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Non finisce di sorprendere il nostro romanziere Sergio Ruggiero. Ovunque li presenti i suoi romanzi ricevono la attenzione delle commissioni giudicatrici e gli ambiti riconoscimenti. Ecco l’ultimo in ordine di tempo. Parliamo del premio internazionale Tulliola – FORMIA))

Ed ecco la Motivazione della premiazione:

“Se sullo sfondo narrativo incombe la guerra straziante tra cristiani e mussulmani o l’incubo delle continue scorribande dei saraceni lungo le coste della città marinara di Amantea o di quelle tirreniche tra XV-XVI SEC., il romanzo di Sergio Ruggiero, Il respiro del mare, edito da Man-narino, Brescia, si connota per l’intrigo delle vicende individuali e collet-tive e, in particolare, per la riuscita dipintura psicologica delle figure femminili. In una terra intrisa di sangue, con il respiro cupo di angosce e sofferenze secolari, segnata da odi religiosi e da passioni violente e ine-stinguibili, l’Autore fa vibrare due grandi affetti: l’amore e l’amicizia. Il primo, tra due poveri giovani, Mariella e Sbardo, che dopo mirabolanti peripezie coroneranno la loro sacra unione; il secondo, tra il coraggioso Petrilishca e Sbardo, fin da ragazzi schierati in opposte bande che si fronteggiano a colpi di sassaiole e di randellate, per poi ritrovarsi e aiutarsi l’un l’altro fino all’estremo sacrificio dell’uno a salvezza dell’altro. Sulle vicende di questi protagonisti s’intrecciano, su piani diversi, le va-rie storie dei fatti d’arme e si dipana l’ordito stesso della trama. Tuttavia, nello scorrere veloce delle pagine, il romanzo si fa coinvolgente, oltre che per il prorompente e a volte fascinoso linguaggio nella rappresentazione di miti e favolose leggende, anche per le coraggiose incursioni nelle tra-dizioni popolari rievocate, in più punti, con il dialetto. Anzi, sarebbe ve-nuta meno quella speciale patina di autenticità narrativa che il romanzo gelosamente custodisce, qualora l’Autore ne avesse sottratto la sapida sapienza degli stacchi lessicali con abili intarsiature, ora in di un latino chiesastico – adattissimo per la creazione di densa atmosfera di denun-cia di sette e di stregoneria, in uno scenario sacrale e orripilante, ora di formulari o conversari vernacolari studiati con cura dall’Autore, tanto che Egli stesso si premura, nella pagina dei ringraziamenti, di ricordare gli studiosi e gli amici le cui fonti gli hanno permesso spunti e riferimenti preziosi per la tessitura del suo testo. In più, se la battaglia di Lepanto è il momento di snodo tra le due parti del romanzo, è anche vero che essa è l’occasione per l’Autore per ritagliarsi il suo cantuccio per denunciare – per voce dei suoi personaggi - l’iniquità bestiale della guerra, che per al-cuni è mezzo di gloria per il blasone della casata, per altri è la condizione di un riscatto sociale e civile, per molti è la presa d’atto – ex post – che quel conflitto ha creato, nello stesso tempo, inutile violenza e nuovi e ir-riducibili rancori. Quindi, questo romanzo - Il respiro del mare - che ci consegna paesaggi di rara bellezza, con la fragranza delle onde tirreniche meridionali, ci riconsegna un mondo sì primitivo, ma con eroi piccoli e grandi di un’epica virilità, di indomito coraggio e contrassegnati da un innato spirito di dominio e di rivolta. L’Autore è ben consapevole di pos-sedere strumenti narrativi ben collaudati con lungo e appassionato eser-cizio di lettura, ma è anche fornito di una robusta capacità inventiva e costruttiva, che gli garantiscono di graduare l’incalzare degli avvenimen-ti, senza stancare né l’occhio del lettore né perderne la complice simpatia per l’attesa della chiusura della trama.

“Il respiro del mare” (Mannarino editore Brescia);

-premiato a Lucca quale finalista (quarto ex equo) al Concorso inter-nazionale “Giovane Holden” di Viareggio 2012;

-premiato dall’Associazione culturale “Sifeum” di Castrovillari 2012;

-premiato da Pro Loco e Amministrazione comunale di Bovalino 2012;

-premiato (secondo classificato) alla XXI Edizione del Premio Internazionale Tulliola 2012 – 2013 di Formia.

-Finalista al Premio Letterario Nazionale " Un libro amico per l'inverno", Rende (finale aprile 2013).

Per scrivere all’autore: mailto:ruggiero62@libero.it

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Il Catocastro a causa delle ultime abbondanti piogge è in queste ore una vera e propria fiumana. Ben diverso dal classico fiume le cui acque limpide tentano inutilmente da millenni di riempire il mare blu della Calabria tirrenica. Le acque oggi sono limacciose e corrono con una forza ed una velocità inusuale. Acqua scure e limacciose. Una corrente talmente potente che se vi si cadesse dentro sarebbe forse difficile non essere trasportati fino al mare.

Ma quello che sorprende è la puzza che ti riempie la narici se ti affacci sulle acque del fiume.

Una strana puzza di fogna.

Come se l’acqua piovana avesse portato nel fiume tanti ruscelletti da zone piene di reflui fognari.

Difficile che qualcuno vada a prelevare un campione di acqua e lo analizzi.

A noi resta così il dubbio. Un forte dubbio.

 

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Che strana questa città ( ma in queste condizioni è davvero od ancora città?) che non parla, non sente, ma soprattutto non vede.

Esagerato penserà subito il perbenista, quello che non vuole scandali, quello che è perché tutto taccia, e che al massimo tollera il sermone domenicale purchè nelle maglie della tranquillizzante ovvietà.

La foto invece non perdona

Né perdona l’osservazione. La fregatura è che però occorre alzare gli occhi verso l’alto, verso le foglie macchiate e sulle quali alligna quella che sembra una cocciniglia fortemente infestante

Sono anni che lo denunciamo, ma inutilmente.

Qualcuno ha tagliato le piante( magari per salvarle) o le ha aiutato a seccarsi, forse.

Eppure basta chiedere ad un fioraio qualsiasi e vi dirà che basta eseguire 2-3 trattamenti all’anno con olio minerale magari addizionato ad un insetticida ad ampio spettro ed eseguire adesso in primavera una forte potatura non solo dei rami più alti ma anche dei rami interni in modo da far respirare la pianta.

Ed il fenomeno interessa anche gli allori del parco della grotta.

E pensare che nella mitologia greca l’alloro era una pianta sacra e simboleggiava la sapienza e la gloria la fama, il trionfo e l'onore e che per coronare la testa degli atleti vincitori nei giochi Pitici o Delfici si usava una corona di alloro.

E pensare che oggi si usa il termine “laureato” per chi ha terminato il percorso accademico di studi e ma questo termine deriva dalla corona di alloro con cui si cingeva la testa ai poeti come massima onorificenza, così il poeta diveniva “laureato”.

Ve l’immaginate una corona d’alloro infestato da cocciniglia?

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