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Un anno fa – più o meno di questi tempi – le esigenze giornalistiche avevano giustamente richiesto la ribalta e la cosiddetta “prima pagina” per i tre arrestati eccellenti dell’operazione “Robin Hood” contro i papponi di Calabria Etica e così le fotografie di Pasqualino Ruberto e Nazzareno Salerno e le accuse contro il dirigente regionale Vincenzo Caserta hanno girato per tutta Italia.

Era passato in secondo piano invece il ruolo fondamentale del “bancomat” di questi papponi. tutti affamati di tangenti e soldi sonanti. Si chiama Ortensio Marano e viene da Belmonte, costa tirrenica cosentina, ad un passo da Amantea. 

I dieci milioni di euro di fondi comunitari stanziati per le famiglie bisognose sono stati trasferiti alla Fondazione Calabria Etica, e da qui girati attraverso un bando ad hoc ad una società privata, la Cooperfin spa dell’imprenditore Ortensio Marano, che in parte li distraeva dalla loro finalità facendoli girare su conti di gestione in modo da utilizzarli per la propria attività finanziaria, in parte li trasferiva direttamente all’ex assessore Nazzareno Salerno, mascherandoli sotto forma di prestito.

Duecentotrentamila euro: un prestito fittizio, secondo gli inquirenti, perché a fronte delle rate pagate dal politico, la società restituiva le stesse cifre per l’acquisto di quote di una società riferibile alla famiglia dello stesso Salerno.

Tutto questo un anno fa. Oggi, a distanza di poco più di un anno – appunto – scopriamo che il “bancomat”, pardon la Cooperfin, ha chiesto e ottenuto il pignoramento dello stipendio alla Regione di Nazzareno Salerno, quasi a voler dimostrare che quel “prestito” non è fittizio… Ovviamente sappiamo tutti che trattasi di mazzetta mascherata da prestito e questa mossa della Cooperfin potrebbe essere la spia di una forma di collaborazione con la magistratura e quindi con la DDA che non promette niente di buono per Nazzareno Salerno e gli altri suoi compari “papponi”.

Ricordiamo infatti che all’epoca hanno ricevuto un avviso di garanzia anche Maria Vincenza Scolieri, 41 anni, Cristiano Giacinto, 43, e Licia Soreca, 34 anni. I tre sono accusati di abuso d’ufficio in concorso “in qualità di componenti la commissione esaminatrice nominata in relazione alla gara indetta dalla fondazione Calabria Etica, per conto della Regione Calabria, in relazione a un partner di service finanziario connesso alla gestione del fondo a favore di coloro che versano in una situazione di temporanea difficoltà economica di cui al progetto “Credito Sociale”, dunque di pubblici ufficiali o comunque incaricati di un pubblico servizio”.

In estrema sintesi, Scolieri, Giacinto e Soreca avevano aggiudicato la gara alla società Cooperfin Spa nonostante fosse palese che non avesse i requisiti per poterla vincere.

Per raggiungere i propri obiettivi, Salerno ha estromesso quei funzionari che volevano escludere Calabria Etica dal progetto, tra cui l’ex dirigente Bruno Calvetta, che subì minacce e forti pressioni riprese anche dalle telecamere del Ros, e infine venne sostituito con Enzo Caserta, finito in manette nell’operazione.

Ruberto allora ha sottoscritto un avviso funzionale a quella selezione del tutto privo dei requisiti minimi per poter essere considerato un bando pubblico, non facendo alcun riferimento al valore del servizio da appaltare e individuando un termine di appena 7 giorni per la presentazione delle candidature, termine, “oltre che illegittimo anche inadeguato, in relazione alla richiesta di presentazione di un “progetto” che contenga proposte migliorative della gestione del servizio”.

Caserta ha poi omesso – pur avendo l’obbligo giuridico di intervenire – qualunque forma di controllo sulle modalità di selezione predisposte da Ruberto, mentre Marano ha concorso in questo in quanto “beneficiario della condotta illecita e negoziatore con Salerno, soggetto, a sua volta, ideatore ed istigatore della complessiva vicenda delittuosa, nonché in ultimo anche beneficiario del prezzo corruttivo che la Cooperfin Spa verserà in suo favore”.

E l’interesse della Cooperfin “non era certo la remuneratività del servizio, ma la disponibilità delle ingenti somme di cui poi avrebbe disposto in maniera assolutamente illecita”.

In definitiva, per il giudice, la predisposizione del “bando” risulta “essere stato chiaramente il frutto di una collusione fra chi lo ha formulato (Ruberto), chi ne ha affidato indebitamente la predisposizione (Caserta), chi aveva interesse a che fosse la Cooperfin ad aggiudicarsi il servizio (Salerno) e chi ne ha beneficiato, non tanto aggiudicandosi il servizio, ma appropriandosi concretamente addirittura della maggior parte (ben l’80% circa) delle somme gestite (Marano).

I 230.000 euro che sono stati trovati a Salerno sono palesemente il ricavato di una tangente. Euro versati al mafioso Salerno in due rate: la prima da 148.484 euro del 02.02.2015, la seconda da 82.255,46 euro, del 17.07.2015.

Le date dei versamenti, specie la prima, sono significative perché corrispondono allo stesso periodo (inizio 2015), quando Calabria Etica versa i soldi alla Cooperfin di Ortensio Marano. Come a dire: non appena i soldi sono stati accreditati e l’affare concluso, si passa al pagamento della mazzetta.

Dicono i magistrati: siamo di fronte ad una chiara mazzetta pagata a Salerno, in quanto ideatore del piano criminale che ha permesso alla Cooperfin di gestire il denaro del Credito sociale. E per giustificare la mazzetta, la cricca capeggiata da Salerno si inventa un prestito. E per “avallare” la tesi del prestito, Salerno versa fittiziamente anche qualche rata del presunto prestito alla Cooperfin. Denaro che Salerno riceveva attraverso versamenti, addirittura superiori all’importo fittizio della rate da pagare, guarda caso, dalla società M&M Management. E di chi è la società M&M Management? Guardo caso di Ortensio Marano, lo stesso che ha ricevuto la gestione attraverso la Cooperfin del denaro destinato al Credito sociale.

Sì, propio lui, Ortensio Marano da Belmonte, il bancomat dei papponi di Calabria Etica ma anche di Calabria Verde, per come abbiamo già documentato (http://www.iacchite.com/calabria-verde-principale-campanaro-le-grandi-manovre-cooperfin-tfr-dei-lavoratori/). Un uccellino ci aveva detto che presto ci sarebbero state novità. Ed aveva ragione. Buona fortuna a tutti!

Da Iacchite- 29 marzo 2018

Pubblicato in Belmonte Calabro

Il gup distrettuale Claudio Paris, accogliendo la richiesta del sostituto procuratore Graziella Viscomi, ha rinviato a giudizio sedici imputati convolti nell’inchiesta della Dda di Catanzaro Robin Hood, che ha scoperchiato quello che gli inquirenti hanno definito un comitato d’affari che avrebbe avuto pieni poteri sui fondi europei destinati al credito sociale, sottratti ai veri destinatari, alle famiglie più disagiate per soddisfare scopi di natura personale

Le accuse a vario titolo sono truffa, estorsione aggravata dal metodo mafioso, corruzione, peculato, turbativa d’asta ed abuso d’ufficio

A processo:

- l’ex assessore regionale Nazzareno Salerno, 52 anni di Serra San Bruno;

l’ex direttore generale  del dipartimento Lavoro della Regione Vincenzo Caserta, 60 anni di Lamezia Terme;

l’ex presidente di Calabria Etica Pasqualino Ruberto, 46 anni di Lamezia Terme;

Maria Francesca Cosco, 47 anni di Catanzaro;

il commercialista Antonio Cusimano, 57 anni di Catanzaro;

l’intermediario finanziario Bruno Dellamotta, 69 anni, originario di Genova, ma residente a Firenze;

l’imprenditore Gianfranco Ferrante, 53 anni di Vibo;

l’avvocato, già componente del Comitato di gestione del Credito sociale, Martino Valerio Grillo, 65 anni di Vibo;

l’ex componente della struttura speciale dell’assessorato al Lavoro della Regione Calabria Claudio Isola, 38 anni di Vibo;

ex amministratore delegato della Cooperfin Spa Ortensio Marano, 43 anni di Belmonte Calabro;

Patrizia Nicolazzo, 43 anni di Lamezia Terme;

Michele Parise, 44 anni di Castrolibero (Cs);

l’impiegato di Equitalia Vibo Vincenzo Spasari, 56 anni di Nicotera;

il figlio Saverio Antonio Spasari, 28 anni di Nicotera;

il cognato del boss Luigi Mancuso,

Damiano Zinnato, 50 anni, di Nicotera.

Nell’elenco dei rinviati a giudizio anche la Società Cooperfin Spa con sede in Belmonte Calabro.

A difendere gli imputati gli avvocati difensori Giancarlo Pittelli, Francesco Iacopino, Nunzio Raimondi, Vincenzo Gennaro, Francesco Gambardella, Danilo Iannello, Pasquale Naccarato, Angelo Spasari, Giovanni Marafioti, Francesco Sabatino e Anselmo Torchia.

Le posizioni degli avvocati Francesco Masciari, 52 anni di Catanzaro e Avolio Castelli, 60 anni di Roma, difesi rispettivamente dai legali Giovanni Merante e Giuseppe Viola, che lo scorso 5 gennaio hanno optato per il rito abbreviato, verranno discusse l’11 aprile, mentre, per quanto riguarda la posizione della società M&M Management srl con sede legale a Milano e con unità operativa a Belmonte Calabro, stralciata per difetti di notifica è già stata fissata una nuova udienza preliminare per il 26 gennaio prossimo.

In udienza non si è costituita parte civile la Regione Calabria, mentre si è costituito il dirigente generale del dipartimento n° 10 (Lavoro e Politiche sociali) Bruno Calvetta, rappresentato dall’avvocato Giusy Caliò.

Pubblicato in Belmonte Calabro

Arrestati Nazzareno Salerno, Pasqualino Ruberto, Vincenzo Caserta, Ortensio Marano ed altri 5

 

Un disegno criminoso che sarebbe stato messo in atto sin dall’avvio delle procedure per il credito sociale, uno strumento promosso dalla Regione Calabria che doveva servire a fornire piccoli prestiti alle famiglie calabresi più bisognose, e le cui risorse finivano invece nelle tasche di un vero e proprio comitato d’affari politico-criminale.

 

Quello su cui ha stretto il cerchio la direzione distrettuale antimafia di Catanzaro che con l’operazione “Robin Hood” condotta dai Carabinieri del capoluogo e dalla Guardia di Finanza di Vibo Valentia ha portato in manette nove persone tra cui:

Nazzareno Salerno, 52 anni, di Serra San Bruno (rieletto alle ultime regionali del novembre 2014 con Forza Italia ottenendo 9.163 preferenze), ex assessore regionale al Lavoro e attuale consigliere regionale

Pasqualino Ruberto, 46 anni, di Lamezia Terme, ex presidente di Calabria Etica, società in house della Regione Calabria (attuale consigliere comunale di Lamezia Terme);

Vincenzo Caserta, 60 anni, originario di San Costantino Calabro (Vv), residente a Catanzaro, ex dirigente generale del Dipartimento Politiche sociali della Regione Calabria;

Ortensio Marano, 43 anni, di Belmonte Calabro (Cs), ex amministratore delegato della Cooperfin spa;

Gianfranco Ferrante, 53 anni, di Vibo Valentia, imprenditore, considerato contiguo al clan Mancuso;

Giuseppe Avolio Castelli, 60 anni, di Roma;

Bruno Dellamotta, 69 anni, nativo di Genova residente a Firenze, allo stato irreperibile;

Claudio Isola, 38 anni, di Vibo Valentia, già componente della Struttura speciale dell’assessorato al Lavoro della Regione Calabria e indicato dagli inquirenti come contiguo alla cosca Mancuso di Limbadi;

Vincenzo Spasari, 56 anni,di Nicotera, impiegato di Equitalia a Vibo Valentia, considerato contiguo al clan Mancuso.Vincenzo Spasari è il padre della ragazza per il cui matrimonio atterrò un elicottero nella piazza centrale di Nicotera.

I dieci milioni di euro di fondi comunitari stanziati per le famiglie bisognose furono quindi trasferiti alla Fondazione Calabria Etica, e da qui - è la ricostruzione degli investigatori - girate attraverso un bando ad hoc ad una società privata, la Cooperfin spa dell’imprenditore Ortensio Marano, che in parte li distraeva dalla loro finalità facendoli girare su conti di gestione in modo da utilizzarli per la propria attività finanziaria, in parte li trasferiva direttamente all’ex assessore Salerno, mascherandoli sotto forma di prestito.

Duecentotrentamila euro: un prestito fittizio, secondo gli inquirenti, perché a fronte delle rate pagate dal politico, la società restituiva le stesse cifre per l’acquisto di quote di una società riferibile alla famiglia dello stesso Salerno.

“Sono stati sprecati fondi che servivano per dare sostegno e respiro a chi ha bisogno, a chi è in difficoltà, sono stati sprecati in modo scientifico con artifici e raggiri. Persone spregiudicate insensibili ai bisogni della gente hanno utilizzato questi fondi per fini propri, hanno rubato”, è stato il commento del capo della Distrettuale Antimafia Nicola Gratteri, affiancato in conferenza stampa dall’aggiunto Giovanni Bombardieri che ha coordinato l’indagine insieme ai sostituti procuratori Camillo Falvo e Fabiana Rapino.

Per raggiungere i propri obiettivi, l’assessore Nazzareno Salerno avrebbe estromesso quei funzionari che volevano escludere Calabria etica dal progetto, tra cui l’ex dirigente Bruno Calvetta, che subì minacce e forti pressioni riprese anche dalle telecamere del Ros, e infine venne sostituito con Enzo Caserta, finito in manette nell’operazione odierna. 

 

Salerno è quindi stato arrestato per abuso d'ufficio, turbativa d'asta, corruzione e minaccia a pubblico ufficiale aggravata dal metodo mafioso.

Nel provvedimento della Dda di Catanzaro è stato ipotizzato anche il voto di scambio a Carico di Salerno che avrebbe chiesto appoggio elettorale ai clan della 'ndrangheta Vallelunga di Serra San Bruno e Lo Bianco di Vibo Valentia in occasione delle elezioni regionali del 2010 acquistando veri e propri pacchetti di voti, ma il gip non ha ritenuto sussistenti le esigenze cautelari. 

 

L'operazione sarebbe il seguito di una precedente inchiesta sulle presunte assunzioni clientelari nella fondazione Calabria Etica: le indagini hanno poi consentito di svelare che tra gli assunti ci sarebbero anche esponenti legati al clan Mancuso, che avrebbe supportato Salerno nella sua azione intimidatoria.

Pubblicato in Belmonte Calabro

Ecco cosa scrive l’ex dirigente generale del dipartimento Lavoro della regione Calabria.

 

“La durezza del provvedimento interdittivo che oggi mi ha travolto, assolutamente inaspettato, mi impone questo scritto pubblico, per un'avvertita esigenza di difesa che invece - nelle dovute sedi che dovrebbero essere di garanzia - è stata negata sia a me sia ai miei avvocati; non un documento d'accusa ci è stato offerto o messo a disposizione, nulla, solo un interrogatorio "al buio" (tanto da essere costretto al silenzio); eppure il carteggio è immane, centinaia e centinaia di carte per decine di fascicoli per una vicenda che ha avuto inizio non mesi, ma anni prima che io venissi chiamato a svolgere il ruolo di dirigente generale del Dipartimento Lavoro (incarico che ho mantenuto per nove mesi, dal giugno 2014 al febbraio 2015) e che si è conclusa due anni dopo la mia cessazione della carica.

 

Incarico, è doveroso precisarlo, che ho assunto in un momento molto difficile per il Dipartimento, abbandonato a se stesso, con un carico di lavoro consistente e senza alcuna collaborazione interna, tanto che dopo alcuni mesi (il 24 novembre 2014), nel rassegnare le mie dimissioni, ho chiesto alla nuova Giunta con atto formale - quale condizione per rimanere al mio posto - la rimozione di alcuni dirigenti e la rotazione dei funzionari del dipartimento per manifeste inadempienze (dirigenti e funzionari che, contrariamente a me, sono rimasti al loro posto).

 

Ho piena fiducia dei professionisti avvocati che mi sostengono e credo nella verità processuale perché si basa su atti e documenti, su indagini e riscontri, e confido nella Magistratura, anche se mi è difficile comprendere il perché di questa decisione, tanto violenta quanto sproporzionata e che per questo avverserò in ogni sede giudiziaria con i leciti mezzi che il codice di procedura penale mi fornisce.

La mia non è "cieca obiezione", non venga letta come scontata autodifesa; è esigenza di spiegazioni, necessità di comprendere come possa basarsi la misura interdittiva di 12 mesi che mi è stata comminata, e dunque l'allontanamento forzoso dal mio lavoro per un anno intero, sulle dichiarazioni di un coindagato, di un soggetto che - cosi per come emerge letteralmente dall'ordinanza oggi notificatami - ha prima reso dichiarazioni in un senso e poi, senza alcuna spiegazione (da lui fornita e nemmeno richiesta dalla Procura), in senso esattamente contrario, così riversando su di me l'intera gogna e responsabilità di fatti rispetto ai quali mi professo estraneo.

È questo che risulta davvero difficile accettare: non documenti, atti, provvedimenti da me adottati o qualsivoglia altra prova diretta, ma solo la testimonianza di chi «diversamente da quanto dichiarato in precedenza» (questa è la sua versione messa nero su bianco) all'improvviso getta fango su di me. Ottenendo, questo va detto, di rimanere saldamente al proprio posto, e forse si spiega allora il cambio di versione.

Andrò avanti, mi difenderò, la verità verrà fuori e ogni circostanza falsa brandita contro di me verrà perseguita nelle sedi opportune.

Per completezza evidenziamo che c’è una sorta di “pentito” in questa vicenda, che è Pasquale Capicotto da Pianopoli, funzionario regionale e già responsabile dei lavoratori lsu-lpu.

Sono le sue ricostruzioni dei fatti la base dalla quale partire per arrivare all’interdizione dai pubblici uffici.

Ma il giudice Greco ha scritto che “La ricostruzione dei fatti fornita delinea uno scenario di decadenza da fine impero nel quale si osserva la definitiva subordinazione di fondamentali gangli della pubblica amministrazione a interessi privati.

La degenerazione è tale che numerosi dirigenti apicali di uffici pubblici mostrano di adoperarsi al solo fine di dirottare risorse pubbliche in complessi – per non dire “perversi” – meccanismi volti a captare il consenso elettorale necessario ad alimentare le basi del potere gestito con disinvolta arroganza nell’ambito di organi istituzionali di diretta investitura democratica.

Le dichiarazioni di Capicotto provengono dal cuore di un sistema degenerato nel quale le istituzioni della Repubblica, disancorate dal perseguimento dei propri fini istituzionali operano al prioritario fine di assicurare la sopravvivenza di un sistema che pare del tutto inconsapevole di essere ormai prossimo alla catastrofe economica e finanziaria”.

Insieme con Vincenzo Caserta, 59 anni, nato a San Costantino Calabro (Vv), ma residente a Catanzaro, la interdizione è stata comminata anche a Gianfranco Scarpelli (cl. ’56), ex direttore generale dell’Asp di Cosenza nella foto a dx insieme con Gentile)e ad Antonio Perri (cl. ’54) di San Fili (Cs) direttore del distretto di Rogliano.

Pubblicato in Catanzaro

Il sostituto procuratore Graziella Viscomi e il procuratore aggiunto Giovanni Bombardieri della Procura di Catanzaro hanno chiesto il processo per 12 persone accusate di svariate ipotesi di abuso d'ufficio e peculato.

Ecco i nomi

Pasqualino Ruberto, ex presidente della fondazione Calabria Etica, ente in house della Regione Calabria

Vincenzo Caserta già dirigente generale reggente del dipartimento "Sviluppo economico, Lavoro, Formazione e Politiche sociali;

Tadiana Gabriele, presidente della commissione selezionatrice dei progetti "Responsabilità sociale delle imprese in Calabria", "Potenziamento del servizio di accompagnamento per rendere accessibile l'informazione sociale nelle aree interne" e "Sostegno politiche integrate a favore della famiglia";

Sonia Libico componente della commissione selezionatrice di tali progetti

Ulisse Mancari, componente della commissione selezionatrice di tali progetti;

Michele Parise, presidente della commissione selezionatrice del progetto "Piano di comunicazione istituzionale";

Patrizia Nicolazzo componente della commissione selezionatrice del progetto "Piano di comunicazione istituzionale";

Maria Francesca Cosco, e componenti della commissione selezionatrice del progetto "Piano di comunicazione istituzionale";

Antonello Catanese, membro del collegio dei revisori dei conti della fondazione

Domenico Pisano, membro del collegio dei revisori dei conti della fondazione

Maurizio Scerra, membro del collegio dei revisori dei conti della fondazione;

Caterina Ferrante, amministratore unico e legale rappresentante della Crc Consulting.

Ma sotto accusa c'è tutto il sistema

Si parla di

Progetti generici e fumosi, ma molto costosi, per dare lavoro e stipendi a fini clientelari, e a ridosso delle elezioni regionali.

Di Procedure di selezione fittizie e discrezionali.

Di Finanziamenti prosciugati a danno delle politiche sociali per i Comuni.

Di Incarichi professionali affidati agli amici.

Secondo i magistrati, gli indagati, in particolare Ruberto, Caserta, Gabriele, Libico, Mancari, Parise, Nicolazzo, e Cosco, venendo meno al proprio dovere di pubblici ufficiali e trasgredendo all'articolo 97 della Costituzione che prescrive il dovere il dovere di imparzialità nella Pubblica Amministrazione, avrebbero illecitamente favorito l'assunzione di 251 collaboratori per quattro progetti «dal contenuto fumoso, privi di concretezza e di riferimenti alle modalità di attuazione nonché carenti di accordi con le autorità collegate cui i lavoratori erano destinati».

Pasqualino Ruberto, che si avviava a candidarsi a sindaco alle amministrative di maggio 2015 a Lamezia Terme (è stato poi eletto consigliere comunale) è accusato di avere assunto, intenzionalmente e a fini clientelari un numero abnorme di collaboratori a progetto (tra i quali persone a lui molto vicine: Daniela Cappelli, Floreana De Sarro, Tadiana Gabriele, Filomena Silvana Maglia, Carlo Marino, Miriana Paola, Simona Pizzonia, Bianca Maria Vitalone, Daniela Vitalone, Giuseppe Vitalone, Alessandro Cordiano, Antonio Cannone, Luca Gatto, Maria Pia Labate, Sonia Libico, Antonio Mazza, Giuseppe Vittorio Marino, Patrizia Nicolazzo, Pasquale Scaramuzzino, Monica Scicchitano, Licia Soreca, Antonella Torchia, Annamaria Tropea, Ivan Vavalà, Francesco Venuti, Carolina Caruso) per realizzare progetti «generici, fumosi e privi di riferimenti alle modalità operative».

Pubblicato in Calabria

La vicenda di Calabria Etica oltre che effetti politici ha avuto anche strasci chi giudiziari.

L’ex leader Pasqualino Ruberto ed il dirigente re gionale Vin cenzo Caserta hanno ricevuto avvisi di garanzia.

 

Ora la vicenda giudiziaria si allarga

Ed altre 11 persone entrano nel novero delle attenzioni del sostituto procuratore della Repubblica Graziella Viscomi.

Sotto accusa otto componenti delle commissioni selezionatrici nominate per il reclutamento del personale e di tre membri dei revisori dei conti della Fondazione, che a vario titolo rispondono di abuso di ufficio in concorso con Ruberto e di omissioni in atti di ufficio, invitati a presentarsi in Procura la prossima settimana per essere interrogati.

 

Parliamo di Gabriele Tadiana, Sonia Libico, Ulisse Mancari, Francesco Avolio, Michele Parise, Patrizia Nicolazzo, Maria Francesca Cosco, Massimiliano Vena, Antonello Catanese, Domenico Pisano e Maurizio Scerra.

La Commissione avrebbe violato tutta una serie di disposizioni normative e costituzionali con la complicità dell’ex leader di Calabria Etica, favorendo ingiustificatamente alcune persone piuttosto che altre. 

Ad essere attenzionate le assunzioni di 251 collaboratori che sarebbero state effettuate anche a fini clientelari a ridosso delle elezioni al Consiglio regionale e delle amministrative comunali del 2015 di Lamezia Terme, dove Ruberto, oggi consigliere di opposizione era candidato a sindaco.

Peculato e diverse ipotesi di abuso di ufficio sono i reati contestati a carico dell’ex leader di Calabria etica che gli sono costati un sequestro di oltre 361mila euro, mentre Caserta che risponde solo di abuso di ufficio si è visto notificare una richiesta di interdizione dai pubblici uffici, bocciata poi dal gip, perché nel frattempo si era dimesso dal suo incarico.

Pubblicato in Lamezia Terme

Per questo è stata costituita la Prosocial che sarà un supporto tecnico esterno a disposizione delle strutture socio-assistenziali calabresi, un universo di professionalità eterogenee per la risoluzione di problematiche amministrative, contabili e logistiche e per la gestione dei rapporti con le istituzioni»

Presso il Grand Hotel Lamezia il primo convegno programmatico.

A fare gli onori di casa ci ha pensato il legale rappresentante Antonio Caserta che ha illustrato finalità ed obiettivi del nuovo soggetto soffermandosi sulle problematiche più stringenti del comparto. «Il momento non è certo dei migliori – ha esordito il rappresentante di Prosocial - le mensilità di ritardo nei pagamenti alle oltre trecento strutture accreditate calabresi da parte della regione sono arrivate quasi a dieci e la precoce interruzione dell’ultima legislatura ha causato anche la mancata approvazione del bilancio; l’empasse che si è creato mette oggi a repentaglio la sopravvivenza stessa di chi opera nel campo socio-assistenziale ed è per questo che si intende dare un sostegno concreto alle strutture ponendoci come mediatori tra l’ente regionale e le singole realtà e mettendo a disposizione tutto il nostro bagaglio di conoscenze tecniche e professionali».

Nella carrellata di temi è finita anche la discussione relativa all’esiguità delle rette, definita dal relatore «una battaglia prioritaria da intraprendere compatti»: «La Calabria è al terz’ultimo posto tra le regioni d’Italia per ciò che concerne la spesa procapite a favore del territorio – ha sottolineato Caserta - e alle strutture socio-assistenziali è ancora oggi riconosciuto dalla regione un contributo ancorato ai parametri del 2004; per cambiare le cose occorre unire le singole voci e noi vogliamo essere il megafono delle istanze di chi lavora per i più deboli». Unanime l’apprezzamento del pubblico composto da un nutrito gruppo di rappresentanti delle strutture calabresi.

Molto gradita è stata la presenza del Dirigente del Settore Politiche Sociali, Dr. Vincenzo Caserta, che ha positivamente salutato la nascita del nuovo soggetto incoraggiando le singole strutture ad unire le forze per difendere i propri diritti. Sulla richiesta di un incontro con l’assessore Guccione avanzata dalla ProSocial, il dirigente del settore è stato chiaro: «Attraverso una delibera di giunta è stato recentemente convocato un tavolo tecnico per l’ambito socio assistenziale, la riunione sarà aperta a tutti e ci sarà l’occasione per discutere insieme le questioni toccate».

L’incontro organizzato da Prosocial si è poi concluso con un partecipato dibattito tra i rappresentanti delle varie strutture calabresi, un confronto a più voci in cui sono stati snocciolati temi e prospettive per il futuro. Un ulteriore incontro sarà organizzato in tempi brevi, al fine di diffondere le decisioni adottate dal tavolo tecnico.

Ndr Siamo certi che l’assessore Guccione troverà la quadra al problema dando la attesa risposta alle oltre trecento strutture accreditate calabresi da parte della regione, magari usando i fondi europei per lo sviluppo

Pubblicato in Calabria
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