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Dal 9 al 13 Giugno sarà in Calabria Sua Eminenza Rev.ma il Cardinale Francesco Monterisi Arciprete Emerito di San Paolo fuori le Mura che il 12 giugno alle 19:00 presiederà in Amantea il Solenne Pontificale nei primi Vespri di S.Antonio.

Ecco il programma:

Giorno 9 giugno alle ore 18.45 arrivo ad Amantea

Giorno 10 giugno visita dell’Abbazia florense, dell’Abbazia di Corazzo in Carlopoli e di Serrastretta

Giorno 11 giugno incontro con la comunità monastica del convento di Serra san Bruno e visita alla cappella di fuori grotta di Pizzo Calabro.

Giorno 11 giugno benedizione de partecipanti alla processione motorizzata di Sant’Antonio di Amantea.

Giorno 12 giugno alle ore 10.00 incontro con la cittadinanza, poi con gli ammalati, poi cìicontro con i partecipanti ai giochi popolari ed infine solenne pontificale in San Biagio per la festa di sant’Antonio.

Giorno 13 giugno alle ore 8.30 ripartenza da Amantea per la Puglia e sosta alle ore 9.00 al santuario di san Francesco di Paola

Il Cardinale Francesco Monterisi, è Arciprete emerito della Basilica Papale di San Paolo fuori le Mura.

Nell'agosto 1964 ha iniziato il servizio diplomatico della Santa Sede. Come primo incarico è stato addetto di nunziatura nella delegazione apostolica in Madagascar. Due anni dopo è stato nominato segretario della nunziatura apostolica nella Repubblica Araba d'Egitto. Rientrato in segreteria di Stato, nel 1970 è stato incaricato di seguire le delicate questioni del Medio Oriente. Il 24 dicembre 1982 è stato nominato nunzio apostolico in Corea e nominato arcivesco di Alba marittima. Ha ricevuto l'ordinazione episcopale il 6 gennaio 1983 da San Giovanni Paolo II nella basilica Vaticana. Durante i quattro anni del suo servizio in Corea, ha accolto dal 3 al 5 maggio 1984 Papa Wojtyła nella sua prima visita nel Paese asiatico, per la canonizzazione di centotré martiri a Seoul, contribuendo così alla realizzazione di uno degli avvenimenti più importanti della storia cristiana in quelle terre. Quindi dal 1987 al 1990 si è occupato delle questioni africane nella sezione per i Rapporti con gli Stati della segreteria di Stato e ha anche insegnato alla Pontificia Accademia Ecclesiastica. Il 28 agosto 1990 è stato nominato delegato per le Rappresentanze Pontificie, incarico che ha svolto per otto anni. Intanto nel pieno della violenta crisi che ha colpito la ex Jugoslavia, l'11 giugno 1993 è diventato il primo nunzio apostolico (cioè ambasciatore del Vaticano) in Bosnia-Erzegovina. In un contesto estremamente difficile, per cinque anni è stato accanto alle popolazioni sofferenti, portando avanti, in collaborazione con la Chiesa cattolica locale, una missione di pace e di riconciliazione basata sull'apertura al dialogo con tutte le parti in causa. Non sono mancati momenti di gravi tensioni e di vero e proprio pericolo. Ha contribuito anche all'organizzazione e alla realizzazione della storica visita di Giovanni Paolo II a Sarajevo il 12 e 13 aprile 1997. Dopo l'esperienza in Bosnia ed Erzegovina e quella di delegato per le Rappresentanze Pontificie, il 7 marzo 1998 è stato

nominato segretario della Congregazione per i Vescovi e del Collegio Cardinalizio, un servizio che ha svolto per undici anni, ricoprendo in questa veste anche l'ufficio di segretario del conclave che il 19 aprile 2005 ha eletto Benedetto XVI. Si è occupato anche del lavoro della Pontificia Commissione per l'America Latina, del coordinamento pastorale degli Ordinariati militari e dell'organizzazione delle visite ad limina dei vescovi. Tra i suoi primi atti, nel luglio 1998, la presentazione, con l'allora cardinale Ratzinger, della Lettera apostolica Apostolos suos di Giovanni Paolo II in forma di motu proprio sulla natura teologica e giuridica delle Conferenze dei vescovi. Inoltre, nel giugno 2008, ha presentato le motivazioni dei provvedimenti adottati da Benedetto XVI su alcune circoscrizioni ecclesiastiche dei Balcani. Il 3 luglio 2009 è stato nominato Arciprete della Basilica papale di San Paolo fuori le mura, dove ha raccolto dal card. Andrea Cordero Lanza di Montezemolo l'eredità spirituale dell'Anno paolino, celebrato dal 28 giugno 2008 al 29 giugno 2009 per il bimillenario della nascita dell'apostolo delle genti.

Arciprete emerito della Basilica Papale di San Paolo fuori le Mura, 23 novembre 2012.

Da Benedetto XVI creato e pubblicato Cardinale nel Concistoro del 20 novembre 2010, della Diaconia di San Paolo alla Regola.

È Membro:

delle Congregazioni: per le Chiese Orientali; delle Cause dei Santi; per i Vescovi;

della Pontificia Commissione per l'America Latina (Consigliere).

Ha partecipato al Conclave del 2005 che elesse Benedetto XVI e al Conclave del 2013 che elesse papa Francesco.

Con la presente, essendo stato incaricato da Sua Eminenza Monterisi, Vi comunico ufficialmente la presenza di Sua Eminenza in Calabria. Ma Sua Eminenza, profittando della presenza in Calabria, visiterà vari luoghi della Calabria:l’Abbazia florense in San Giovanni in fiore, e quella del Corazzo a Carlopoli dove Giocchino fu abate, sosterà a Serrastretta incontrando la locale comunità ed il Vescovo di Lamezia il 10 giugno; visiterà la Certosa di Serra San Bruno l’11giugno.

Il Cardinale porterà, su incarico di Papa Francesco, un messaggio si speranza e di vicinanza della Santa Sede alla terra di Calabria. E a conferma di ciò Papa Francesco ha concesso, per decreto della Penitenzieria Apostolica, che il 12 giugno alla solenne celebrazione che il Cardinale Monterisi presiederà ad Amantea venga concessa la benedizione papale e l’indulgenza plenaria per il tramite di Sua Eminenza.

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Ci sembra indispensabile conoscere la storia per capire bene( o meglio) il presente ed il futuro di Amantea. La storia non nota, quella nascosta, celata, per varie ragioni. Cominciamo con Astolphe de Custine.

 

Lo scrittore francese Astolphe de Custine passò da Amantea nel 1812 insieme con l'archeologo e storico dell'arte francese Aubin-Louis Millin e il pittore prussiano Franz Ludwig Catel.

Di questo passaggio resta un disegno di Franz Ludwig Catel della zona Marinella di Oliva ed una lettera di de Custine.

Il giovane marchese de Custine, partendo da Napoli per la Sicilia, si aspettava di trovare in Calabria il “mondo delle favole”, un paese dove “per vedere è necessaria l’immaginazione”.

De Custine entra in Calabria sdegnato delle grossolanità che sulla Calabria si rovesciano, dopo la sconfitta contro Napoleone, insieme con la coscrizione obbligatoria per le guerre di Germania e di Russia .

Dopotutto, Astolphe aveva avuto il padre e il nonno, rivoluzionari benché moderati, assassinati da Robespierre.

La Calabria in realtà non fu mai domata, tant’è che nel 1812 il generale Manhès continuava a tagliare teste e rubare il rubabile, e anzi se ne vanterà, dopo che Custine lo denunciò.

La repressione feroce e costante fu all’origine del “brigante”, epiteto che i napoleonidi impressero indelebile sulla Calabria: Manhès, rileva de Custine indignato, parla di “ottomila briganti”, ma “i soldati non sono banditi”.

L’insolenza francese era senza limiti, una insolenza che Duret de Tavel, memorialista che era stato ufficiale di Manhès, bene esprime: “I Calabresi sono dunque, realmente, degli assassini”.

E de Custine cita un detto: “Le vecchie, in Francia, quando vogliono indicare un uomo spacciato, dicono: il tourne la Calabre”.

Custine non è il solo francese critico della liberazione della Calabria, tutti gli altri memorialisti dell’epoca lo sono: Courier, ufficiale napoleonico come Duret deTavel, e lo stesso Duret de Tavel.

 

E de Custine nel suo viaggio mordi e fuggi (tutta la Calabria in 45 giorni) fu capace di vedere senza compiacenze, e raccontare senza partito preso, nulla tacendo, tantomeno la forza dell’odio, specie “nel cuore delle donne”, che conduceva alle faide.

Le sue Lettere dalla Calabria sono lettere svelte e incisive.

Seppur de Custine avesse fama di persona vanesia e di scrittore superficiale dovunque sia stato ha visto giusto.

E’ il caso della descrizione dei calabresi quando dice che i “taciturni calabresi” somigliano ai normanni: “Come loro sono chiusi, cavillosi, attaccabrighe, e godono della collera altrui. Questo rapporto tra la Magna Grecia e la Bassa Normandia, che forse risale al tempo di re Ruggero, è più sorprendente che piacevole”.

Ed è certamente il caso di Amanta di cui scrive: “ Abbiamo trascorso una notte ad Amantea, una città sottoposta dai briganti a un blocco di nove mesi e a un assedio di quarantasei giorni.

La guerra vi ha creato diverse fazioni che ancora si contrappongono: padri, fratelli, tutti si detestano, si divorano, si tradiscono!

È il Medioevo, a parte l’entusiasmo.

O, forse, è esattamente la stessa cosa: ciò che manca ai nostri occhi è solo la vernice del tempo.

Il nuovo comandante della piazza ha tuttavia ristabilito un po’ d’ordine in questa infelice città.

Ed ecco il suo segreto: due volte la settimana ha dato dei balli avendo cura di invitarvi i vari capi dei partiti cittadini.

 

Vale la pena di essere calabresi, non partecipare in nessun modo alla civilizzazione, vivere di cipolle crude contese ai maiali per deporre le armi al primo suono di violino!

Se gli uomini sono dovunque gli stessi, a cosa serve viaggiare? Del resto, in Calabria ogni città è una nazione. I popoli della costa non somigliano a quelli dell’interno: gli albanesi sono diversi dagli abitanti delle pianure e, infine, non c’è accordo né nei costumi né nelle idee di questa regione. Quello che si chiama il popolo calabrese è un composto di tanti popoli diversi, sicché il paese che esso occupa è simile ad un mosaico, tanto sorprendente è la diversità delle razze, dei costumi, dei dialetti. In uno Stato composto da tanti popoli, gli individui cadono in una incoerenza di idee uguale al disordine politico. Non immaginerete mai la bestemmia preferita dai calabresi, e che può servire a farvi conoscere il loro spirito. Nell’esplosione della loro ira più grande, gridano: santo diavolo e Gesù maledetto!

Ecco come un popolo così cattolico offende la propria fede, anche con le parole! In Italia si apprende che l’incoerenza non sempre è la strada della follia, ma che, al contrario, essa conduce all’indifferenza che è l’abuso della ragione. Amantea, 1812 “

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E’ una situazione seria, per non dire grave.

Gli olivi sono attaccati dalla Xilella , le palme sono attaccate dal Punteruolo, i pini sono attaccati dalla processionaria.

 

Ora la stessa processionaria attacca anche le querce.

Una prima segnalazione ci viene dalle colline amanteane ed in particolare da una famiglia che ha trovato ai piedi della quercia più grande un tappeto di processionarie che si stanno spingendo intorno e sono giunte anche alla porta di casa incorniciandola.

Inutilmente il proprietario ha cercato la matassa tipica dei pini.

La processionarie nelle querce si attacca infatti al tronco e dal tronco l’animaletto scende ai piedi dell’albero.

La Processionaria è un pericoloso fitofago e le sue larve sono attive defogliatrici; infatti in caso di forti infestazioni essi possono spogliare completamente le piante ospiti, con gravi danni dovuti agli squilibri fisiologici conseguenti e con progressivi indebolimenti delle piante colpite.

Inoltre, al pari della Processionaria del Pino, posseggono peli urticanti che possono scatenare gravi reazioni nell'uomo e negli animali, a contatto con la pelle o con le mucose.

 

Le larve, di giorno, sono inattive .

E’ durante la notte che le larve escono dal nido e cominciano la loro attività trofica in modo gregario, muovendosi tipicamente in "processione" (in fila indiana) guidate dai fili di seta che vengono lasciati dalla prima larva; queste "processioni" sono facilmente visibili in primavera-inizio estate sui tronchi delle Querce.

Anche il ritorno al nido, all'albeggiare, segue la stessa modalità: in fila indiana seguendo la prima larva.

Inoltre la presenza di questi fitofagi in parchi e giardini, o comunque in luoghi frequentati dall'uomo, è particolarmente pericolosa per i nidi, spesso vicini a terra, che contengono i peli urticanti.

Insomma occorre aggredirla tempestivamente prima che infetti le altre querce!

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