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La disperata ed impossibile voglia di mare.

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La disperata ed impossibile voglia di mare.

 

“Ragazzi io e mamma abbiamo deciso di farVI e di farCI un regalo.”

“Avete intenzione di comprare una nuova piscina visto che quella che abbiamo è ormai inutilizzabile?”, chiesero i figli.

“ No! Vogliamo dirvi che sabato e domenica andremo tutti al mare! Ho visto le previsioni del tempo e sono ottime! Il mare sarà calmo! Ho anche telefonato per informarmi e fare un giro sulla barca. Dormiremo da zia Maria con la scusa che lei in quei giorni sarà assente. Tutta una casa per noi. Una casa a pochi metri dal mare. C’è perfino il posto auto e sotto la veranda la zia ha il biliardino ed il ping pong. Ho fatto fare apposta il tagliando all’auto, cambiato l’olio, i filtri, controllato le gomme, fatto il pieno. Insomma è tutto pronto. E chi se ne frega se la nostra piscina si è rotta e non è più riparabile. Contenti?.”

Eh, si che erano contenti! Anzi, erano rimasti senza parole. Si udirono soltanto gli schiocchi di due baci che si stampavano sulle guance, uno del padre ed uno della madre.

Il venerdì sera tutti a letto presto, e presto l’intera famiglia si alzò il sabato mattina. Il padre si fece la barba, la mamma si mise un trucco leggero. I ragazzi per loro fortuna, ancora, non avevano bisogno di questi mezzucci da dozzina per apparire, anzi per essere, belli!

Le singole valige erano già pronte da venerdì e fu un gioco da ragazzi caricarle.

Vrooom, vrooom. La macchina si mise facilmente in moto. Tutti salirono a bordo e allacciarono le cinture. Il cancello si aprì e si richiuse lievemente dietro il cofano posteriore dell’auto .

La freccia anteriore sinistra era accesa come quella di chi dovesse uscire da uno spazio privato per entrare nella pubblica via.

Il traffico era intenso, molto intenso. Le auto scorrevano veloci, una dietro l’altra, perfettamente intervallate come se si trovassero su una catena di montaggio sulla quale erano state poste da un sistema elettromeccanico. E dentro si vedevano famiglie e gruppi di persone, per lo più giovani.

 

 

Lo sguardo dell’autista passò dallo specchietto retrovisore che non sempre ti dà perfettamente l’idea delle distanze a quello diretto di chi sporge la testa fuori dal finestrino ed allunga e torce il collo come quello di una giraffa.

Aspettava il cessare, o quantomeno il rallentare, dell’intenso, quasi incredibile, flusso di autoveicoli, come quando avviene perché a monte c’è un semaforo che con il suo rosso crea proprio una sia pur piccola interruzione che ti permette di entrare.

Ma non sembrava che fosse così.

Il traffico era continuo, intenso, inarrestabile.

Tentò allora di entrare con il muso dell’auto sulla carreggiata della strada pubblica ma non aveva fatto nemmeno pochi centimetri che arrivò una strombazzata fortissima, seguita subito da un’altra ancora più intensa e fu costretto a fare immediatamente marcia indietro, sorprendendo per la rapidità pure i suoi passeggeri che restarono perplessi!

“ Caro che succede?” Fu la voce della moglie.

“Non riesco ad entrare nel flusso. Ed allora ho tentato di far rallentare chi arriva dalla mia sinistra cercando di entrare un poco sulla carreggiata. Ma hai visto che reazione incredibile?”

“Caro, scendo e ci penso io a fermarli ! Davanti ad una donna si fermeranno certamente!”

E così scese e si mise davanti al muso dell’auto con la mano sinistra a palmo aperta a tentare di fermare quel fottutissimo traffico. Ma non aveva messo nemmeno un ginocchio sulla carreggiata che arrivò anche a lei una strombazzata fortissima, seguita subito da un’altra ancora più intensa e da un’altra ancora e fu costretta a fare immediatamente un salto indietro, addirittura impaurita.

I minuti passarono lenti ed ancora più lente le mezz’ore e le ore.

Ad un certo punto, disperati, scesero tutti dall’auto e si piazzarono ai lati della macchina.

I due ragazzi giunsero le mani, come in preghiera e le indirizzarono verso gli automobilisti. Ma nessuno si fermò, né il traffico rallentò.

Erano davvero disperati.

Ad un certo punto squillò il telefonino. Drin, drin.

“Pronto? Sei tu Giorgio?”

“Si! Sono io!”

“Sono Marcello. Non mi hai visto? Sono appena passato davanti a casa tua ed ho visto l’auto ferma e voi tutti fuori. Poi ho visto i ragazzi che sembrava pregassero. Che cosa è successo?”

“Marcello, Marcello! Ma perché non ti sei fermato? Non riesco ad entrare nel traffico, come ci provo le auto strombazzano e mi costringono a rientrare per evitare un incidente. Almeno tu potevi fermarti! Maledetto traffico”.

“ Ma tu, scusami, dove dovevi andare?” chiese Marcello a Giorgio

“A mare a passare due giorni con i miei figli”

“Scusami, Giorgio. Non so come dirtelo, ma forse è bene che tu rinunci a questo proposito. Non credo sia realizzabile!”

“ Ma che dici, Marcello?”

“ Eh, che dico? Dico che sono partito ieri sera per tornare a casa dove avevo un appuntamento e sono costantemente in giro senza potermi fermare. Né io, né gli altri. Giorgio se uno di noi si ferma, succede uno scatafascio! Le auto dietro ognuno di noi vanno così veloci che se uno solo è sia pure leggermente distratto e non rallenta immediatamente possono avvenire collisioni a catena, tamponamenti a catena. E non c’è un primo che non abbia davanti un altro automobilista, né un ultimo che non abbia dietro di sè un’altra auto! Per questo non mi sono fermato! Non mi sono potuto fermare! E’ impossibile fermarsi!

Giorgio stacca il telefonino dall’orecchio e racconta tutto alla famiglia che incredula lo ascolta.

Si guardano l’uno con l’altro interrogandosi senza proferire parola.

Poi uno dei ragazzi chiede: “Ma allora…….?. Allora non resta che aspettare che ……” E si fermò.

“Non resta che aspettare che …… Che cosa?” chiese il padre che non aveva intuito granchè di quanto aveva pensato il giovane figlio, al pari, in verità, sia della moglie che della figlia!

“Papà! È come andare sulle montagne russe; un percorso ciclico che si ferma solo quando togli la corrente.”

Giorgio continuò a non capire. Capirono subito, invece, la sorella e la madre che si battè la mano sulla fronte e dopo aver esclamato “ Oh, mio Dio!” disse al marito. “Giorgio, piano, piano metti la marcia indietro, riapri il cancello e ritorna indietro. E fallo subito, prima che succeda quello che ipotizza nostro figlio! Subito! Noi intanto rientriamo. Subito, Giorgio!” e nel dire queste cose guardò il figliolo che aveva formulato una ipotesi talmente reale da doversi verificare per forza determinando un cataclisma nel quale non voleva si restasse in alcun modo coinvolti!!!

Giorgiò non capì, ma eseguì subito quanto chiesto, chiuse il cancello, parcheggiò l’auto e rientrò in casa.

La televisione era stata subito accesa e sintonizzata sul telegiornale. La Polizia stradale dava notizia di un inspiegabile traffico intenso e veloce come non si era mai visto. Non solo ma invitava tutti gli automobilisti che avessero intenzione di iniziare un viaggio a non farlo.

Praticamente quasi tutti i 35 milioni circa di autoveicoli circolanti in Italia erano in movimento ciclico, incapaci di fermarsi. E la Polizia invitava gli automobilisti a non fermarsi ed a non entrare nelle autostazioni di rifornimento che erano stracolme di auto che non riuscivano e rientrare nel traffico auto veicolare.

Solo allora Giorgio sembrò aver capito. Guardò il figliolo e chiese: “Ma se non possono entrare nelle autostazioni non potranno fare rifornimento e prima o dopo la benzina finirà! Ma noi sapremo quando si fermeranno?”.

“Certo, papà”. Fu la risposta

“Ah! Ti riferisci alla televisione?”

“No, papà. Mi riferisco ad altro. Mi riferisco al fatto che la benzina finirà in momenti diversi e che quindi…”

Non ebbe nemmeno il tempo di finire la frase che l’aria fu piena di clacson, di violenti frenate e successivamente di fortissimi rumori di ferraglie come quelle di auto che si scontrano una contro l’altra!

Era finita la benzina in alcune di loro. La sarabanda era finita drammaticamente come era stata vissuta.

I feriti vennero soccorsi con gli elicotteri: solo loro potevano circolare.

Lo stesso per quelli che non ce l’avevano fatto!

Ci vollero due anni per sgomberare le strade. Non sapevano dove mettere le auto ormai distrutte.

Giorgio ormai era uno dei pochi che aveva l’auto ma non poteva nemmeno servirsene. Anche loro andavano a piedi od al massimo in bicicletta!

La famiglia disse addio al mare e comprò una nuova piscina di plastica.

La portarono con un elicottero.

Da “Gli ultimi racconti” di Giuseppe Marchese

Ultima modifica il Giovedì, 12 Gennaio 2017 21:38
Redazione TirrenoNews

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