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Amantea.Tutti licenziati gli operai della RSU

Sabato, 05 Ottobre 2019 21:38 Pubblicato in Politica

Oggi sono stati licenziati i 13 operai che hanno lavorato per tutta l’estate con la Multiservizi per la raccolta dei rifiuti del comune di Amantea.

Un servizio fatto così bene e con tale efficienza da permettere di raggiungere un percentuale altissima di raccolta.

Ora, stranamente, il loro licenziamento.

E’ evidente che il servizio RSU ora non avrà più la precedente efficienza.

In particolare per le campagne.

La maggiore stranezza è che l’unica giustificazione possibile è che la maggiore dotazione estiva è stata necessaria ed utile ma aveva costi maggiori di quelli possibili.

Ed ora le entrate previste dal piano tariffario RSU sarebbero insufficienti.

Ma se tali sono perché il comune per garantire un servizio ottimale 12 mesi all’anno non aumenta le tariffe?

Si sa benissimo che le tariffe dei rifiuti non solo non rientrano nel dissesto, ma sono aumentabili al massimo senza problemi

Ed allora?

Allora perché licenziare chi fa bene il proprio dovere?

Perché licenziare 13 persone e così non garantire un servizio RSU ottimale?

Scelte illogiche.

Scelte improprie .

Scelte inaccettabili

La città chiede all’amministrazione di rivedere i propri comportamenti facendo altre lungimiranti scelte.

Tra l’altro economizzare sulla RSU non servirebbe a niente.

Le economie non sono utilizzabili per altro!

E dovrebbero essere restituite ai cittadini!

Lamezia Terme - Ruggero Pegna accetta la candidatura a sindaco del centrodestra ed affida a una nota l'ufficializzazione della sua discesa in campo per le amministrative del 10 novembre. 

"La forte convinzione dei partiti che hanno proposto la mia candidatura a sindaco di Lamezia Terme e la loro disponibilità ad accogliere e condividere idee, suggerimenti e linee di assoluta trasparenza - afferma il diretto interessato - hanno imposto una lunga e difficile riflessione.

Gli alti e bassi, le paure, i cambi di opinione di questi giorni, si sono mescolati agli incoraggiamenti dei tanti che, trasversalmente, mi hanno manifestato la loro stima.

L’approfondimento dei programmi dei partiti ha rafforzato la comune convinzione che Lamezia abbia bisogno di grandi progetti, di nuove visioni, che camminino insieme ad una buona, moderna, attenta amministrazione, fondata su principi etico morali e contrasto alla criminalità, per ridare a Lamezia, città ferita più volte, l’immagine, l’identità e la collocazione che merita.

Unici obiettivi: il bene comune e l’affermazione, come da potenzialità e vocazioni, di città di cultura, creatività, storia, bellezza, efficienza, lavoro, impresa, fulcro nevralgico dell’intera Calabria, centro di un’autentica area metropolitana dei Due Mari.

Non avrei mai immaginato di trovarmi davanti ad una tale proposta improvvisa e inattesa, nel pieno della mia complessa attività lavorativa che, comunque, proseguirà grazie anche ad un maggiore impegno della mia struttura".

"Accetto quindi di candidarmi - spiega infine Pegna - convinto che la mia figura possa rappresentare le speranze di tanti, al di là di specifiche appartenenze, di poter immaginare una nuova, grande e bella Lamezia, con una migliore qualità della vita e opportunità di ogni tipo, innanzitutto, per le nuove generazioni.

Confido nelle tante intelligenze di questa città, in un lavoro sinergico, nelle idee e consigli di tutti e, anche, nel coraggio e nella fede che, nella mia vita, mi hanno consentito di accettare e superare tanti momenti difficili.

Al di là di ogni risultato, potrò dire di non essermi tirato indietro e di essermi messo a disposizione del futuro della mia città".

Sabato, 05 Ottobre 2019 19:00

Scandalo finanziario in Vaticano.

Sabato, 05 Ottobre 2019 20:41 Pubblicato in Italia

Più che una inchiesta – carte alla mano – la vicenda assume i contorni di una caccia alle streghe. Uno scontro interno tra poteri e una montagna di soldi in mezzo da gestire. Il caos in Vaticano è cominciato il 2 luglio con una denuncia presentata ai magistrati dal direttore generale dello Ior, Gian Franco Mammì.

Prima di arrivare a depositare un atto formale tanto grave, Mammì aveva fatto un passaggio previo da Papa Francesco – con il quale ha un rapporto antico e molto stretto - per farsi dare il via libera e informarlo che la Segreteria di Stato gli aveva sollecitato un finanziamento di 150 milioni di euro per estinguere un oneroso mutuo che gravava su un immobile di pregio a Londra, all’incrocio tra Draycott Avenue e Ixworth Place. Mammì era imbestialito.

(Ndr Ma il Papa non era intervenuto decisivamente)

LA LETTERA

Il mese precedente, il 4 giugno, il Sostituto della Segreteria di Stato, il venezuelano Pena Parra mandava un funzionario (uno dei cinque inquisiti) a consegnare allo Ior una lettera con la richiesta di poter disporre, urgentemente, di 150 milioni di euro. Per «non bene precisate ragioni istituzionali» annotano i magistrati. La richiesta di finanziamento passa all’esame - come è prassi - ma Mammì si impunta e non la concede. Non ne ravvisa «la compatibilità con le specifiche finalità statutarie dell’istituto».

A quel punto la questione si blocca e così monsignor Pena Parra, la settimana successiva, torna all’attacco per sollecitare una risposta chiedendo «una anticipazione di liquidità per ragioni istituzionali della Santa Sede». Quali sono queste ragioni? Dalle carte dei magistrati viene spiegato che i soldi servono per estinguere un mutuo già contratto presso un’altra banca che grava su un immobile londinese di proprietà della Segreteria di Stato.

ELEMENTI OSCURI

A detta dei magistrati (e dello Ior) si tratta di una richiesta «che evidenzia alcuni elementi di opacità, tenuto conto che non specifica il beneficiario di tali somme». Tuttavia nella lettera che Pena Parra invia allo Ior riferisce a Mammì per filo e per segno che quei soldi sono necessari alla cancellazione delle ipoteche che gravano sull’immobile. Ipoteche contratte da una società di proprietà della Segreteria di Stato che a sua volta detiene la proprietà di un bene posto a garanzia. Tutte le operazioni in esame fanno riferimento ad un arco temporale di circa 12 mesi.

Nel frattempo anche l’Ufficio di Revisione Generale – un organismo che ha l’obbligo di audit di tutte le realtà amministrative della curia – procedeva a fare le pulci alle operazioni in corso. Così l’8 agosto manda un documento ai magistrati vaticani per segnalare che la maggior parte delle attività finanziarie della Segreteria di Stato risultano depositate presso il Credit Suisse, nelle filiali svizzere e italiane, dove è versato quasi l’80 per cento del portafoglio gestito. Una montagna di denaro. La vera origine dello scontro pare sia proprio qui.

La smoking gun. Il fatto è che i soldi della Segreteria di Stato non sono affatto depositati allo Ior ma su un altro istituto di credito. Il Revisore Generale parla così di conflitti di interessi, visto che si tratta delle donazioni ricevute dal Papa per le opere di carità, per il sostentamento della curia, in pratica l’Obolo di San Pietro. I magistrati annotano che si tratta di importanti cifre «impiegate in fondi che, a loro volta investono in titoli di cui il cliente non viene messo a conoscenza nonché in fondi allocati in paesi offshore come Guernsey e Jersey, ad alto rischio speculativo e di dubbia eticità». 

CONTORNI SPECULATIVI

Il mancato controllo diretto da parte dello Ior sul denaro depositato al Credit Suisse, secondo il Revisore Generale farebbe emergere i contorni «chiaramente speculativi delle operazioni, con il rischio di fare esporre l’intero Stato a rischi patrimoniali e reputazionali». Per farla breve: i soldi investiti altrove «potrebbero essere usati per finalità incompatibili a quelle che li hanno generati» e di conseguenza l’Obolo di San Pietro potrebbe essere messo in pericolo, mentre se fosse gestito dallo Ior i rischi si azzererebbero. 

I magistrati dalle intercettazioni telefoniche e dalle indagini ricostruiscono il filo delle attività finanziarie della Segreteria di Stato e concludono che le «attività di acquisizioni di immobili ai fini di investimento» sono riservate solo all’Apsa, che la Segreteria di Stato non ha informato il Consiglio dell’Economia, che il mutuo richiesto non risponde alle finalità religiose, che ci sono stati passaggi finanziari non chiari.

ABUSO DI AUTORITÀ

«Tali elementi consentono di evidenziare come nella gestione possano essere ravvisati gli estremi del reato di abuso di autorità» per i cinque funzionari della Segreteria di Stato che sono finiti sotto indagine e sospesi dal lavoro in via cautelativa. Ora l’autorità giudiziaria dovrà appurare se effettivamente gestivano in autonomia le operazioni oppure no. In attesa della prossima puntata di questo scontro inedito tra poteri.

IlMessaggero Sabato 5 Ottobre 2019 di Franca Giansoldati

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