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Redazione TirrenoNews

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Santi Cutroneo , PM della Procura di Vibo Valentia, ha chiesto il rinvio a giudizio di 7 indagati fra ex presidenti, dirigenti dell’ente, avvocati vibonesi e componenti delle commissioni esaminatrici di alcuni pubblici concorsi.

I reati a vario titolo contestati sono falso ideologico in atti pubblici ed abuso d’ufficio.

La richiesta di rinvio a giudizio interessa:

Gregorio Paglianiti, 52 anni, di San Calogero;

Giuseppe Preiti, 46 anni, di San Calogero, attuale presidente dell’Ordine dei geometri di Vibo; Sonia Lampasi, 37 anni, avvocato, di Vibo Valentia;

Daniela Lampasi, 37 anni, di Vibo, anche lei avvocato;

Gabriella De Marco, 40 anni, di Vibo Marina;

Donatella Garrì, 46 anni, avvocato, di Vibo Valentia;

Silvio Silvaggio, 60 anni, di Maierato.

Le investigazioni sono state condotte dai carabinieri della sezione di polizia giudiziaria della Procura, diretta dal luogotenente Stefano Marando e dal maresciallo Vincenzo Spadaro.

L’inchiesta riguarda alcuni concorsi sarebbero stati "pilotati" per favorire determinati candidati

ma sarebbero emerse irregolarità anche nelle stabilizzazioni

Si sono svolte regolarmente le prove orali del concorso per 6 posti di Vigile Urbano ad Amantea

Notevoli le sorprese.

In primis la ulteriore falcidia dei candidati che avevano lavorato alle dipendenze del comune.

Dopo la sorprendente esclusione allo scritto di Bossio Teresa, Africano Ornella, Aprilino Francesco, Faceto Giuseppina, Guido Rizzo Antonella, ecco agli orali anche quelle più sorprendenti, se non incredibili, di Perna Francesca Mafalda e di Valeriano Marilena.

Dei vecchi candidati, quindi, sono rimasti soltanto Amendola Andreas e Rizzo Francesco che sono vincitori del concorso

Ma ecco con beneficio di qualche errore la graduatoria finale ancora non pubblicata dal comune:

  1. 1)Amendola Andreas punti 71,85
  2. 2)Donadio Marilena punti 70,65
  3. 3)Rizzo Francesco punti 70,45
  4. 4)Montemagno Anna punti 67,70
  5. 5)Mendicino Rosario punti 66,00
  6. 6)Amantea Antonella punti 59,95
  7. 7)Morelli Francesco punti 56,80
  8. 8)Morelli Ersilia punti 55,05
  9. 9)Casalinuovo Davide punti 52,15
  10. 10)Zaccaria Antonio punti 50,95
  11. 11)Di Rende Maria Cinzia punti 49,95

C’è una storia che non conosciamo né vogliamo conoscere . C’è una storia che non ricordiamo o non vogliamo ricordare. E’ la nostra storia. Quella che la storia dei libri didattici o scolastici non riporta. Per fortuna c’è qualcuno che ogni tanto la ricorda. Eccovene un saggio

“Agosto di 150 anni fa, sì alla legge Pica sul brigantaggio. E fu il via alle norme speciali per il Sud

Tra un mese saranno 150 anni. L'Italia dell'eterna emergenza, l'Italia dei provvedimenti speciali cominciava proprio da lì, dalla legge Pica. Era il 15 agosto del 1863, quando il neonato Parlamento di Palazzo Carignano a Torino disse sì a quei nove articoli scritti per reprimere, con le maniere forti, la rivolta del brigantaggio nelle regioni meridionali.

Sì, la prima legge eccezionale del nostro Paese iniziò da tribunali militari, fucilazioni senza garanzie, controllo armato di sei regioni. Di proroga in proroga, con quelle norme si arrivò al 1865. Dopo lo stato d'assedio del 1862, approvato anche per frenare i colpi di coda dei garibaldini all'Aspromonte, fu di fatto una separazione giuridica dell'Italia.

Il Paese unito due anni prima veniva diviso sulla Costituzione: nel centro-nord osservanza delle garanzie costituzionali, al Sud lo Statuto albertino diventava carta straccia. A vantaggio del potere militare, che calpestava il principio del giudice naturale e mortificava il diritto alla difesa. A proporre la legge fu un deputato abruzzese: Giuseppe Pica.

Fu introdotto, per la prima volta, anche il termine di camorrista in una norma. Bastava un sospetto, una soffiata e si poteva essere esaminati da una commissione provinciale che poteva inviare il presunto camorrista al domicilio coatto. Camorristi in città, briganti nelle campagne.

Qualche anno fa, gli Archivi di Stato pubblicarono dei preziosi volumi con l'elenco di tutti i documenti conservati in Italia sul brigantaggio post-unitario. Una mole enorme di fonti che forniscono un quadro drammatico delle lacrime e sangue di quegli anni nel Mezzogiorno d'Italia.

Commissioni provinciali, tribunali speciali, udienze rapide. Solo fino al 1864, i tribunali militari affrontarono 3616 processi con 9290 imputati. E il generale Alfonso La Marmora, prefetto e comandante militare a Napoli, sul periodo che aveva preceduto la legge dichiarò: "Da maggio 1861 a febbraio 1863 abbiamo ucciso o fucilato 7151 briganti".

Mano pesante. Repressione, nel Far West a Sud dell'Italia. La legge che violava lo Statuto se la rideva sull'eguaglianza dei cittadini italiani: quelli del centro-nord erano più uguali degli altri.

Dalla legge Pica si è arrivati alle leggi straordinarie in materia economica, poi a quelle sulla criminalità organizzata. Scrisse Aurelio Saffi, garibaldino e componente della commissione d'inchiesta sul brigantaggio, alla moglie: "La natura del brigantaggio è essenzialmente sociale e, per accidente, politica. La causa radicale e permanente è la misera condizione de' braccianti lavoratori delle campagne e de' pastori" Da le CONTROSTORIE di Gigi Di Fiore

 

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