Il pm di Locri ha notificato l'avviso di conclusioni a 31 persone. Il primo cittadino, sospeso, è finito al centro dell'inchiesta che ha spazzato via il 2 ottobre scorso il modello di integrazione e accoglienza ai migranti e richiedenti asilo.
La Procura insiste con le accuse nei suoi confronti. Tra queste associazione a delinquere e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina
La Procura di Locri chiude l’inchiesta a carico del sindaco (sospeso) di Riace Mimmo Lucano e per altre 30 persone. È di ieri l’avviso di conclusione dell’indagini preliminari che il sostituto procuratore di Locri, Michele Permunian, ha notificato al primo cittadino del cosiddetto “modello Riace” basato sull’accoglienza e l’integrazione dei migranti e dei richiedenti asilo, e agli altri soggetti coinvolti a vario titolo, nell’inchiesta “Xenia” coordinata dalla Procura, retta da Luigi D’Alessio, e condotta dal Gruppo Locri del comando provinciale della Guardia di Finanza.
Il 2 ottobre scorso Lucano era stato raggiunto da ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari poi sostituiti con l’obbligo di dimora fuori dal comune di Riace, dal Tribunale del Riesame di Reggio Calabria, all’esito dell’udienza svoltasi il 16 ottobre. Le accuse contestate dagli inquirenti nei suoi confronti rimangono le medesime: la Procura di Locri non arretra infatti, di un millimetro. I domiciliari erano stati però disposti dal gip “solo” per le ipotesi di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e il fraudolento affidamento diretto del servizio di raccolta dei rifiuti a due cooperative sociali. Nell’avviso agli indagati della conclusione delle indagini preliminari sono riportate anche altre accuse, rigettate però dal primo giudice.
La Procura locrese infatti, contesta a Lucano anche il reato di associazione per delinquere perché «promuoveva e organizzava l’intera struttura, definendo le linee operative delle associazioni-cooperative, controllando di fatto l’associazione “Città Futura”, curando i rapporti con le Istituzioni (Ministero dell’Interno e Sprar) e con i dirigenti della Prefettura di Reggio Calabria al fine di individuare gli strumenti necessari ad interferire sulla regolarità degli affidamenti e dei relativi pagamenti, e infine, essendo principale promotore degli illeciti (…) imputati pure agli altri legali rappresentanti delle associazioni».
Al centro dell’indagine c’è quindi, tutta la gestione dei progetti e dei fondi relativi ai progetti di accoglienza che negli anni hanno portato Lucano a divenire un vero e proprio simbolo tanto da essere stato inserito, due anni fa, nell’elenco dei 50 uomini più influenti del pianeta. Un modello divenuto famoso in tutto il mondo e che dal due ottobre scorso è stato spazzato via dall’indagine “Xenia”. Nonostante abbia sostituito la misura cautelare nei suoi confronti il Riesame, però aveva scritto parole durissime nei suoi confronti, e sull’intero sistema di accoglienza, e soprattutto sul suo operato all’interno del Comune arrivando a sottolineare, nel provvedimento di sostituzione della misura cautelare che «Lucano non può gestire la Cosa Pubblica né gestire denaro pubblico mai ed in alcun modo. Egli è totalmente incapace di farlo e, quel che ancor più rileva, in nome di principi umanitari ed in nome di diritti costituzionalmente garantiti viola la legge con naturalezza e spregiudicatezza allarmanti». Per poi aggiungere, che il sindaco sospeso era «afflitto da una sorta di delirio di onnipotenza e da una volontà pervicace ed inarrestabile di mantenere quel sistema Riace rilucente all’esterno, ma davvero opaco e inverminato da mille illegalità al suo interno». E sui buoni propositi umanitari il Tdl ha sottolineato che gran parte della natura del modello Riace «è stato annacquato e sporcato da una mala e opaca gestione, da mille violazioni di legge e da una volontà sempre più forte ed incontenibile del Lucano di dare l’immagine al mondo esterno di un modello di integrazione e di salvarne ed esportarne le fattezze esteriori a tutti i costi più che di far sì che quel modello apparentemente perfetto lo fosse invero realmente».
Adesso la Procura di Locri mette il punto. Gli indagati, tra cui l’ex compagna del primo cittadino, Lemlem Tesfahun, avranno venti giorni di tempo per chiedere di essere interrogati dal pm e nel contempo depositare atti e memorie per la loro difesa.
Ecco l'elenco completo dei 31 indagati:
Domenico Lucano
Gianfranco Musuraca
Ferdinando Antonio Capone
Jerri Cosimo Ilario Tornese
Antonio Santo Petrolo
Giuseppe Sgrò
Nicola Audino
Domenico Latella
Annamaria Maiolo
Renzo Valilà
Salvatore Romeo
Maria Taverniti
Oberdan Pietro Curiale
Cosimina Ierinò
Lemlem Tesfahun
Gebremarian Abeba Abraha
Giuseppe Ammendolia
Valentina Micelotta
Prencess Daniel
Oumar Keita
Assan Balde
Filmon Tesfalem
Cecilia Piscioneri
Alberto Gervasi
Cosimo Damiano Musuraca
Pasquale Valenti
Nabil Moumen
Rosario Antonio Zurzolo
Maurizio Senese
Maria Caterina Spanò
Domenico Sgrò
LaCnews24
Pubblicato in
Reggio Calabria
La vicenda è ben nota ed è relativa al sequestro del Porto di Amantea eseguito il 18 giugno 2014 dagli uomini della Capitaneria di Porto di Vibo Valentia su disposizione della Procura della Repubblica di Paola.
Il porto, infatti, dopo 13 anni dal completamento risultava ancora da collaudare.
“Una tegola inattesa” la definì il sindaco Sabatino.
Poi il ricorso al Tribunale della Libertà che dissequestrò il porto.
Ora la procura ha concluso le indagini ed ha partecipato il relativo provvedimento a 5 persone che ora avranno 20 giorni di tempo per chiarire la propria posizione nella vicenda.
Tra i cinque indagati ci sono i tre commissari straordinari nominati dopo lo scioglimento del consiglio comunale di Amantea per mafia e due tecnici.. Parliamo di Giorgio Criscuolo, di Pietro Tescione e di Francesco Sperti.
Insieme a loro due tecnici. L’attuale responsabile dell'ufficio Tecnico manutentivo, ed una dottoressa paolana al tempo incaricata della gestione del porto.
A tutti la Procura di Paola, contesta, in concorso tra loro, di aver arbitrariamente occupato il suolo demaniale marittimo tramite la realizzazione della struttura portuale sita in località Campora San Giovanni del Comune di Amantea. Una contestazione ci sembra inopportuna considerato che il porto occupava la stessa area da circa 14 anni.
Anche il mancato collaudo contestato ai commissari sembra improprio atteso che i lavori del porto erano ultimati da tempo e che il porto aveva funzionato per quasi un decennio.
Ben diversa invece la contestazione del mancato pagamento di canoni che ammonterebbero a circa 3.020.179,63 euro. Quella dei mancati pagamenti dei canoni erariali è una vicenda che è una triste abitudine di Amantea visto che riguarda anche il lungomare ed il campo sportivo della Fiumara.
Un debito che potrebbe mettere in ginocchio il comune che non ha certamente accantonato le somme necessarie e nemmeno le somme percepite dai contratti con le imbarcazioni ormeggiate
E ben diversa è anche la vicenda relativa alla illegittima concessione edilizia delle strutture che ancora oggi fanno mostra di sé nel piazzale del Porto e destinate ad uso commerciale., strutture sequestrate dagli stessi Vigili Urbani di Amantea.
Ora Amantea resta in attesa del processo.
Pubblicato in
Politica