5 marzo 2018, il giorno dopo il voto. Ieri il popolo italiano si è recato alle urne e ha votato. Dalle urne è uscito un risultato clamoroso e sconcertante: Movimento 5 Stelle primo partito; Il centro destra è la prima coalizione ma lontano dalla maggioranza; il Pd è stato sconfitto ovunque; scompaiono le regione rosse; Casini, il vecchio democristiano, batte Errani, il vecchio comunista, nella rossa Bologna; flop del Presidente del Senato Sen. Grasso e del Presidente della Camera On. Boldrini; la sconfitta del Pd è la peggiore della storia dal 1948 in poi; Nani e ballerini sonoramente sconfitti, pochi i sopravvissuti; Nencini e Lorenzin ottengono un seggio alla Camera dei Deputati malgrado le loro liste siano giunte sotto l’1%; a Cosenza per il candidato Mancini è un flop madornale, è una debacle che lascerà degli strascichi. Dopo una sconfitta del genere molti dirigenti dovranno mettersi da parte. I banderuoli, i voltagabbana questa volta sono stati emarginati dagli elettori. Il vento gelido del Nord si è abbattuto sull’Italia e ha rovinato i piani di Renzi e Berlusconi. Il Pd è sceso al di sotto del 20 % e Forza Italia è stata superata per la prima volta dalla Lega. Nell’Italia meridionale e nella nostra Calabria e principalmente a Cosenza dove appena un anno fa vide la trionfale vittoria del Sindaco Occhiuto un vento caldo ha spazzato il cielo coperto di nuvole che minacciavano neve, pioggia e grandine. La vittoria del Movimento 5 Stelle va al di là delle più rosee previsioni. Per Renzi, Grasso, D’Alema, Boldrini, Fedeli, Franceschini, Pinotti, Serracchiani, Minniti e per i calabresi Magorno e Santelli è stato un 25 luglio quando in quel giorno funesto cadde il Cav. Mussolini. Quasi tutti i sondaggi li davano perdenti, ma non si aspettavano un crollo così cruento. L’esito delle urne è stato questa volta inequivocabile, tanto è vero che i maggiori dirigenti del Pd hanno accettato la sonora batosta. Il Partito di Renzi che nelle ultime elezioni europee aveva raggiunto il 40% dei voti ora si deve accontentare di appena il 19%. Ora se vuole sopravvivere deve prendere iniziative importanti e fare mea culpa per gli errori commessi per le composizioni delle liste e per la campagna elettorale sbagliata. La prima cosa da fare è dimettersi per davvero. Quella di ieri sera è solo una farsa e per guadagnare tempo. Arrivati a questo punto mi corre l’obbligo di fare alcune considerazioni. Non crolla l’affluenza alle urne come si era paventato. La campagna denigratoria non ha dato i frutti sperati. Rispolverare l’antifascismo e l’antiberlusconismo non ha pagato. La collaborazione con i radicali di Emma Bonino e con i centristi fuoriusciti da Forza Italia è stata un flop. Il flop dei nanetti e dei ballerini è evidente. Gli elettori non hanno creduto alle promesse fatte ancora una volta da Berlusconi. La flat tax non è stata vincente. Le mance elargite dai Governi di centro sinistra non sono servite a niente.
Ho seguito lo spoglio elettorale con attenzione, ad un certo punto verso le 4 del mattino mi sono addormentato e ho fatto un cattivo e nello stesso tempo un bel sogno. Mi sono trovato in un Postale della ditta Santelli di Cosenza insieme alla mia cara mamma che mi portava a Cosenza dal dott. Misasi per una visita medica che allora era un luminare nella cura delle malattie dei bambini. Mamma mi teneva stretta fra le sue braccia ed io che avevo preso il Postale per la prima volta ero felicissimo. Attraversammo montagne, paesi, villaggi e dopo tre ore di viaggio arrivammo in Piazza Riforma. Le carrozzelle tirate dai cavalli attirarono la mia attenzione. C’era il fascismo e molte persone indossavano camicie nere e lunghi stivaloni neri. Mia madre una gonnella con il famoso “sinale” e un corpetto, era una donna rurale. Ma questa donna rurale con un bel gesto sottobanco ( aveva dato una soppressata al bigliettaio Ricuzzo) aveva trovato per lei e per me un posto a sedere mentre una donna fascista era rimasta a terra. Un trillo del campanello mi svegliò di soprassalto e mi affacciai dal balcone di casa credendo di vedere soldati in marcia, giovani in camicia nera che cantavano “Fascetta nera”, ragazzi con una grande M sul petto schiamazzare per le vie cittadine con le bandiere del Fascio. Non vidi nulla del genere, solo qualche macchina e qualche donna che depositava i sacchetti della spazzatura davanti i portoni di casa. E il fascismo? Ma quale Fascismo! E’ stata una invenzione dei soliti sfascia carrozze che non avendo altro da fare scendono in piazza cantando Bella ciao, rovesciando i cassonetti della spazzatura, assaltando banche e negozi, bruciando macchine e insultando le Forze dell’Ordine. Il fascismo è morto e seppellito per sempre da oltre 70 anni. Ieri ha vinto la democrazia. Lei, caro Direttore, cosa ne pensa di queste elezioni?
Elezioni, il crollo del Pd e di Matteo Renzi è al centro della satira del web.
Con lui anche la Boldrini e Fedeli nel mirino per aver perso la sfida uninominale.
Il popolo del web non perdona.
“Fa sorridere un fotomontaggio della Pietà di Donatello, dove si vede un morente Renzi sorretto da Maria Elena Boschi.
Entrambi si ritroveranno al Parlamento, ma da sconfitti.
E che dire del leader del Pd con la valigia in mano mentre, in fiorentino, si lascia scappare: "Maremma maiala si torna a casa".
Più fine invece la foto che ritrae il segretario dem a fianco di un enorme "Ciao", il noto motorino diventato per l'occasione un "ciaone".
E sempre Renzi è il protagonista di un altro fotomontaggio, dove l'ex premier viene ritratto come se fosse un senzatetto che chiede l'elemosina, cartello in mano e volto rattristato.
Sul cartello un messaggio: "Cerco lavoro, no voucher, no jobs act".
Per Valeria Fedeli, invece, un richiamo a quell'errore diventato ormai famoso: "Pensavo che andava più meglio", si legge in un fotomontaggio che si fa beffe dell'ex ministro dell'istruzione.
Chiaro richiamo alle due politiche sul lavoro emanate dal governo guidato dallo stesso (ex) sindaco di Firenze.
Ma la satira su web si è scatenata anche sulla Boldrini e su Luigi di Maio.
La prima, sconfitta nel suo collegio uninominale, è stata più volte vittima dell'ironia della Rete, in alcuni casi anche in maniera aggressiva.
Su Di Maio, invece, gli utenti giocano sulla poca esperienza di governo.
In un "meme" apparso su Facebook si vede il candidato premier del M5S mentre fa una ricerca su google: "Cosa fa il presidente del consiglio".
Ma davvero tutta la colpa è di Renzi?
Chi si ricorda del giovane e rampante sindaco di Firenze, quello che sfidava la vecchia politica, deciso a farne una volta per tutte tabula rasa?
Colui che doveva chiudere definitivamente con la seconda repubblica e accompagnarci nella terza?
Quel giovane di belle speranze che dalla sua Leopolda tuonava contro i vecchi colonnelli della politica, quell’audace ragazzo che, in un’Italia nauseata dagli scandali di un berlusconismo ormai al tramonto, prometteva di demolire a picconate i vecchi schemi del gioco politico semplicemente non c’è più.
Renzi si è infilato in un cul de sac che ha usato l’arma delle parole e dei selfie ed oggi, una volta che si è adagiato sui morbidi e comodi divanetti dei salotti del potere, lo troviamo stanco, fiacco, imbolsito, imborghesito,
teorico predicatore del bene, bulletto che non accetta alcuna critica al suo operato, faraonico di amici e auto.
Non esce più in bicicletta.
Oggi tutti gli danno addosso, tutti lo accusano di aver distrutto il PD mentre, invece, ne ha semplicemente mostrato i veri e profondi limiti , trovati i quali, forse, non può che rinascere.
Ma senza di lui, oramai bruciato.
Venerdì 2 febbraio, alle ore 19.00, nella sala convegni del Mediterraneo Palace Hotel si terrà la presentazione delle candidature dei Capilista ed ai collegi uninominali del Partito Democratico. L’iniziativa sarà introdotta dal Segretario del locale Circolo PD Enzo Giacco e prevede gli interventi dei candidati
Enza Bruno Bossio,
Ernesto Magorno,
Capilista alla Camera ed al Senato
Sonia Ferrari,
Luigi Incarnato
Candidati ai collegi uninominali
e del Presidente della Provincia di Cosenza
Franco Iacucci.
L’incontro - al quale parteciperanno Segretari di Circolo, Dirigenti provinciali e regionali PD, Sindaci ed amministratori del Comprensorio – sarà utile anche per fare il punto riguardo alle istanze provenienti dal territorio che dovranno rappresentare un impegno delle future azioni di governo.
Proprio a tal riguardo, ci teniamo a sottolineare come la credibilità delle liste del Partito Democratico sia testimoniata - oltre che dalle competenze, dall’esperienza e dalle sensibilità messe in campo – dal valore rappresentato dal forte radicamento territoriale che i candidati del PD esprimono.
È indubbio, infatti, che la traduzione dei problemi in politiche per la loro soluzione passi da una profonda conoscenza dei luoghi, dei contesti e delle criticità che questi esprimono.
E riteniamo che in questo senso il Partito Democratico nella selezione della classe dirigente abbia lavorato nel verso giusto.
L’invito è a tutti i cittadini del Comprensorio di partecipare.
Circoli PD Comprensorio Amantea
Ho ricevuto una lettera indirizzata alla Redazione Tirreno News( vedi foto).
Non so chi me la abbia inviata ma non posso non ringraziarlo o ringraziarla
Si tratta di una misteriosa nota che l’esecutivo del PD ha realmente inviato al sindaco
La nota è datata 10 gennaio.
La lettera inviataci da Lamezia terme , invece, porta la data del 26 gennaio.
Una lettera di cui sa, anche, una parte( almeno) della minoranza.
Ma quello che sorprende non è tanto il mistero sulla veridicità della riunione dell’esecutivo, quanto il contenuto della nota.
Eccovelo
Caro Sindaco( un caro di prammatica, è da ritenere) , sono passati 7 mesi dall’insediamento dell’amministrazione.
Abbiamo creduto, e crediamo, che la proposta politico-amministrativa messa in campo possa realmente traghettare Amantea fuori dal difficile periodo che sta vivendo( che avranno voluto dire?).
Quelli trascorsi sono stati mesi utili ad individuare le criticità ed a ricondurle in un quadro di priorità e dovrebbero essere stati sufficienti all’amministrazione per assestarsi ed indirizzare l’attività di governo verso la normalità (?)
Tuttavia notiamo il persistere di elementi di difficoltà al netto ovviamente di quelli strutturali, quali ad esempio il dissesto ereditato( esempio di classico ed intraducibile di vocabolario politichese)
Abbiamo difficoltà a comprendere le sortite- alcune davvero pretestuose e strumentali- provenienti dall’interno della maggioranza e che, non solo, mettono in imbarazzo la squadra di governo, ma producono tensioni e ritardi che Amantea non può più sopportare. ( a chi si riferiscono? Solo a Robert? Riteniamo di no, e non solo perché Robert ha comunque affermato che è sempre nella Giunta Pizzino, ma perché in fondo il consigliere Aloisio non può rappresentare un pericolo per la maggioranza. Ci deve essere altro! Vedremo più avanti)
Ci sono inoltre tematiche che necessitano di maggiore coraggio e determinazione: ci riferiamo, innanzitutto, ai servizi essenziali ed ai relativi risvolti occupazionali. ( ecco che comincia ad uscire una prima verità!)
In questo quadro è necessario rivitalizzare il rapporto con l’apparato comunale : la volontà politica, infatti, diventa di difficile attuazione senza una burocrazia al servizio delle politiche e del cittadino.( Possibile che il PD invochi la burocrazia quale strumento per la politica? Ma sta cambiando il mondo?)
Ma prima ( prima di che?) è fondamentale dare uno scossone(!!!!), riaccendere le motivazioni( perché sono spente?), rilanciare l’azione di governo della città( perché è ferma ?); ciò significa, da un lato, non consentire a nessuno, con le proprie azioni di minare la tenuta della nostra squadra( a chi si riferiscono?)- che va tutelata assumendo decisioni sofferte ( si tratta di decisioni che il PD ha pienamente valutato e che evidentemente si riferiscono ad amministratori non iscritti al PD stesso. Il PD se ci si riferisse ad amministratori iscritti al partito sarebbe stato obbligato a chiarire al suo interno ed a suggerire i rimedi, in applicazione dell’antico detto che – i panni sporchi si lavano in famiglia!) - e, dall’altro, ripensare l’esecutivo nell’ambito del quale il partito democratico è pronto ad assumere fin da subito responsabilità diretta( Ed ecco cosa vuole il PD! Ma ripensare in che modo? Cambiando le deleghe o cambiando gli assessori? Il vero problema sembra questo. Ma quanti sono gli amministratori già iscritti al PD? Almeno tre, ci sembra: VELTRI Concetta , FERRARO Luca, PATI Emma. Fuori dl PD, invece, ci sembra, solo, IANNO PALARCHIO Andrea e POLICICCHIO Francesca. Sono loro che dovrebbero essere cambiati? E se si, a favore di chi?)
La presente rappresenta una riservata, nell’ottìca di una dialettica sincera e diretta tra il partito democratico ed il sindaco della città
Amantea 19 gennaio 2018 Esecutivo PD
Paola, Paola, per Cosenza, Sibari, Metaponto si cambia! Così sentivamo nella stazione di Paola appena era arrivato un treno.
PD, PD , per le prossime elezioni del 4 marzo si cambia! Così leggiamo sul Messaggero di stamattina
“Pd, liste approvate, ma minoranza non vota, Renzi: «Scelta devastante, ma ora squadra più forte»
La direzione del Partito democratico ha approvato verso le 4 del mattino le liste per le prossime elezioni politiche. Andrea Orlando aveva chiesto un'ora di tempo per valutare i nomi ma la richiesta è stata respinta e gli esponenti delle minoranze che fanno capo a Orlando, Gianni Cuperlo e Michele Emiliano hanno lasciato la direzione in dissenso.
Lo strappo della minoranza Pd in realtà era arrivato, nei fatti, due ore prima, dopo che nella giornata di venerdì l'orario di inizio della direzione era slittato di ora in ora fino all'apertura alle 23. Altre discussioni ad alta tensione, poi le minoranze Dem se ne vanno perché non c'è l'accordo sulla composizione delle liste.
«Dopo ore di attesa e una successione di rinvii sull'inizio della direzione che deve licenziare le liste per le elezioni del 4 marzo non abbiamo ricevuto alcun elenco e, da diverse ore, informazioni di merito sulla proposta che verrà sottoposta al vaglio della direzione. Con tutta la buona volontà che crediamo sia necessaria in un passaggio così importante e delicato è necessario consentire a tutto il partito e alle sue diverse componenti una valutazione serena di una proposta che la lunga gestazione si conferma nella sua complessità. Nessun rallentamento è in questo senso imputabile alle minoranze e da parte nostra vorremmo solo favorire uno svolgimento ordinato e unitario per un lavoro dal quale dipende in buona misura il successo del Pd e della coalizione». Hanno affermato in una nota congiunta Andrea Orlando, Gianni Cuperlo e Michele Emiliano.
Il Pd esce più debole da questa nottata, dopo la spaccatura sulle liste? «No, il Pd deve vincere e combatterà qualunque sia la decisione presa. Ma riteniamo che il modo scelto non sia giusto», ha chiuso Orlando.
Un momento durissimo per Renzi, candidato nel collegio uninominale di Firenze al Senato e in due listini plurinominali, in Campania e Umbria: «Questa è una delle esperienze peggiori, una delle esperienze più devastanti dal punto di vista personale. Il lavoro che abbiamo fatto sulle liste ci ha visto mettere il cuore e questo vuol dire conoscere l'amarezza per chi è rimasto fuori. Da domani mattina (oggi, ndr) dobbiamo fare una grande battaglia perché la squadra avversaria è impegnativa e forte ma meno forte di noi», ha detto Renzi in direzione Pd. «Abbiamo scelto pochi innesti esterni nelle liste», aggiunge. Se noi prendiamo 2-3 punti e ci avviciniamo al 30% ci sono decine di seggi che diventano da contendibili a vinti».
«Il passaggio della composizione delle liste è sempre difficile. La legge elettorale ha degli effetti positivi, ma la decisione delle liste è un meccanismo veramente complicato. Dopo 48 ore di lavoro o più dico che altri sistemi elettorali permettevano scelte più semplici - aggiunge - Tuttavia è un lavoro che abbiamo fatto con grande responsabilità. C'è un sentimento molto contrastante nel cuore di tutti di noi e nel mio perché agli occhi esterni è evidente lo spazio di possibilità che si apre. Mai come in questo momento, c'è un'occasione straordinaria che torna a bussare alle nostre porte. Le divisioni che avevamo immaginato nel centrodestra stanno diventando realtà e questo è un segno positivo per la nostra campagna elettorale, fotografato anche da alcuni dati di recupero dei sondaggi. Migliaia di persone si stanno avvicinando. Dall'altro però il passaggio della formazione delle liste è particolarmente difficile, come sempre».
Che sarebbe stata una lunga notte si era capito quando Renzi aveva detto, verso mezzanotte, «le liste non troveranno la totale condivisione, ma è giusto che un'assemblea democratica possa dare la propria valutazione». Matteo Orfini aveva poi aggiunto: «il lavoro sulle liste è sostanzialmente finito». Al Nazereno nel frattempo era arrivato anche Il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni. Presente anche il titolare dell'Interno Marco Minniti.
Renzi aveva incontrato nella notte tra giovedì e venerdì al Nazareno prima Orlando, poi Michele Emiliano. S'era andato avanti fino alle 4 del mattino. A Orlando vengono offerti una quindicina di seggi sicuri, al governatore pugliese sei o sette. «Un massacro», sintetizzano al mattino dalla minoranza. La lista che il segretario mette sul tavolo non solo lascia fuori più della metà degli attuali parlamentari, ma viene vissuta dagli orlandiani anche come un «inaccettabile» tentativo (Lorenzo Guerini smentisce) di imporre nomi di secondo piano invece dei «big» orlandiani come l'ex ministro Cesare Damiano, il coordinatore di Dems Andrea Martella, il capo di Retedem Sergio Lo Giudice, il Socialdem Marco Di Lello. È un tentativo, sospettano i parlamentari vicini al ministro, di indebolire fin d'ora la minoranza Pd nei gruppi. L'offerta viene rispedita al mittente.
Trascorrono la giornata al Nazareno anche Dario Franceschini, Graziano Delrio, Maria Elena Boschi, candidata a Bolzano anche se la presentazione slitta. L'ex segretario Svp Siegfried Brugger, esprimendo un malcontento tra i locali, definisce un «errore capitale» mandare Boschi nella Bassa Atesina. Ma al Nazareno non si registrano tentennamenti: non si cambia.
Nel pomeriggio fa di nuovo ingresso al Nazareno Orlando: si ferma tre ore ma Renzi fa smentire di averlo incontrato. È uno dei termometri del clima di tensione, oltre ai telefoni spenti e il via vai dal Nazareno. «Collegi sicuri vengono spacciati per incerti e viceversa, per scoraggiare o incoraggiare a seconda della necessità», racconta un dirigente di minoranza. «Nessuno psicodramma, stiamo cercando il giusto mix di esperienza, ricambio e rappresentatività dei territori», dice il renziano Andrea Marcucci. Entrano in campo i pontieri, per un'intesa. Si spostano caselle e nomi (gli orlandiani potrebbero salire a 20), per non rompere. Renzi trascorre la giornata nel suo ufficio, cui hanno accesso pochi fedelissimi come Lotti, Rosato, Martina.
Anche tra le truppe renziane, però, si raccontano ore «da psicoanalisi». Perché si dovrà tagliare. E ogni nuovo ingresso (sarà in lista il condirettore di Repubblica Tommaso Cerno) è una nuova esclusione. Tra gli alleati Beatrice Lorenzin avverte che Civica popolare potrebbe uscire dall'alleanza: lei sarà candidata alla Camera nel collegio di Modena, mentre Valeria Fedeli sarà candidata al Senato nel collegio di Pisa. Emma Bonino in corsa per il Senato a Roma.
Anche Insieme e +Europa tengono alta la guardia. Roberto Giachetti decide di liberare un posto candidandosi solo all'uninominale, «senza il paracadute del proporzionale», ma sceglie un collegio già destinato a Riccardo Magi. Gli orlandiani genovesi si autoconvocano contro la candidatura di Raffaella Paita”.
E’ cominciata da poco la Direzione del PD che deve definire le liste per le prossime elezioni
«Tutti i sondaggi ci danno perdenti in Calabria» ha detto Renzi.
Una consapevolezza tardiva , forse.
Ma il potere non si lascia. MAI.
Potrebbe costare caro, in Calabria in particolare, restare senza potere .
Si potrebbe finire in mani sbagliate.
Per esempio quelle di chi pretenderà il rispetto degli impegni assunti.
E poi non dimentichiamo che in Calabria c’è ancora Gratteri.
Ed è da Roma che arriverà la sentenza
Un elenco di chi sarà destinato alla esclusione , visto che si è autoescluso coma la Lo Moro
Di vita, in un posto protetto e con una elezione garantita
Do possibile vita se almeno posto in lista
di vita o di morte arriverà nel tardo pomeriggio. I colonnelli del Pd calabrese in trasferta a Roma dovranno rimanere in attesa ancora per diverse ore. La Direzione nazionale che, su proposta di Matteo Renzi, dovrà ratificare le candidature regione per regione, è stata posticipata alle ore 16 a causa del mancato accordo con le minoranze interne. L’ex premier e la commissione per le candidature (si sono riuniti in conclave al Nazareno fino a notte fonda con Orlando ed Emiliano, senza però riuscire a trovare una soluzione che vada bene a tutti e scongiuri disimpegni da parte degli scontenti.
La proposta della segreteria (Lotti, Guerini, Martina e Fassino), è stata giudicata insufficiente dalla minoranza, prevedendo una quindicina di seggi sicuri per Orlando e di 6 per Emiliano.
Ed allora la calabria è salita a Rome in forze( si fa per dire)
Nella capitale ci sono, tra gli altri, Ernesto Magorno, Mario Oliverio, Nicola Adamo, Antonio Scalzo, Vincenzo Ciconte e Nicola Irto.
Poco il nuovo!
E tutti aspettano il responso finale, ben consapevole che Renzi, stavolta, potrebbe davvero dare una svolta nel segno dello svecchiamento della classe dirigente.
Una nomenclatura di partito che non è riuscita a dare risposte elettorali soddisfacenti nel corso degli ultimi anni (si pensi, ad esempio, al referendum costituzionale).
«Tutti i sondaggi ci danno perdenti in Calabria, a questo punto mi gioco la carta del rinnovamento», avrebbe confidato l’ex premier ai suoi.
Per i notabili dem, per tutti gli aspiranti parlamentari, sono quindi ore di passione, perché il rischio che ci siano esclusioni eccellenti è più forte che mai.
D’altronde, dal Nazareno trapelano i profili di possibili candidati in Calabria: sindacalisti, esponenti del mondo cattolico e della sanità, imprenditori in prima linea contro la mafia, rappresentanti del volontariato.
Nella serata di ieri Magorno ha presentato l’elenco delle proposte della segreteria regionale.
Renzi ne terrà certamente conto, ma alla fine sarà lui e solamente lui a decidere la composizione di tutte le liste.
Non resta che aspettare.
Finalmente una buona notizia dal PD.
Sapete che Occhiuto ha attuato la ZTL
Ed in pochissimo tempo sono state elevate circa 40 mila multe
Una enormità
Segno evidente che o i cosentini se ne fottono del codice della strada o che la ZTL è assurda
E proprio ieri in un incontro con la stampa e diversi cittadini sui temi della città i consiglieri del PD hanno sfruttato, uno su tutti, il tema della pioggia di multe per la Ztl.
«In queste ore si stanno inviando ai cittadini le multe per il passaggio ai varchi della Ztl».
Il capogruppo del Pd Damiano Covelli parla di 40mila sanzioni: «In commissione all’unanimità avevamo votato di sospendere l’efficacia dei varchi ma non se n’è fatto nulla».
Tra gli altri c’erano oltre a Damiano Covelli, Guccione , Alessandra Mauro e Guglielmelli.
Registriamo questa posizione chiedendoci se si tratta di una posizione politica o personale di presenti.
Dopo il nostro pezzo sulla spoliazione del poliambulatorio ecco che la Politica più attenta e saggia interviene
Lo fa l’amministrazione comunale con questa nota : Necessaria una accelerazione verso la realizzazione della Casa della Salute
Carissime cittadine e carissimi cittadini,
negli ultimi due anni sono state diverse le occasioni in cui i cittadini, la società civile, la politica, le istituzioni sono state costrette ad intervenire a difesa del Poliambulatorio di Amantea.
Tante, troppe le occasioni in cui si è tentato di depotenziarlo.
L’approvazione dell’Atto Aziendale e la previsione dell’evoluzione del Poliambulatorio in Casa della Salute è stata di sicuro la risposta che tutto il Comprensorio attendeva.
Da qui bisogna ripartire, senza commettere l’errore di entrare in competizione con altre realtà. Il diritto alle cure dei cittadini non deve scadere in logiche di campanile, bensì riguarda tutti.
Riteniamo che sia arrivato il momento di accelerare l’iter di realizzazione della Casa della Salute di Amantea. Siamo certi che è interesse comune far sentire più sicuri i cittadini del nostro Comprensorio, un obiettivo che oggi abbiamo l’opportunità di realizzare attraverso l’evoluzione del Poliambulatorio.
Chiediamo ai vertici dell’Azienda Sanitaria il rispetto degli impegni scritti nell’Atto Aziendale. Come Amministrazione porremo in essere tutte le azioni necessarie per far si che ciò avvenga il prima possibile.
Con i più cari saluti
Il Sindaco Mario Pizzino
Il Portavoce dell’Amministrazione Enzo Giacco
E, nel contempo, lo fa anche il PD con questa nota : Aprire un tavolo di discussione per avviare la realizzazione della Casa della Salute
L’approvazione dell’Atto Aziendale che contiene la programmazione della Casa della Salute di Amantea rappresenta uno straordinario passo in avanti nel percorso che dovrà portare ad un innalzamento della qualità del sistema di cure nel Comprensorio.
Un sistema socio-sanitario e socio-assistenziale di qualità rappresenta un diritto per tutti i cittadini- Per questo motivo, come Partito Democratico abbiamo sempre ribadito che l’evoluzione del Poliambulatorio rappresenta una risposta dovuta rispetto ai troppi attacchi che la nostra struttura sanitaria di riferimento ha subito negli ultimi anni. Per le medesime ragioni abbiamo aderito e dato il nostro contributo nel movimento di lotta a salvaguardia del Poliambulatorio.
Oggi non ci sono più alibi.
È necessario che l’Azienda Sanitaria in primis promuova una accelerazione del percorso che dovrà portare alla realizzazione di questo importante presidio sanitario.
A tal riguardo chiediamo l’apertura di un tavolo discussione per discuterne quanto prima.
Enzo Giacco Segretario PD Amantea
NdR Bene! Ma forse ci vuole di più, ci vuole la mobilitazione come avvenuto oggi a Polistena e prima in tanti altri luoghi. Amantea deve essere difesa, ANCHE, dagli amanteani.
Il Senatore Pietro Grasso nonché Presidente del Senato della Repubblica della XVII Legislatura spara a zero contro il suo partito, il Partito Democratico di Renzi e Gentiloni per intenderci, e dice che se lui non avesse ricoperto la seconda carica dello Stato, cioè la Presidenza del Senato, non avrebbe votato la nuova legge elettorale né tantomeno data la fiducia al Governo Gentiloni.
Politicamente e umanamente la misura è colma e abbandona, perciò, il partito che lo ha fatto eleggere Senatore e poi Presidente del Senato con l’aiutino di una quindicina di Senatori del Movimento 5 Stelle.
E dove è andato a finire?
Nel Gruppo Misto, rifugio di tutti i voltagabbana.
Ma poiché la misura era colma e l’ennesima fiducia del Governo Gentiloni è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, perché non si è dimesso prima della votazione anche da Presidente del Senato?
Gli fa comodo restare nella comodissima poltrona che occupa non per meriti propri.
Ma chi lo ha messo in quel posto così prestigioso?
Posto occupato prima di lui da uomini politici davvero in gamba e molto preparati, onore e vanto dell’Italia repubblicana: Paratore, Merzagora, Bonomi, De Nicola, Malagodi, Fanfani, Spadolini, Cossiga.
Il Partito Democratico naturalmente.
E ora, a pochi mesi dallo scioglimento delle Camere, Grasso sbatte la porta in faccia al PD e abbandona i suoi amici fedeli e sputa nel piatto dove fino ad ieri ha lautamente mangiato.
Bella riconoscenza.
Bella ricompensa.
Ben gli sta al Pd e ai suoi dirigenti.
Lo hanno imbarcato per opportunismo ed ora se ne va.
Ma forse ha capito qualcosa.
Con molta probabilità Renzi non lo avrebbe ricandidato senatore alle prossime elezioni politiche e allora lui, molto lungimirante, cercherà di accasarsi con la sinistra per ottenere ancora un’altra volta un posticino al Senato.
Benvenuto fra di noi, esultano Bersani, D’Alema e Co.
O forse avendo avuto la sensazione che il suo partito alle prossime elezioni politiche avrebbe potuto prendere una sonora batosta ora scappa come un topo dalla nave che affonda.
I voltagabbana, i traditori, non si trovano soltanto nel partito di Berlusconi, ma albergano anche in altri partiti politici.
Grasso, però, insisto, avrebbe fatto più bella figura se si fosse dimesso almeno da Presidente del Senato.
Ma in Italia, purtroppo, i nostri Parlamentarti e i nostri governanti non conoscono la parola “Dimissioni”.
La aborriscono.
La danno soltanto i grandi e veri uomini.
Perciò le motivazioni della scelta del Presidente Grasso di lasciare il gruppo Pd non mi hanno convinto.
E’ contro il voto di fiducia?
Ma quanti voti di fiducia abbiamo avuto in Parlamento con Monti, Letta, Renzi e Gentiloni?
Tantissimi.
Perché è stato zitto fino ad ieri?
Per convenienza?
Ma non era lui che ogni giorno ci ha rotto i timpani per non dire una mala parola quando se la prendeva con quelli che cambiavano casacca e che intendeva riformare i regolamenti?
Certo che era lui.
Appresa la notizia delle sue dimissioni dal partito mi sono messo a piangere.
Grave perdita di un uomo che ha fatto tanto per l’Italia e per la nostra Calabria.
Stasera inizierò lo sciopero della fame e della sete per questa notizia davvero devastante.
Fuori il Senatore Pietro Grasso dalla maggioranza parlamentare che appoggiava il Governo Gentiloni e dentro il Senatore Denis Verdini, il fuoriuscito dal partito di Berlusconi.
E tutto alla luce del sole e nello stesso tempo.
Bella conquista parlamentare!
Andiamo proprio bene.
Riceviamo e pubblichiamo:
Dal sito di Gefira - l’organizzazione che per prima ha mostrato attraverso la piattaforma Marine Traffic la frequenza con la quale le navi delle Ong entrano fin nelle acque libiche per raccogliere i migranti - una densa intervista a Gianadrea Gaiani, direttore di Analisi Difesa ed autorevole esperto di questioni strategiche e militari.
Gaiani parla senza reticenze della "stretta" del governo italiano sulle ONG e sulla questione migranti come di un tentativo di rassicurare gli italiani in fuga verso la destra, senza però voler fermare veramente gli sbarchi e rinunciare al business dei migranti e all'illusorio bacino di voti che arriverebbe dallo ius soli. La situazione in realtà sfugge al controllo, con i nostri partner europei definiti da Gaiani "i nostri peggiori nemici in Libia", e lo scenario che si prospetta sarà uno shock per gli europei occidentali imbottiti di multiculturalismo. L'unica speranza, dice Gaiani, è che Visegrad resista anche per noi.
Gianandrea Gaiani intervistato da Daniel Moscardi di Gefira, 23 Ottobre 2017
Gianandrea Gaiani è il direttore della autorevole rassegna online analisidifesa.it ed esperto sull'immigrazione. Collabora regolarmente con diversi giornali italiani ed è spesso presente su numerosi canali televisivi a proposito di immigrazione e sicurezza. È anche l'autore (insieme a Giancarlo Blangiardo e Giuseppe Valditara) del libro uscito di recente Immigrazione, tutto quello che dovremmo sapere.
Gefira ha ottenuto da Gianandrea Gaiani un'intervista esclusiva sulle sue opinioni circa gli ultimi sviluppi degli arrivi da Libia e Tunisia e sull'attuale approccio del governo italiano. Esplicito e tutt'altro che politicamente corretto, Gaiani coglie esattamente il punto del recente cambiamento di politica del governo italiano sul codice di condotta delle ONG, nonché sui risultati dell'Italia e sui cosiddetti "partner" in Libia.
GE - Che cosa ha causato la svolta della scorsa estate del governo italiano nel suo approccio verso le ONG e gli arrivi dalla Libia in generale?
GG - La risposta è abbastanza semplice. Il disastro del Partito Democratico, leader dell'attuale governo, alle elezioni amministrative di giugno, ha fatto scattare l'allarme, mostrando chiaramente che quando si tratta di immigrazione, molti elettori di centro-sinistra si orientano chiaramente a destra. Un rapido cambio di direzione era fortemente necessario, con l'ovvio intento di rassicurare gli italiani, sconcertati e allarmati, sul fatto che il governo è in grado di controllare la situazione.
GE - I numeri mostrano che gli arrivi sono diminuiti in misura significativa, ma niente di più. Siamo ancora molto lontani dai numeri pre-2011.
GG - Questo perché il governo, dall'altro lato, deve continuare a mostrarsi compiacente verso l'industria dell'immigrazione. È una rete che guadagna - e prospera - sui nuovi arrivati e questa galassia di organizzazioni NON è felice se gli arrivi si fermano completamente. E anche i loro voti sono fortemente necessari al governo attuale.
GE - Una rete costituita da chi?
GG - ONG, cooperative pro-migranti, tutti gli affari che ruotano intorno ai migranti e ultima, ma certamente non meno importante, l'onnipresente Caritas e le altre organizzazioni della Chiesa cattolica. Stiamo parlando di una torta enorme fatta di miliardi di euro e tutti ne vogliono una fetta.
GE - Qual è la situazione attuale in Libia?
GG - A settembre la città costiera di Sabratha è stata teatro di guerra tra diverse milizie per circa due settimane. Sui media mainstream non se ne è quasi parlato, ma abbiamo segnalazioni che i due gruppi che ora hanno il controllo della città hanno ricevuto "consulenze" da unità dell'esercito francese. Le due milizie sono Ghorfat Amaliyet e la Brigata Wadi, e si oppongono ai gruppi militari che operavano per conto di Al-Sarraj, che aveva attuato una partnership di cooperazione con l'Italia. L'Italia si era impegnata in un aiuto finanziario ai villaggi e ai comuni della zona sotto il controllo di Al-Sarraj, ma non in aiuti militari a gruppi armati di alcun tipo.
Secondo quanto riferito, dopo aver ottenuto il pieno controllo della città, le milizie hanno scoperto circa 7.000 migranti rinchiusi in vari edifici in tutta la città. Non è chiaro se le milizie ora al potere li lasceranno uscire dalla Libia verso l'Italia o li trasferiranno da qualche altra parte. Il problema è, a mio parere, che ci sono di mezzo i francesi e gli inglesi, in operazioni come queste.
GE - Cosa intendi con questo?
GG - Quello che voglio dire è che i francesi e gli inglesi sono ufficialmente i nostri "partner", ma in realtà stanno agendo in modo decisamente contrario agli interessi italiani in Libia. In effetti, lasciatemi dire abbastanza apertamente, Francia e Regno Unito sono attualmente i nostri peggiori nemici in Libia.
GE - Perché?
GG - Semplicemente continueranno ad operare, in modo più o meno segreto, per assicurarsi che l'Italia non abbia un ruolo guida in Libia. E' molto semplice. Dopo tutto, il Regno Unito, la Francia e gli Stati Uniti sapevano benissimo che la rimozione di Qaddafi nel 2011 era un colpo diretto ai numerosi interessi dell'Italia in Libia, dato il rafforzamento del governo italiano sotto Berlusconi.
GE - Quale coincidenza, aggiungeremmo, i recenti articoli tendenziosi di Le Monde e del Financial Times, che mostrano tutta questa "preoccupazione umanitaria" sulle condizioni dei migranti in Libia, ora "tenuti a bada" da (presumibilmente) milizie pagate dagli italiani ...
GG - Siamo pragmatici. In una situazione come quella in Libia adesso, o si inviano truppe, cosa che vedo piuttosto improbabile, o semplicemente si negozia con coloro che sono al comando, indipendentemente da chi siano. Se quelli al comando non sono esattamente i paladini dei diritti umani, così sia. Questo è ciò che dovrebbe fare a qualsiasi paese sovrano preoccupato delle sue frontiere. Non appena l'Italia cerca di riacquistare (un po') il controllo della situazione, nello spazio di una notte critici pieni di zelo - e di ipocrisia - esprimono le loro preoccupazioni per le "vergognose condizioni" dei migranti in Libia, pronti a puntare il dito sul colpevole, l'Italia.
GE - Può dirci qualcosa di più sul recente accordo firmato tra l'Italia e il Niger?
GG - Il Niger - uno dei paesi più poveri al mondo - ha chiesto all'Italia un aiuto logistico per essere più efficace nel pattugliare i propri confini e riuscire a ridurre il flusso dei sub-sahariani verso la Libia. È certamente una mossa positiva, ma difficilmente può fare una differenza sostanziale.
GE - Perché?
GG - Perché l'unica mossa efficace per fare davvero la differenza e ridurre significativamente gli arrivi è riportarli al punto di partenza. Se dovessero pagare ancora di più per rimettersi in mare verso l'Italia, con il rischio di essere deportati di nuovo, comincerebbero a pensare: "ma ne vale veramente la pena"?
GE - Come si fa a fare questo?
GG - Considerato il fatto incontrovertibile che quasi il 100% di quelli che sbarcano in Italia sono stranieri illegali, poiché NON scappano dalle guerre e dalle persecuzioni politiche, la Convenzione di Ginevra afferma chiaramente che NESSUN paese ha il dovere o l'obbligo di accogliere e dare assistenza agli immigrati che pagano delle organizzazioni criminali per attraversare diverse frontiere. Ora, è un dovere e un obbligo salvare gli esseri umani che si trovano in una situazione di pericolo in mare. Questo è il diritto marittimo e la Marina Militare italiana da sola è perfettamente in grado di adempiere a quel compito, senza alcuna farsa di «aiuto umanitario» da parte di queste ONG che sono lì per adempiere all'agenda "di qualcun altro", certamente non in nome del popolo italiano.
Ma, una volta salvate in mare, queste persone devono essere riportate al paese di partenza. Ora, questo può essere fatto nel modo più semplice e sicuro possibile. Se le condizioni dei "migranti" in quel paese di partenza non sono ottimali per i diritti umani o per il loro comfort, in questo caso abbiamo uno strumento efficace per frenare questa tendenza. La gente comincerà a tornare a casa, soprattutto dato che la maggior parte di loro non sono affatto poveri - per gli standard africani - e che nessuno a casa loro li minaccia.
GE - L'ultima domanda - in considerazione del dibattito in corso in Italia - riguarda la legge dello Ius Soli, cioè la legge che concederebbe la cittadinanza breve a molti nuovi immigrati.
GG: Sarà il colpo finale alla nostra società come la conosciamo oggi. Coloro che sono favorevoli a questa legge stanno abbastanza attenti a non menzionare la situazione allarmante dei paesi dell'Europa occidentale. Non dicono al pubblico che dalla Francia alla Svezia, per non parlare di altri paesi, ci sono aree, le cosiddette zone inaccessibili, che sono praticamente off limits per le forze dell'ordine, in quanto le comunità musulmane hanno dichiarato quelle aree sotto il loro controllo. In Italia ancora non ci sono. Ormai tutti sanno che la sinistra in Italia sta spingendo forte per l'approvazione di questa legge, perché pensano che, una volta naturalizzato, un immigrato voterà per quei partiti che gli hanno dato la cittadinanza. Ma con queste speranze si dimostrano ingenui, e anche stupidi.
GE - Perché dice questo?
GG - Perché, non appena diventeranno cittadini, formeranno un partito islamico, con tutte le relative conseguenze. Ora un cittadino straniero sospettato di legami o simpatie per i gruppi terroristici può essere espulso dall'Italia, anche se risiede qui legalmente. Quando diventano cittadini italiani dove saranno espulsi? Il punto centrale del problema sta nel massiccio lavaggio del cervello a cui siamo stati sottoposti in Europa occidentale sulle "società multiculturali". I musulmani non sono affatto interessati al "multiculturalismo". Vogliono il loro modello, i loro valori, in breve che la loro società prevalga e si imponga sulle altre. Quando l'italiano medio se ne renderà conto, sarà troppo tardi.
GE - Qualche messaggio di speranza alla fine di questa intervista?
GG - Spero nei paesi della Mitteleuropa, come l'Ungheria, la Slovacchia, la Repubblica ceca e ora l'Austria. Stanno difendendo le loro società, i loro cittadini e i loro valori da questo lavaggio del cervello indotto che in Europa occidentale ci ha già sopraffatti. In effetti, attualmente essi rappresentano l'ultima difesa della nostra civiltà. Spero solo che loro - in realtà tutti i paesi del gruppo Visegrad - resistano all'incredibile pressione delle forze esterne
di Carmenthesister