
“Omnia vincit amor”. A questa locuzione di Publio Virgilio Marone, qualche anno dopo rispose Caravaggio con il dipinto Amor vincit omnia. Il dipinto, che prende il titolo e il tema da un passo di Virgilio, Amor vincit omnia et nos cedamus amori" era reso ancora più seducente da una tendina verde che lo ricopriva e che il proprietario toglieva solo per pochi selezionati ospiti.
Era l’estate del 1962. Due ragazzi si incontrano sul corso centrale di un paese di mare. Lei ha 12 anni lui 15. Molti anni dopo, lui dall’altra parte dell’oceano Atlantico, scriveva: ” Se l’intelligenza realizzatrice è un fenomeno unico, lo è altrettanto l’ amore per la politica”.
A molti anni di distanza Jacopo Fo ha raccontato nel suo blog che L’amore è rivoluzionario. E’ vero. Siamo alla completa disfatta di tutto un sistema politico ed economico e abbiamo smesso di amare qualunque cosa. Il mondo ha paura dell’amore quindi lo deride e invidia.
L’amore è pieno di paura perché costringe la persona a mostrare per quello che è e sfoggia agli altri l’oscenità delle proprie fragilità. Ai tempi del Medioevo per intraprendere la carriera politica con successo ci volevano antenati cavalieri che avessero seguito l’imperatore in qualche impresa o per lo meno avessero ammazzato un drago.
Nel Cinquecento bisognava essere aristocratici colti e mecenati delle arti, o spregiudicati condottieri di ventura. Oggi basta essere un ciarlatano prepotente, ricattatore e mariuolo come l’Arcorese . Lontano mille miglia da concetti profondi come ciò che scrive David Grossman: ” Amore è il fatto che tu sei per me il coltello con cui scavo dentro me stesso”. L’amore è un atto di profonda sovversione psicologica, anni di sedute psicoanalitiche non possono competere con lo scuotimento interiore e la potenza evolutiva che ha questo sentimento per la psiche. Questo sentimento costringe l’uomo al capovolgimento di schemi precostituiti e fallibili, quindi è anche un atto politico.
Qualcuno di voi lettori si chiederà cosa ci “azzecca” l’amore con la politica? Immaginate se l’uomo dovesse usare questo potere per sovvertire il proprio destino, per cambiare in senso collettivo ed approdare ad un nuovo rinascimento. Nel Convivio di Platone, Socrate dice che l’amore è amore dell’altro da sé, tende verso ciò che non ha.
Al bando il narcisismo che tristemente spiega le umane scelte relazionali e sociali : l’amore vero è farsi sorprendere dalla potenza del contatto con l’altro, è continuo stupore e cambiamento di vecchi schemi. Allora, oggi che tutto crolla, è emozionante leggere quel che Marcel Duchamp disse di Breton: “Amava come un cuore batte. Era l’amante dell’amore in un mondo che crede alla prostituzione”. In questi giorni, allo squallore paesano appesantito da strane figure che si fanno chiamare “commissari” comunali che dovrebbero gestire il dissesto di svariati milioni di euro, chi scrive, per non arrendersi alla depressione, ha preferito leggere una storia bellissima tratta dalle “Metamorfosi” di Ovidio.
Polifemo, nella sua mostruosità era anche un sentimentale e spesso sognava il momento in cui avrebbe incontrato una dolce fanciulla da fare sua sposa. Un giorno, mentre era disteso sulla spiaggia, dalle onde del mare vide emergere delle ninfe dalle acque, così belle e gaie da sconvolgergli il rozzo cuore non abituato a vedere simili bellezze. Le bianche ninfe, ignare di essere osservate, nuotavano sulla superficie del mare giocando e inseguendosi, spruzzando con l'esili braccia una candida schiuma e spargendo sulle onde azzurrine profumati petali di rose marine. Polifemo, catturato da tanta bellezza, si nascose a spiarle tra i giunchi e i suffrutici. Al suo orecchio, la dolce melodia del loro canto sembrava una musica celestiale.
ln mezzo alle Nereidi se ne distingueva una, la più bella e la più soave, dalla voce dolce e carezzevole. Polifemo la seguì con lo sguardo mentre, scherzando con le sue sorelle, volteggiava leggera sulle onde. Il gigante dall’occhio solo se ne innamorò perdutamente. Folle d'amore il suo cuore prese a palpitare per la piccola ninfa del mare. Si fece coraggio, uscì allo scoperto e si mostrò. Alla vista dell'orrido Ciclope, le ninfe fuggirono spaventate.
Solo Galatea, la più leggiadra e la più dolce delle figlie di Nereo e di Doride, più curiosa che sdegnata, venne alla riva a sgridare l'incauto gigante:
“Chi sei tu - domandò - che così brutto e deforme vieni a turbare il canto mio e delle mie sorelle? Come osi insultare la nostra bellezza col tuo aspetto sudicio e deforme?”
La bellissima ninfa era una delle cinquanta ninfe del mare, le Nereidi, figlie delle divinità marine Doride e Nereo. Dopo questo incontro, un giorno, Aci un bellissimo pastorello, figlio di Fauno, pascolava le sue pecore vicino al mare, quando vide Galatea e se ne innamorò perdutamente; l’amore fu ovviamente ricambiato dalla ninfa. Aci e Galatea erano innamoratissimi e si rivelarono dunque inutili le avance di Polifemo verso la ninfa.
Una sera, sotto il chiarore della luna, il ciclope vide i due innamorati baciarsi in riva al mare. Accecato dalla gelosia decise di vendicarsi. Non appena Galatea si tuffò in mare, Polifemo prese un grosso masso di lava e lo scagliò contro il povero pastorello schiacciandolo. Appena Galatea seppe della terribile notizia, accorse subito e pianse tutte le sue lacrime sopra il corpo martoriato di Aci. Galatea, per tenere in vita il suo amore, trasformò il sangue di Aci in una sorgente e lui stesso divenne un dio fluviale. Il tema mitologico ha dato luogo alla diffusione di un soggetto iconografico prediletto dagli artisti del Rinascimento, quello del Trionfo di Galatea: si tratta di una scena vivace e affollata, nella quale la ninfa campeggia al centro, sul suo carro, una conchiglia trainata da delfini.
Gigino Adriano Pellegrini & G el Tarik redivivo
Sono più che certo di non essere un malato mentale. Ho Semplicemente sentito all'improvviso unaurgenza di impossibile.
Le cose così come sono non mi sembrano accettabili, perché non hanno in loro ciò che cerco. Prima non lo sapevo. Molto tempo fa. Questo mondo così com'è fatto non è tollerabile. Ho bisogno di Marte, o della felicità o dell'immortalità e sono oggi in perfetta sintonia con un mio antico professore di filosofia molto incazzato con il primo uomo che aveva deciso di morire.
Ho un bisogno vitale di qualcosa che sia demenziale forse, ma che non faccia parte delle banalità di questo mondo mediocre e insopportabile. Non mi riferisco all’espressione: “ Siate realisti, chiedete l’impossibile” tanto decantata dai sessantottardi che conservano i cimeli della loro primavera sotto naftalina e ben curati nei loro armadi, pronti a mostrarli ai loro ospiti, dopo una cena fatta di salmone sockeye affumicato del Pacifico e con del caviale persiano.
Alcuni conoscenti mi chiamano “signor no”! Accetto questo loro modo di esprimermi il loro bene, ma devono sapere che il mio “no” è sinonimo di ribellione. Non so perché ma in questo momento passano davanti a me le immagini di un vecchio film del 50 di Richard Brooks: “Crisis” con Cary Grant e José Ferrer. Il neuro- chirurgo Eugene Ferguson si sposa con Helen e parte per il Sud America in viaggio di nozze. Durante la luna di miele viene arrestato e tenuto in ostaggio da un gruppo di soldati nel pieno di un movimento insurrezionale contro il dittatore Ferrago.
L'uomo alla fine riesce a liberarsi, ma viene avvisato che il politico è gravemente affetto da un tumore al cervello e necessita di un'immediata operazione. Nel frattempo il ribelle Gonzales rapisce la moglie di Ferguson, minacciando di ucciderla se il marito compirà l'operazione. Ferguson opera Ferrago e l'operazione riesce. L'esito però viene tenuto segreto mentre il dittatore inizia il suo periodo di riabilitazione e l'opinione pubblica crede che il terribile aguzzino sia morto.
Quando il popolo invade il palazzo, però, Ferrago muore realmente per la paura e Ferguson viene ringraziato dai ribelli. La sua avventura non finisce qui, però: uscendo dal palazzo Gonzales viene ferito ed implora l'aiuto del chirurgo... Lascio il finale a quei curiosi che vogliono sapere. E’ in loro che mi riconosco. Fin da ragazzino ho sempre voluto sapere tutto o nulla. Niente compromessi. A questa mia rigida posizione passionale, la ragione è sempre stata impotente nel cercare di rispondere. Questa mia richiesta è forse all’origine della mia meridionale “malinconia”, che cerca e non trova che stupide contraddizioni e discorsi senza un senso e dunque incomprensibili, cioè senza riflessione alcuna.
Il mondo di oggi è purtroppo lo specchio di questi signori dell’irrazionale che lo “dirigono”, probabilmente verso il nulla. Se i “creativi” che, attraverso il loro “fare” da una parte, pensano di contestare la realtà, sanno, (è auspicabile) che dall’altra, ad essa si sottopongono.
Meglio abbandonarmi all’oblio di Robert De Niro in una scena indimenticabile di “C’era una volta l’America” di Sergio Leone. De Niro che entra in una sala di fumatori d’oppio e si toglie con grande dignità quel suo cappotto sgualcito e quel cappello sfoderato, prima di sdraiarsi e perdersi nel dimenticatoio. Ciò che mi rimane addosso è l’odore di quel tessuto e del vissuto che i suoi occhi spalancati e il suo incredibile sorriso mi hanno trasmesso. Null’altro.
Gigino A Pellegrini & G elTarik da una lontana Galassia.
Negli anni Settanta, durante la mia permanenza in Nord America, andava molto di moda, per gli intellettuali ricchi e affermati, ospitare nei propri salotti ogni possibile rivoluzionario radicale, dalle Pantere Nere agli Antimilitaristi, agli Hippies.
Uno scrittore, Tom Wolfe con il suo libro “Radical Chic” sollevò un gran putiferio con un attacco pungente e divertentissimo alla società benestante e progressista della Upper Manhattan. Nacque così il Radical Chic, “RC” termine poi entrato nell’uso comune per identificare un occidentale preferibilmente bianco e benestante, con idee liberali e di “sinistra”, che subisce il fascino di rivoluzionari radicali ammantati di romanticismo; che li invita nel suo salotto ad una serata mondana per conoscere i problemi della strada e per raccogliere fondi rigorosamente “non deducibili fiscalmente”; che poi, davanti all’insorgere delle polemiche, li scarica per tornare alla più innocua lotta per la difesa dei diritti degli animali, in particolare quelli domestici.
Questa figura di uomo, quasi inutile dirlo, è ancor oggi attualissimo. Al “Radical Chic” si ispira il nostrano cattolico di buona famiglia e Boy Scout: il “Protettore di Animali Domestici”, in breve, il “PAD”. Cachemire e mocassino, barca a vela, appena possibile, e casa alle Eolie – Stromboli sì, Panarea no, Filicudi sarebbe il top solo che non c'è nessuno – qualche libro di filosofia e storia, teatri e concerti. Questo borghesuccio di casa nostra , probabilmente, sarà il più duro a morire. Sarà per quella egemonia culturale della sinistra. Sarà perché si sposa perfettamente con quella teoria secondo cui il vero ricco è colui che non ostenta, il contrario fa cafone. E la razza, lamentano i puristi d'un tempo, imbastardita. Ma sta di fatto che niente, oggi in Italia, fa più figo del PAD. Questo Radical Chic di Chiesa Nostra, ci mette ore a sembrare trasandato. Lo incontri al bar a metà mattinata, ma non perché si sia svegliato tardi, è che doveva capire cosa mettersi per sembrare uno che si butta addosso la prima cosa che trova nell'armadio. Predilige i jeans, classici per gli uomini, non” skiny” perché sono poco femministi. Le camicie o le polo con sopra giacche fantasiose a quadri in puro stile “old british” e toppe ai gomiti o in alternativa maglioncini di cachemire dai colori pastello. D'inverno il PAD azzarda pure il pantalone di velluto a costine perché è convinto che gli dia un certo fascino. La PAD, a volte al jeans sostituisce un pantalone da cavallerizza perché così può sempre raccontare con gli occhi che le brillano di come è bello sporcarsi di fango durante le cavalcate al maneggio esclusivo. Adora gli anglicismi: la versione italiana non rende. Ama piazzare qui e lì parole come “outsourcing” , “trend” e francesi che fanno tanto trèsjolie! Odia le abbreviazioni da chat, e infatti usare i social network è per lui la prova più dura. Il PAD non è un semplice esponente della diffusa categoria di persone che possono agevolmente essere raggruppate sotto la definizione di “fighetti”. Rappresenta invece un’ulteriore e deviata involuzione della specie, una rischiosa estremizzazione dello stesso concetto. Il fighetto è tendenzialmente danaroso, con generoso “Dad” dal portafogli rigonfio; non ha una vera e propria coscienza politica. Non ha né la cultura né l’intelligenza necessarie per averla e, fondamentalmente, non gliene frega un tubo della politica, della società, del governo ecc. ecc.. Destra o sinistra non sono un problema che lo riguarda. Al contrario, il PAD nostrano, circa 15 anni fa ha scoperto il consumo consapevole di tutte le risorse del pianeta. Per cui significa che ora mangia solo biologico certificato, succhi freschi, niente conservanti, ama il mercatino biologico della domenica e ci va puntualmente con la sua bicicletta vintage con cestello coordinato con cui va in giro per la città, perché la macchina ormai non si può più prendere, inquina, e poi vuoi mettere quanto costa e quanto ti fa bene pedalare? All’occorrenza e lontano da occhi indiscreti, il Protettore di Animali Domestici si infila in un taxi e via. Distrattamente, guarda qualche talk show – tipo Ballarò o Servizio Pubblico – il TG di Chicco Mentana e qualche “Serial”, anche se ultimamente si è appassionato ai “Reality”. Al cinema ci va durante la settimana, mai nel week-end, per vedere qualche film straniero e anche italiano che considera di “livello accettabile” e che ha le radici nel neorealismo e nella Nouvelle Vague. Sorrentino è il regista. “The best!” Il PAD fa jogging e sogna la maratona, non quella di New York ma quella più “upperclass”di Boston. La PAD, lei fa pilates perché fa bene alla schiena. Poi c'è il cane da portare a spasso con il giornale sotto il braccio, Repubblica resiste, ma Il Fatto Quotidiano sta prendendo quota. Impegnato con l'incapacità di trovarsi una “casa” politica nel marasma attuale, non dimentica mai il vernissage pomeridiano. Il PAD lo vedi poco al ristorante, preferisce le cene in casa di amici dove poter gustare il sale rosa dell'Himalaya, lardo di Colonnata, birra belga dalle note fruttate, per poi farsi qualche moderata risata nello sparlare liberamente delle corna dell'assente di turno, non lo incontri mai a fare shopping. D'estate rifugge la calca sulle spiagge , troppo variegata e piena di “burini illetterati”. Preferisce ritirarsi sulle Dolomiti, che aver freddo, ad agosto, è così “charmant”. Lo stile è tutto nella scelta dei dettagli. Vive nel suo mondo e pensa qualunquista. Fa il progressista ma vota per Forza Italia perché sa di fare piacere a papà, che gli ha insegnato che i comunisti sono quei disperati che vorrebbero fargli pagare il doppio delle tasse sulle loro seconde e terze case. La cosa che più identifica il PAD è la sua indubbia convinzione di essere molto colto e intelligente. Lui pensa di essere uno di quelli che sanno riconoscere ed apprezzare le cose “giuste”. E’ uno attento al suo “lifestyle”, uno che tendenzialmente non esagera, un equilibrato. E’ fissato con il suo look, si veste un po’ male ma senza trascendere, e talvolta, nelle sue varianti deteriori, indossa pure abiti griffati e costosi, Perché lui è “cool”, e soprattutto non è mai uno banale, almeno questo è ciò che continua a ripetergli “mamàn”. Non lo vedrete mai andare in giro vestito ordinario. Lascia intendere di non guardare troppo alle mode ma in realtà è schiavo delle tendenze, e aderisce supinamente al suo stereotipo. E’ assolutamente convinto di essere un soggetto non influenzabile ed un aspirante pensatore, o se non altro uno con pensieri e idee originali. Vorrebbe essere creativo. Gode nel fare credere ai “suoi” sempliciotti sottoposto di essere uno che sa e fa un sacco di cose straordinarie. Magari si porta appresso libri di poeti spagnoli e sudamericani (mai che legga a casa sua, se no non si vede…) ma non riesce a collocare Leopardi o Pavese, che per lui possono pure essere del Seicento, almeno nei casi più gravi. Aderisce e sposa con (finto) entusiasmo ogni iniziativa di area no-global; talvolta è vegetariano, tendenzialmente disobbediente. Esce la sera e frequenta locali dove servono 100 tipi di thé dello Sri Lanka ma non hanno un panino col salame. Nei locali frequentati da lui, a volte vengono eseguite letture che spesso non comprende. Si fuma le cannette con gli amici (qualcuna l’azzecca…). Uno “Must” è presenziare a dibattiti e presentazioni di libri. Se può evita quelli diversi da lui, non vuole mai sfigurare quando va per la strada; i suoi amici sono, o “bella gente” o “tipi strani”. Mai lo vedrete in giro con i suoi “protetti” che magari fanno i meccanici, o gli impiegati al catasto che, se hanno freddo commettono l’ingenuità di mettersi il maglioncino e la giacca a vento qualsiasi. Lui no, il PAD se ha un “amico” sfigato, è perché questo è tanto sfigato da essere “trendy” una specie da proteggere. Tendenzialmente si tratta di un finto anticonformista, o di un anticonformista a tutti i costi, uno di quelli che deve ostentare la propria cultura (palesemente contro-corrente) anche quando non espressamente richiesto. L'obiettivo è dimostrare di non appartenere ad un gruppo socio-culturale specifico, ma rendere chiaro a tutti la propria diversità e il gusto in fatto di letture, cibi, cinema, musica. Il PAD, piccolo borghese e snob proveniente dalla classe media, che, al fine di seguire la moda del momento, per esibizionismo o per inconfessati interessi personali, ostenta idee anticonformistiche e tendenze politiche affini alla sinistra radicale, generalmente avulse o diametralmente opposte ai valori culturali e sociali del ceto di appartenenza.
Gigino Adriano Pellegrini & da Boston, G elTarik.