La grande avventura, iniziata nel XVIII secolo, di una civiltà universale armonizzata da un ragionevole auto-interesse, dal commercio, lusso, arte e scienza - l'Illuminismo forgiato da Voltaire, Montesquieu, Adam Smith, e altri - sembra aver raggiunto un turbolento anticlimax di un mondo che si rivolta contro la modernità cosmopolita.
Si tratta della realtà del mondo in cui viviamo. Una società che dovrebbe riprendere con rinnovato vigore il controllo del proprio pensiero, dove scuole e università dovrebbero essere pronte anche a corsi di meditazione e diventare istituzioni dove non dovrebbe esserci più spazio per insegnare pensieri ma modi di pensare, nonché la possibilità di riconoscere, nell’epoca dei motori di ricerca, il valore della domanda giusta.
Sono alcuni anni che seguo con molto interesse gli scritti di Nick Bostrom, professore di filosofia a Oxford, sulla pericolosità della nuova tecnologia e le possibili minacce esistenziali per l’umanità ed è favorevole al cosiddetto potenziamento umano e all'automiglioramento della specie umana attraverso un uso etico del sapere e delle tecnologie scientifiche ed è critico nei confronti del punto di vista bio-conservatore.
Questa possibilità è legata indissolubilmente alla capacità degli uomini di sottrarre ai vari Donald Trump, e non solo, il controllo sulla nuova tecnologia. La minaccia per l’umanità rappresentata dall’intelligenza artificiale passa per le mani di chi ne ha preso possesso e la gestisce.
Gli adolescenti, per esempio, durante un periodo di stress hanno accesso libero all’utilizzo di una qualsiasi sostanza che crea felicità e dipendenza. La crescita è una fase di transizione durante la quale si smette di avere bisogno dell’approvazione dei genitori e si ha bisogno di quella dei propri simili e questo li spinge sempre di più a cercare la loro approvazione. Invece di creare relazioni profonde e significative, quando nella loro vita saranno sottoposti a condizioni di stress, si rivolgeranno al cellulare e non alle persone, ai social e tutto ciò che offre un sollievo temporaneo. Ci si siede davanti al computer con il visore indossato, mentre si interagisce, via audio, con gesti, con tutti gli altri avatar/persone come noi, trasformati in cartoni animati, presenti nella stanza, immaginaria e condivisa.
Inizialmente chi entra in questo mondo si sente strano, un po’ a disagio, ma poi muovendo anche le mani virtuali per avvicinare gli altri avatar e gli oggetti, è sorprendente come diventi tutto rapidamente normale. Il consumatore vuole esperienze immersive, in ambienti coinvolgenti emotivamente. Quindi ben venga Zuckerberg che con Facebook ha già soddisfatto il nostro desiderio di diventare ogni momento opinionisti e comunicatori sui social, e ora ci regala la possibilità non solo di condividere storie, ma di creare mondi nei quali noi ci immergiamo completamente.
Gigino A Pellegrini & G elTarik