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Le fiamme gialle hanno scoperto un sistema per frodare fisco e gli uffici regionali e della Provincia di Cosenza. Sequestrati beni a due soggetti residenti nel Cosentino e a Roma. L’operazione è la continuazione dell’indagine avviata nel 2017

Cinque persone denunciate, un’imbarcazione da 200mila euro e quattro immobili a Roma sequestrati: sono i numeri di un’operazione della Guardia di Finanza della Compagnia di Paola e della Tenenza di Amantea, nel Cosentino, dopo la scoperta di false fatture per nove milioni per truffare la Regione Calabria e la provincia di Cosenza.

In particolare è stato eseguito un decreto di sequestro preventivo emesso dal Gip del Tribunale di Paola nei confronti di due soggetti residenti nelle Province di Cosenza e di Roma, per truffa ai danni della Regione Calabria e della Provincia di Cosenza ed evasione di imposte sui redditi e sul valore aggiunto.

Il sequestro effettuato costituisce il completamento di un precedente provvedimento già effettuato dalle Fiamme Gialle calabre a luglio 2017 (su 77 immobili, prevalentemente terreni, e 16 rapporti finanziari), in quanto la prosecuzione delle indagini ha consentito di individuare ulteriori beni nella disponibilità di due dei cinque indagati.

Ora l’importo totale del profitto dei reati contestati è arrivato a un milione e 613mila euro.

I Finanzieri hanno scoperto un sofisticato meccanismo di false fatturazioni, pari a circa 9 milioni di euro emesse da una serie di società (due delle quali estere, in realtà fittiziamente create al solo scopo di rendere più difficoltose le indagini), enti morali e associazioni no profit, intestate a “prestanome” al fine di evadere le imposte e creare un indebito credito Iva nei confronti dell’Erario.

Il falso credito di imposta veniva poi indebitamente utilizzato per compensare debiti Iva, ritenute d’acconto operate nei confronti di numerosi soggetti e mai versate.

Una parte delle false fatture, infatti, è stata utilizzata – unitamente ad altra documentazione mendace – quale giustificativo di spesa nell’ambito di un progetto di formazione professionale per l’apprendistato denominato “Addetto al ricevimento”, nonché nell’ambito di corsi di formazione.

Tutte le operazioni illecite venivano abilmente “schermate” da scritturazioni contabili opportunamente predisposte che, come dimostrato anche dal loro confronto con i movimenti bancari afferenti i conti aziendali e quello personale del principale indagato, hanno permesso di veicolare oltre 1,6 milioni di euro a beneficio del truffatore, il quale ha in parte trasferito il denaro su conti correnti esteri.

Con tali stratagemmi gli indagati traevano anche in inganno gli Enti finanziatori, che provvedevano quindi ad accreditare le relative somme.

Al temine delle indagini sono state denunciate 5 persone per i reati di “Emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti” e “Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche”.

Con l’ulteriore sequestro disposto dal Tribunale di Paola su richiesta della locale Procura, i responsabili vengono privati complessivamente di 81 immobili (fabbricati e terreni), un’imbarcazione e 17 rapporti finanziari per un valore pari all’evasione fiscale ed alle indebite percezioni pubbliche conseguite pari ad 1.613.338.

L’indagine di Polizia Giudiziaria si inserisce nell’ambito della proficua azione di lotta alla criminalità economica e finanziaria ed alle illegittime e/o indebite accumulazioni patrimoniali, a tutela dall’economia sana e degli imprenditori onesti, sinergicamente effettuata dalla Procura di Paola e dalla Compagnia Guardia di Finanza, che negli ultimi quindici mesi ha portato a sequestri di beni immobili, mobili registrati e disponibilità finanziarie per un valore di oltre 6 milioni di euro.

Bene! Bravi! Ma c’è ancora tanto da scoprire!

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I politici della Regione Calabria ignorano o fanno finta di ignorare la drammatica situazione che si sta vivendo in Venezuela e che si riflette fortemente sugli italiani e nel caso i calabresi in Venezuela

 

 

 

Nessuno, tranne in qualche modo noi piccolo blog calabrese, ne ha trattato.

Nessuno ha minimamente esposto i drammatici dati dei rientri dei calabro venezuelani.

Nessuno che si sia interessati dei loro problemi ora che sono rientrati in Calabria.

Tutti a preoccuparsi dei migranti e nessuno degli amanteani e dei calabresi costretti a rientrare dal Venezuela per la mancanza di sicurezza, per la mancanza di sanità, per le gravi difficoltà economiche.

Non è mancato alla regione Calabria ed in specie a Mario Oliverio ed Orlandino Greco di interessarsi dei calabresi all’estero( secondo noi di far finta) convocando una riunione della Consulta regionale dei calabresi all’estero.

Perché diciamo per finta?

Facile.

Pensate che le azioni prioritarie del Piano annuale 2019 degli interventi sono il sostegno al funzionamento della Consulta e del Comitato direttivo (60mila euro), la promozione di un evento culturale e di marketing territoriale in una città estera di insediamento dei calabresi (50mila euro) ed un corso di formazione sulla cucina mediterranea per giovani figli di calabresi da tenersi in Calabria (30mila euro).

Ovviamente nessun finanziamento per la formazione professionale dei calabresi costretti a ritornare dal Venezuela.

Nessun contributo specifico per il loro avvio al lavoro.

Tanto più che in Calabria il lavoro non si trova.

Ora dopo il puntuale e forte intervento dell’avvocatessa amanteana Teresina Giustiniano, emigrata diversi anni fa in Venezuela , intervento con il quale ha raccontato la drammatica situazione che stanno vivendo tanti calabresi in Venezuela, il mitico Eldorado degli anni cinquanta, sembra che il consigliere Greco si sia impegnato a presentare una mozione sulle richieste avanzate dalla Giustiniano da sottoporre al Consiglio regionale.

Speriamo che la saggezza li illumini.

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Dalla inchiesta “Mala depurazione” della procura della Repubblica di Reggio Calabria viene fuori che « nessuno controllava».

Per questo sono stati inquisiti, tra gli altri,

l’attuale sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà,

i suoi predecessori, Giuseppe Raffa e Demetrio Arena,

i prefetti della terna commissariale che hanno amministrato la città, Vincenzo Panico, Gaetano Chiusolo, Vincenzo Castaldo, Dante Piazza e Carmelo La Paglia.

Una pioggia di avvisi di garanzia è arrivata anche sulla burocrazia comunale.

Sotto indagine sono finiti:

Manuel Pulella, direttore dell’assessorato ai Lavori pubblici del Comune di Reggio Calabria,

Antonio Crsitiano, dirigente di settore, e

.Marcello Cammera, ex dirigente dei Lavori pubblici, attualmente imputato nel maxiprocesso antimafia Gotha, perché considerato il braccio della direzione strategica della ‘ndrangheta a Palazzo San Giorgio.

Insieme a loro ci sarebbero anche alcuni dei sindaci dei Comuni limitrofi a Reggio Calabria che dal 2011 ad oggi hanno avuto responsabilità e competenza sugli impianti installati nel loro territorio.

Acque reflue in mare, fanghi accumulati senza criteri, bypass negli impianti.

Ci sembra la risposta alla recente sentenza emanata dal Tribunale di Paola sull’inquinamento del tirreno cosentino.

E ci sembra molto giusto che qualcuno paghi per l’inquinamento del nostro mare.

Nei giorni scorsi abbiamo visto lo scarico del Lungomare ed abbiamo scritto, ma senza ottenere alcuna risposta, alla Capitaneria di Porto di Vibo Valentia.

Volevamo sapere che cosa fosse.

Ma ne riparleremo, tanto più se non avremo risposta.

La cosa importante è che si scopra chi è attaccato con la fogna alle acque bianche, e quali sono i limiti di tale rete.

Come dire: Uomo avvisato, mezzo salvato!

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