONE B (1)  ANEMONE CLUSTER (1)

ANGELA ANGELINA (10) ANGELA CLUSTER (1)

ANNABELLA (5)

ANNALISA (4)

ANNAMARIA B (8)

ANTARES 1  ANTARES A (4)

ANTONELLA (4)

AQUILA 2 (1)   AQUILA 3 (1)  

ARGO 2  

ARIANNA A (4)

ARIANNA A CLUSTER (2)

ARMIDA 1  ARMIDA A (6)

AZALEA AAZALEA B (2)

BARBARA A (6) BARBARA BBARBARA C (6) BARBARA D (15) BARBARA E (14 BARBARA F (13) BARBARA G (10) BARBARA H (5) BARBARA NW (6) BARBARA TBARBARA T2

BASIL (3)

BENEDETTA 1

BONACCIA (6) BONACCIA EST 2 (1)   BONACCIA EST 3 (1)   BONACCIA NW

BRENDA (4)

CALIPSO (2)

CALPURNIA (2)

CAMILLA 2  

CASSIOPEA 1  

CERVIA A (2) CERVIA A CLUSTER (1) CERVIA B (5) CERVIA C (6) CERVIA K

CLARA EST (4) CLARA NORD (4) CLARA NWCLARA OVEST

DARIA A (9) DARIA B

DAVIDEDAVIDE 7

DIANA

ELENA 1  

ELEONORA (1)

ELETTRA (1)

EMILIO (1) EMILIO 3  

EMMA OVEST (8)

FABRIZIA 1

FAUZIA (2)

FRATELLO CLUSTER (2) FRATELLO EST 2FRATELLO NORD (1)

GARIBALDI A (3) GARIBALDI A CLUSTER (1) GARIBALDI B (7) GARIBALDI C (4) GARIBALDI D (4) GARIBALDI KGARIBALDI T

GELA 1 (5) GELA CLUSTER

GIOVANNA (2)

GIULIA 1

GUENDALINA (2)

HERA LACINIA 14HERA LACINIA BEAF (3)

JOLE 1

LUNA 27   LUNA 40 SAF   LUNA A (11) LUNA B (11)

MORENA 1

NAIDE (1)

NAOMI PANDORA (3)

OMBRINA MARE 2

PANDA 1   PANDA W 1  

PENNINA

PERLA (3)

PORTO CORSINI 80PORTO CORSINI 80 BISPORTO CORSINI M E C (3) PORTO CORSINI M S 1PORTO CORSINI M S 2PORTO CORSINI M W APORTO CORSINI M W BPORTO CORSINI M W C (8) PORTO CORSINI M W T

PREZIOSO (4)

REGINA (6) REGINA 1

ROSPO MARE A (9) ROSPO MARE B (12) ROSPO MARE C (8)

SAN GIORGIO MARE 3SAN GIORGIO MARE 6SAN GIORGIO MARE CENTRALE

SANTO STEFANO MARE 101SANTO STEFANO MARE 1-9  SANTO STEFANO MARE 3-7SANTO STEFANO MARE 4SANTO STEFANO MARE 8

SARAGO MARE 1 (1) SARAGO MARE A (1)

SIMONETTA 1 (1)

SQUALO

TEA (4)

VEGA A (19)

VIVIANA 1

VONGOLA MARE 1 (1)

Sotto il profilo della ubicazione

Entro il limite delle 12 miglia (92)

Oltre il limite delle 12 miglia (43)

Tipologicamente sono

Piattaforme con struttura emersa (122)

Teste pozzo sottomarine (13)

Strutture distinte per attività in corso

Piattaforme di produzione eroganti (79)

Piattaforme di produzione non eroganti (40)

Piattaforme di supporto alla produzione (8)

Piattaforme non operative (8)

Ma i pozzi marini inquinano?

Ecco la risposta.

Delle oltre 130 piattaforme operanti in Italia , sono stati consegnati a Greenpeace solo i dati relativi ai piani di monitoraggio delle piattaforme attive in Adriatico che scaricano direttamente in mare, o iniettano/re-iniettano in profondità, le acque di produzione.

Si tratta di 34 impianti (33 nel 2012 e 2014)che estraggono gas, tutti di proprietà di ENI. I dati si riferiscono agli anni 2012, 2013 e 2014.

Per quel che riguarda le altre 100 piattaforme operanti nei nostri mari , Greenpeace non ha ottenuto alcun dato dal Ministero . La mancanza di dati per queste piattaforme può essere dovuta all’assenza di ogni tipo di controllo da parte delle autorità competenti o al fatto che il Ministero ha deciso di non consegnare a Greenpeace tutta la documentazione in suo possesso.

I dati ottenuti da Greenpeace sono resi pubblici per la prima volta in questo rapporto: sino a oggi il Ministero non li ha resi disponibili sui suoi organi di comunicazione ufficiali.

I monitoraggi sono realizzati da ISPRA (l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, un istituto di ricerca pubblico sottoposto alla vigilanza dl Ministero dell’Ambiente) con la committenza di ENI(sulla base di una apposita convenzione ENI-ISPRA).

I monitoraggi prevedono analisi chimico-fisiche su campioni di acqua, sedimenti marini e mitili (Mytilus galloproncialis, le comuni cozze)che crescono nei pressi delle piattaforme.

Dal lavoro di sintesi e analisi di questi dati svolto da Greenpeace emerge un quadro perlomeno preoccupante. I sedimenti nei pressi delle piattaforme sono spesso molto contaminati.

A seconda degli anni considerati, il 76% (2012), il 73,5% (2013)e il 79% (2014) delle piattaforme presenta sedimenti con contaminazione oltre i limiti fissati dalle norme comunitarie per almeno una sostanza pericolosa. Questi parametri sono oltre i limiti per almeno due sostanze nel 67% degli impianti nei campioni analizzati nel 2012, nel 71% nel 2013 e nel 67% nel 2014. Non sempre le piattaforme che presentano dati oltre le soglie confermano i livelli di contaminazione negli anni successivi,ma la percentuale di piattaforme con problemi di contaminazione ambientale è sempre costantemente elevata. 1

http://unmig.mise.gov.it/unmig/strutturemarine/piattaforme.pdf

Tra i composti che superano con maggiore frequenza i valori definiti dagli Standard di Qualità Ambientale (o SQA, definiti nel DM 56/2009e 260/2010)fanno parte alcuni metalli pesanti, principalmente cromo, nichel, piombo (e talvolta anche mercurio, cadmio e arsenico), e alcuni idrocarburi   come fluorantene, benzo[b]fluorantene, benzo[k]fluorantene,benzo[a]pirenee   la somma degli idrocarburi policiclici aromatici (IPA). Alcune tra queste sostanze sono cancerogene e in grado di risalire la catena alimentare raggiungendo così l’uomo e causando seri danni al nostro organismo.

La relazione tra l’impatto dell’attività delle piattaforme e la catena alimentare emerge più chiaramente dall’analisi dei tessuti dei mitili prelevati presso le piattaforme.

Gli inquinanti monitorati in riferimento agli SQA identificati per questi organismi(appartenenti alla specie Mytilus galloproncialis), sono tre: mercurio, esaclorobenzene ed esaclorobutadiene. Di queste tre sostanze solo il mercurio viene abitualmente misurato nei mitili nel corso dei monitoraggi ambientali

I risultati mostrano che circa l’86% del totale dei campioni analizzati nel corso del triennio 2012-2014 superava il limite di concentrazione di mercurio identificato dagli SQA.

Per quel che riguarda gli altri metalli misurati nei tessuti dei mitili non esistono limiti specifici d

Che cosa accade in caso di vittoria del “sì” al referendum.

 

Una vittoria referendaria del “sì” non modificherebbe nulla relativamente alle attività oltre le 12 miglia marine, tantomeno la possibilità di cercare e sfruttare nuovi giacimenti sulla terraferma. Quindi sgombriamo il campo da chi grida “ al lupo, al lupo! ”.

 

Parliamo solo delle trivellazioni vicine alla costa, quelle che non si possono più fare perché vietate dalla legge (art. 6, comma 17°, del decreto legislativo n. 152/2006 e s.m.i.).

 

Se al referendum dovessero vincere i “sì”, semplicemente alla scadenza delle concessioni, gli impianti elencati nella tabella dovrebbero chiudere, i primi tra 5 anni, gli ultimi tra circa venti.

 

Quali le conseguenze?

 

La prima cosa che i dati mostrano è che non si tratta di un referendum sulle trivellazioni di gas o petrolio, si tratta solo di decidere se ciò che è vietato fare ora entro le dodici miglia in mare, sia giusto permettere che continui fino ad esaurimento per gli impianti esistenti. Inutile quindi delineare apocalittici scenari di suicidio energetico o di fine prematura di una industria. Fuori luogo anche paventare effetti nefasti sul quadro energetico nazionale: i consumi fossili per fortuna stanno lentamente calando in Italia e se prendiamo sul serio gli impegni che il nostro governo ha sostenuto a Parigi lo scorso dicembre per evitare un aumento medio della temperatura entro i 2 gradi (magari 1,5), dovremo consumarne sempre meno e a livello globale dovremo lasciare sotto la crosta terrestre gran parte del petrolio.

 

(dahttp://sbilanciamoci.info/wp-content/uploads/2016/04/Meregalli_referendum17aprile.pdf)

 

Allora è utile ricordare che in Italia ci sono 867 pozzi produttivi di cui 355 in mare e che le trivelle hanno più pozzi ( fonte DGRME-MISE )

 

 

Entro il limite delle 12 miglia (92)

 

Oltre il limite delle 12 miglia (43)

 

Tipologicamente sono

 

Piattaforme con struttura emersa (122)

 

Teste pozzo sottomarine (13)

 

Strutture distinte per attività in corso

 

Piattaforme di produzione eroganti (79)

 

Piattaforme di produzione non eroganti (40)

 

Piattaforme di supporto alla produzione (8)

 

Piattaforme non operative (8)

 

Ma i pozzi marini inquinano?

 

Ecco la risposta.

 

Delle oltre 130 piattaforme operanti in Italia , sono stati consegnati a Greenpeace solo i dati relativi ai piani di monitoraggio delle piattaforme attive in Adriatico che scaricano direttamente in mare, o iniettano/re-iniettano in profondità, le acque di produzione.

 

Si tratta di 34 impianti (33 nel 2012 e 2014)che estraggono gas, tutti di proprietà di ENI. I dati si riferiscono agli anni 2012, 2013 e 2014.

 

Per quel che riguarda le altre 100 piattaforme operanti nei nostri mari , Greenpeace non ha ottenuto alcun dato dal Ministero . La mancanza di dati per queste piattaforme può essere dovuta all’assenza di ogni tipo di controllo da parte delle autorità competenti o al fatto che il Ministero ha deciso di non consegnare a Greenpeace tutta la documentazione in suo possesso.

 

I dati ottenuti da Greenpeace sono resi pubblici per la prima volta in questo rapporto: sino a oggi il Ministero non li ha resi disponibili sui suoi organi di comunicazione ufficiali.

 

I monitoraggi sono realizzati da ISPRA (l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, un istituto di ricerca pubblico sottoposto alla vigilanza dl Ministero dell’Ambiente) con la committenza di ENI(sulla base di una apposita convenzione ENI-ISPRA).

 

I monitoraggi prevedono analisi chimico-fisiche su campioni di acqua, sedimenti marini e mitili (Mytilus galloproncialis, le comuni cozze)che crescono nei pressi delle piattaforme.

 

Dal lavoro di sintesi e analisi di questi dati svolto da Greenpeace emerge un quadro perlomeno preoccupante. I sedimenti nei pressi delle piattaforme sono spesso molto contaminati.

 

A seconda degli anni considerati, il 76% (2012), il 73,5% (2013)e il 79% (2014) delle piattaforme presenta sedimenti con contaminazione oltre i limiti fissati dalle norme comunitarie per almeno una sostanza pericolosa. Questi parametri sono oltre i limiti per almeno due sostanze nel 67% degli impianti nei campioni analizzati nel 2012, nel 71% nel 2013 e nel 67% nel 2014. Non sempre le piattaforme che presentano dati oltre le soglie confermano i livelli di contaminazione negli anni successivi,ma la percentuale di piattaforme con problemi di contaminazione ambientale è sempre costantemente elevata. 1

 

http://unmig.mise.gov.it/unmig/strutturemarine/piattaforme.pdf

 

Tra i composti che superano con maggiore frequenza i valori definiti dagli Standard di Qualità Ambientale (o SQA, definiti nel DM 56/2009e 260/2010)fanno parte alcuni metalli pesanti, principalmente cromo, nichel, piombo (e talvolta anche mercurio, cadmio e arsenico), e alcuni idrocarburi   come fluorantene, benzo[b]fluorantene, benzo[k]fluorantene,benzo[a]pirenee   la somma degli idrocarburi policiclici aromatici (IPA). Alcune tra queste sostanze sono cancerogene e in grado di risalire la catena alimentare raggiungendo così l’uomo e causando seri danni al nostro organismo.

 

La relazione tra l’impatto dell’attività delle piattaforme e la catena alimentare emerge più chiaramente dall’analisi dei tessuti dei mitili prelevati presso le piattaforme.

 

Gli inquinanti monitorati in riferimento agli SQA identificati per questi organismi(appartenenti alla specie Mytilus galloproncialis), sono tre: mercurio, esaclorobenzene ed esaclorobutadiene. Di queste tre sostanze solo il mercurio viene abitualmente misurato nei mitili nel corso dei monitoraggi ambientali

 

I risultati mostrano che circa l’86% del totale dei campioni analizzati nel corso del triennio 2012-2014 superava il limite di concentrazione di mercurio identificato dagli SQA.

 

Per quel che riguarda gli altri metalli misurati nei tessuti dei mitili non esistono limiti specifici di legge che consentano una valutazione immediata dei livelli di contaminazione. Per verificare il possibile impatto ambientale delle attività offshore sull’accumulo di questi inquinanti è stato perciò effettuato un confronto con dati presenti nella letteratura scientifica specializzata. In particolare, si sono confrontati i livelli di concentrazione di queste sostanze nei mitili impiegati per i monitoraggi delle piattaforme con i livelli di concentrazione rilevati in altre aree dell’Adriatico, estranee alle attività di estrazione di idrocarburi.

 

Per avere certezza di non sovrastimare i risultati di tale raffronto, sono stati utilizzati come termine di parago nei valori medi stagionali di concentrazione più alti riportati in questi studi.

 

I risultati mostrano che circa l’82% dei campioni di mitili raccolti nei pressi delle piattaforme presenta valori più alti di cadmio rispetto a quelli misurati nei campioni presenti in letteratura;altrettanto accade per il selenio (77% circa) e lo zinco (63% circa).

 

Per bario, cromo e arsenico la percentuale di campioni con valori più alti era inferiore (37%, 27% e 18% rispettivamente

 

Pubblicato in Italia

sitoAncora qualche giorno e l’intera comunità nepetina potrà utilizzare il nuovo sito dell’ente municipale, consultabile all’indirizzo www.comuneamantea.gov.it. In queste ore, infatti, è in fase di completamento il trasferimento dei dati dall’attuale indirizzo (www.comune.amantea.cs.it) al nuovo. Si tratta di un lavoro di non certo poco conto, considerato la mole di delibere, atti, ordinanze, bandi e documentari vari che dal 2010 ad oggi sono stati inseriti nel portale per consentirne la più ampia divulgazione possibile. Sono trascorsi, infatti, più di quattro anni da quando il comune di Amantea cominciò ad essere visibile su Internet, allo scopo di andare incontro alle esigenze di trasparenza più volte invocate dagli utenti.Ad onor di cronaca il nuovo sito doveva entrare in funzione già da alcuni mesi, ma gli organi ministeriali competenti hanno ritardato la concessione del nulla osta all’utilizzo del dominio .gov, reso obbligatorio dalle norme che regolano la cosiddetta “agenda digitale”. L’incarico per la realizzazione del progetto è stato affidato nella scorsa consiliatura a Rocco Sicoli, per una somma vicina ai 4 mila euro. Fu lo stesso Sicoli a presentare il nuovo portale presso il Campus Francesco Tonnara, mettendone in luce le potenzialità, soprattutto per l’aspetto legato alla raggiungibilità delle informazioni ed alla consultazione più agevole ed immediata rispetto al modello attuale.Il passaggio al nuovo indirizzo si andrà a concretizzare nell’arco di pochi  giorni, non appena si concluderà l’immagazzinamento dei dati. Il nuovo sito non servirà soltanto per quello che riguarda l’aspetto prettamente amministrativo; la piattaforma utilizzata, infatti, consente di gestire spazi maggiori rispetto al presente e ciò favorirà anche la valorizzazione culturale e turistica dell’intero comprensorio. È prevista anche una press area per la stampa e gli organi di informazione .Il principio ispiratore del sito è stato chiarito dallo stesso Sicoli: “non porre alcun tipo di limite a quelli che saranno i contributi in termini di idee e di proposte per il futuro”. Dopo la pubblicazione, infatti, le pagine saranno arricchite, migliorare e modificate sulla base delle esperienze dirette degli utenti che potranno così favorire l’ottimizzazione dell’intero sistema: un work in progress che migliorerà costantemente nel tempo, arricchendosi sempre di più di contenuti.«Con il varo del nuovo sito – evidenzia il sindaco Monica Sabatino – eleviamo ulteriormente il grado di trasparenza dell’amministrazione comunale. Nelle pagine che verranno messe online ci saranno più informazioni e più indicazioni rispetto ad oggi, ma soprattutto ci sarà un miglioramento generale sul fronte del sistema di archiviazione, di accesso e di consultazione, tanto che anche i meno esperti potranno connettersi utilizzando non solo i computer, ma anche tablet e smartphone».

Ufficio stampa comune di Amantea

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Riceviamo e pubblichiamo:

“La rabbia non è mai (non lo è stata, non lo è, e, sicuramente, né lo sarà) una buona consigliera.
Quando poi la rabbia si accompagna alla velenosa ignoranza e quindi alla ipocrita supponenza non solo non è buona consigliera ma diventa anche estremamente pericolosa.

Un tempo la rabbia prendeva sopravvento su talune persone al punto da identificarsi con esse; persone che avevano da dire su tutto e su tutti e, proprio per questo, venivano guardate con diffidenza da tutti. Tutti le temevano perché sapevano che prima o dopo sarebbero finiti sotto la mannaia della loro maldicenza, dell'infamia e della calunnia. E molti giungevano al punto di far finta di rispettarle. Qualcuno addirittura le emulava alimentando il male.

Queste persone rabbiose e cattive erano attori del male e giocavano sugli equivoci delle parole dette e di quelle sentite. Ma anche sul fatto che non c’era l’abitudine alla querela ed alla denuncia, e soprattutto sul fatto che la gente non aveva il coraggio di essere testimoni di questo male; spesso per vigliaccheria.

Questa inveterata abitudine sociale amanteana (e non) sembra continui ancora oggi e qualcuno pensando di poterla ancora fare franca continua in questo vezzo di maldicenze ed infamie diffamando quotidianamente anche via web.

Spesso solo per avere un “posto nella società del web”, nuovi attori del male, testimoni della propria rabbia.

Costoro, però, hanno dimenticato sul web restano tracce indistruttibili.

Non solo, ma questi rabbiosi ed ignoranti maldicenti, sollecitano un coro di interventi tra persone che spesso distratte (così voglio credere) intervengono sulla vicenda e, commentando, esprimono il loro “mi piace”, alimentando così lo squallore della vicenda.

Ho atteso inutilmente i ripensamenti e le scuse. Alcuni lo hanno fatto e ne ho preso atto. Per tutti gli altri ho deciso di dire basta. Comunico che per tutti gli altri intendo dare mandato a legale di fiducia di valutare se su quanto scritto su facebook (e di cui abbiamo registrazione) esistono le condizioni per una querela e per una richiesta di danni morali ed eventuale risarcimento economico, un risarcimento altissimo di cui chiederò al giudice la totale erogazione a favore di famiglie bisognose di Amantea e/o di associazioni di beneficenza o similari.

Per chiarezza comunico anche che mio figlio Giuliano, Presidente eletto nel Seggio n°12, ha provveduto ad interpellare la Corte di Appello di Catanzaro, al fine di verificare se esista incompatibilità tra la mia candidatura ed il ruolo che è stato chiamato a svolgere, una incompatibilità che la legge non sembra disporre. Ovviamente in caso di risposta negativa si allargherà la platea dei querelati.

E non basta.

Poiché nelle vicende rilevate sul web mi sembra di aver constatato anche possibili oltraggi alle autorità giudiziarie sul cui comportamento viene sollecitato il dubbio della correttezza, intendo dare mandato a legale di fiducia di valutare se esistano le condizioni per proporre denunzia dei fatti.

Cordialmente
Giuseppe Marchese - Candidato Consigliere per la lista “Insieme per la città - Mazzei Sindaco”

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