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Ponte-Sila-mare-800x583Piove in Calabria da diversi giorni. Le fiumare, i torrenti e i fiumi si ingrossano e rumoreggiano. Portano verso il mare una immensa quantità d’acqua mista a fango, massi e alberi sradicati. Anche il fiume Trionto, fiume famoso studiato nelle scuole perché sulle sue rive nel VI secolo a.C. si è combattuta una cruenta battaglia tra Sibariti e Crotonesi, si ingrossa. Battaglia finale che si concluse con la disfatta dei Sibariti. La pioggia incessante caduta scorre lungo l’alveo del fiume a grande velocità, sbatte contro i piloni del viadotto e dopo poche ore provoca il crollo di una campata del ponte. Crollo annunciato. Hanno assistito al crollo diverse persone. Non ci sono state vittime. Meno male. La tragedia è stata evitata perché l’ANAS è intervenuta prontamente quando si è resa conto del pericolo imminente. Ha chiuso il tratto di strada alla circolazione prima che il ponte crollasse. Ora il crollo del ponte della SS117 fa discutere. Un’opera importante ed essenziale perché la strada collegava non solo la cittadina di Longobucco e le sue Frazioni con la costa jonica, ma anche tutta la Sila greca. E dire che era stata costruita soltanto pochi anni fa. Sul posto giunti come falchi consiglieri provinciali e regionali. Non potevano mancare i consiglieri Bevacqua e Jacucci, esponenti del Pd regionale. Anche il Presidente della Regione Calabria, appresa la notizia del crollo, si è recato sul posto, ha visitato tutta la zona e alla fine ha promesso:- Accerteremo eventuali responsabilità-. Il Sindaco di Longobucco vuole che si faccia presto e che si costruisca una nuova campata del ponte con i soldi stanziati dalla Regione Calabria. Certo, certo. La campata sarà costruita. Verranno a galla pure le responsabilità di qualcuno. Si indagherà, si guarderanno e esamineranno i progetti, le perizie, i lavori, gli appalti, i subappalti, il cemento e il ferro usato, i collaudi. La Procura di Castrovillari ha già aperto una inchiesta. E poi? Tutto a posto. Nessuno sarà indagato e processato. La colpa è solo dell’acqua incessante che ha roso il pilone del ponte costruito nell’alveo del fiume. “Un incidente annunciato” dicono ora gli abitanti del luogo e chi ha lavorato nella costruzione dei piloni. Cinquanta anni di lavori, milioni di lire e di euro spesi e poi un giorno di maggio causa piena del fiume Trionto crolla non solo un viadotto della SS117 ma crollano i sogni e le speranze di una cittadina laboriosa. E’ stata questa benedetta acqua invocata incessantemente dai contadini perché i terreni erano arsi e i raccolti in pericolo che ha fatto inclinare un pilone costruito nell’alveo del fiume e ha provocato il cedimento di una campata. Ma chi ha dato il parere favorevole di costruire i piloni lungo il corso del fiume? Non sapevano i tecnici, i geometri, gli ingegneri, gli architetti, che l’acqua piovana quando cade in grande quantità ingrossa i fiumi e può causare gravi danni? Certo che lo sapevano. Ma l’opera doveva essere costruita. Ora si piange e si versano lacrime di coccodrillo e cercano di dare la responsabilità a questo e a quello, ad alcuni uomini politici che non sono più in carica. E intanto, gli abitanti delle aree interne dell’altopiano silano se vorranno raggiungere il mare Jonio, dovranno percorrere strade vetuste costruite al tempo dei Borboni e molto pericolose.

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leggeeeeLa mattina del primo settembre 2022 il Segretario Regionale della CISL-FIT, Gianluca Campolongo, veniva posto agli arresti domiciliari nell’ambito dell’inchiesta “Reset”, accusato di concorso morale in una vicenda estorsiva materialmente compiuta da altri soggetti, in virtù della interpretazione, da parte degli inquirenti, di alcune conversazioni intercettate durante una cena del 22 maggio 2019.-

L’inizio di un incubo per Campolongo, che sin dal suo interrogatorio di garanzia aveva fermamente respinto l’accusa, dando una chiara spiegazione della sua partecipazione a quella cena e del tenore della relativa conversazione, escludendo qualsivoglia legame con attività illecite.-

Il Tribunale del Riesame di Catanzaro, nonostante la produzione di amplissima attività di indagine difensiva e l’esposizione di articolate deduzioni, confermava, però, l’ordinanza del GIP, e quindi la misura restrittiva.-

La decisione dei giudici catanzaresi veniva impugnata davanti la Corte di Cassazione dal difensore di Campolongo, avv. Nicola Carratelli.-

La Suprema Corte in data 31 gennaio 2023 accoglieva il ricorso, riconoscendone la piena fondatezza, atteso il tenore logico da attribuire alle conversazioni intercettate e per l’assoluta mancanza di dimostrazione di contributo causalmente efficiente dal Campolongo rispetto all’attività estorsiva da altri, a sua insaputa, posta in essere, ed annullava, quindi, l’ordinanza impugnata, rinviando gli atti ad altra sezione del Tribunale di Catanzaro per nuovo esame della vicenda cautelare.-

Depositata lo scorso 31 marzo la sentenza di annullamento e pervenuti i relativi atti a Catanzaro, si è proceduto ieri alla discussione del nuovo giudizio di riesame, conclusosi con l’accoglimento della istanza difensiva e la immediata revoca della misura cautelare a suo tempo applicata a Campolongo, per totale mancanza di gravità indiziaria.-

Gianluca Campolongo ha riconquistato, così, la libertà che gli era stata ingiustamente ed illegittimamente tolta da quasi otto mesi, e, con evidente amarezza per la drammatica esperienza vissuta, ma con enorme soddisfazione per il riconoscimento della sua lealtà e della sua correttezza, non vede l’ora di riprendere a dedicarsi alla sua principale ragione di vita, ossia l’attività sindacale, a testa alta, con la consapevolezza di essere stato vittima di un’ingiustizia, e di essere finalmente uscito da un bruttissimo incubo.-

Resta da affrontare il giudizio di merito, che, alla luce del contenuto della sentenza della Corte di Cassazione, dovrebbe anch’esso risolversi con l’affermazione della definitiva estraneità di Gianluca Campolongo rispetto ai fatti contestatigli.-

La notizia della liberazione di Campolongo è stata appresa con gioia dai tanti suoi amici e colleghi che non hanno mai creduto che la persona da loro conosciuta come profondamente sempre rispettosa della legge potesse essere rimasta coinvolta in gravi vicende delinquenziali, e che sono convinti dell’epilogo favorevole anche del giudizio di merito.-    

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ori000Venerdì scorso 14 aprile sul Terrazzo dell’Editore Luigi Pellegrini a Cosenza è stato presentato il libro ”Mi pare si chiamasse Mancini”, scritto dal figlio Pietro. Il giornalista AntonlivioPereftti ha introdotto il dibattito al quale hanno partecipato l’ex Presidente della Regione Calabria l’On. Agazio Loiero, l’ex Assessore regionale nonché Sindaco di San Mango d’Aquino Leopoldo Chieffallo e il sindacalista dell’UIL Roberto Castagna. Alla fine è intervenuto l’autore del libro, Pietro, il figlio dello statista scomparso 20 anni fa, il quale ha ribadito che nel libro non solo c’è la biografia del vecchio leone socialista, ma ci sono tantissimi aneddoti riguardante la figura del padre e della sua azione politica. Agli intervenuti, non molti a dire la verità, causa mal tempo con pioggia e vento, ha voluto raccontare del perché ha intitolato il libro “Mi pare si chiamasse Mancini”. Ho ascoltato gli interventi con la massima attenzione e con raccoglimento, tutti a parlare bene del politico Mancini e di quello che è riuscito a realizzare in Calabria e a Cosenza quando ha ricoperto la carica di Ministro prima e di Sindaco dopo, per diversi anni. La mia memoria, da vecchio e incallito socialista, è andata indietro di diversi anni e come un flash back ho rivisto il giorno dei suoi funerali a Cosenza in Piazza dei Bruzi. Non ho avuto la fortuna e il privilegio di stare vicino a lui o di lavorare con lui, anche se abbiamo militato insieme nel glorioso Partito Socialista Italiano. Lui Ministro della Repubblica Italiana, io un semplice ed insignificante Vice Sindaco di un piccolo paese di provincia. Ma l’uomo politico l’ho conosciuto ed apprezzato guardando la televisione, leggendo i resoconti giornalistici, partecipando alle assemblee provinciali socialiste nei cinema Citrigno e Italia e ai comizi elettorali in Viale Trieste, ma soprattutto per quello che ha fatto quando era Ministro della Sanità e dei Lavori Pubblici nei governi di Aldo Moro e Rumor. Ho partecipato ai suoi funerali con le lacrime agli occhi, lacrime vere e sincere, per la scomparsa di un vero socialista, di un grande leader, anche se vecchio e acciaccato, di un eroe di altri tempi, di un meridionalista convinto, di un difensore della legalità e della democrazia, di un grande della politica italiana e calabrese in particolare. Ora che è morto da diversi anni, ora che non c’è più, quasi tutti parlano bene di lui e di quello che è riuscito a fare avendo spesso tutti contro. Ma dove erano prima che lui morisse? Cosa dicevano? Quante lacrime di coccodrillo sono state versate dopo la sua morte, quante facce contrite hanno partecipato al suo funerale, quanti elogi infarciti di retorica e fuori luogo ho dovuto leggere sui giornali. E quanti avvoltoi in Piazza dei Bruzi ostentavano il garofano rosso nell’occhiello della giacca. Venerdì sera costoro non c’erano, meno male, sul Terrazzo Pellegrini. C’era, però, il compagno Pino Iacino. Mancini è un ladro scrivevano i giornali. La sua effigia veniva bruciata in piazza a Reggio Calabria. I comunisti lo accusavano di essere un “Califfo” e che nella sua casa a Roma si faceva servire da camerieri in livrea. Nel 1996 venne condannato dal Tribunale di Palmi per concorso esterno in associazione mafiosa. Calunniato, oltraggiato, offeso, vilipeso, umiliato, sospeso dalla carica di Sindaco di Cosenza. Poi, però, venne assolto. Ma chi gli ha mai ridato tutti gli anni, tutti i mesi, i giorni trascorsi nell’angoscia, nel dubbio e nella disperazione? Aveva portato l’Autostrada del Sole passando per Cosenza fino a Reggio Calabria, si era battuto per portare a compimento la Paola-Cosenza, la Lamezia Terme- Catanzaro, le centinaia di strade nazionali e provinciali, l’aeroporto di Lamezia Terme, l’Università della Calabria. Ha evitato il sacco della Valle dei Templi in Agrigento. Ha donato agli ottomila comuni italiani un frigorifero per conservare il vaccino Sabin. Ha lottato per fare costruire e aprire nuovi ospedali in Calabria, ora chiusi o abbandonati. Quante battaglie ha dovuto combattere nella sua lunga vita di uomo politico impegnato e quanti nemici, i più cattivi nel suo stesso partito, ha dovuto affrontare. Questo ed altro ancora hanno voluto ricordare i tre relatori nell’incontro di venerdì scorso. Peccato che nell’incontro erano presenti pochi socialisti, forse quelli veri rimasti, quelli che continuano a guardare a Mancini con gratitudine e ammirazione, come ha scritto di recente Calabria-Live.

Francesco Gagliardi

Ex Vice Sindaco

di San Pietro in Amantea (C.S.)

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