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E’ una domanda che si sono posta in tanti di fronte alla amara scoperta di non aver più trovato il secchio della spazzatura dopo il ritiro della stessa

E’ successo a tanti.

Ma nessuno ha saputo rispondere

Almeno fino a stamattina

 

 

 

 

 

Stamattina infatti una rom lametina che chiede l’elemosina ogni domenica ad Amantea ha preso un secchio bianco e se lo è portato via

Forse a Lamezia stanno per cominciare la raccolta porta a porta e siccome come avvenuto ad Amantea li non danno i contenitori hanno bisogno di secchi?

Pubblicato in Politica

Ah,stiamo parlando di ROM!

Non volevano sposare i cugini, che il padre aveva scelto come loro sposi.

E per questo due ragazze di etnia rom venivano picchiate e segregate nel campo di Pisa.

Nei confronti del genitore la polizia ha eseguito un'ordinanza di custodia cautelare in carcere.

Le indagini hanno accertato le violenze e le lesioni che erano iniziate quando una delle due giovani era minorenne, mentre l'altra ha da poco compiuto 18 anni.

Calci, pugni, pratiche umilianti come il taglio dei capelli, ma anche segregazione nella roulotte dove venivano tenute a pane e acqua.

Tutto questo non per punirle dopo piccole mancanze ma per impedire loro di frequentare i rispettivi fidanzati.

Non erano quelli che il padre aveva scelto come futuri mariti.

Dovevano sposare due loro cugini.

Le famiglie avevano già avviato le trattative per i matrimoni ed erano anche stati pagati gli anticipi in denaro.

Il piano ora è svanito in seguito all'arresto del genitore accusato di sequestro di persona, maltrattamenti, calunnia e costrizione e induzione al matrimonio, reato, quest’ultimo, introdotto dal cosiddetto Codice Rosso e che costituisce il primo caso in Italia di esecuzione di una custodia cautelare in carcere.

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Rimini – Rapinatrice violenta: “Ora che non c’è più Salvini noi zingari ve la faremo pagare”.

Nella serata di martedì il personale della polizia di Stato è intervenuto nei giardini adiacenti la stazione ferroviaria dove, un uomo, era stato appena rapinato.

Gli agenti, chiamati verso le 22.30 da dei passanti che parlavano di una rissa nei pressi del deposito delle biciclette, si sono trovati davanti un 43enne di Galatina, un 51enne sudamericano e una 42enne dell’est Europa che, feriti, inveivano contro una nomade 51enne già nota alle forze dell’ordine.

Riportata la calma è emerso che i primi 3, poco prima, si erano appartati nel piazzale dello scalo ferroviario per consumare il pasto ricevuto dalla croce rossa e che, mentre stavano mangiando, è arrivata la nomade ad infastidirli.

La 51enne, secondo il racconto degli sbandati, ha iniziato ad offendere la 42enne della Repubblica Slovacca e il 51enne sudamericano, suo compagno, ne ha preso le difese.

Per evitare guai peggiori, i clochard si sono allontanati ma è stato a questo punto che la nomade si è trasformata in una furia afferrando la straniera per i capelli e, nel tentativo di rubarle il cellulare, l’ha scaraventata a terra.

Non contenta se l’è presa anche col 51enne tanto che, con un calcio sulla schiena, lo ha fatto finire a sua volta a terra e, dopo essergli saltato addosso, gli ha strappato tre collane che aveva al collo per poi fuggire.

E’ stato a questo punto che, il 43enne di Galatina, ha chiesto aiuto alla polizia di Stato con la Volante che è arrivata sul posto.

La nomade è stata subito individuata e bloccata ma, anche alla presenza degli agenti, ha continuato ad inveire contro i tre cercando più volte di aggredirli.

Un comportamento violento che si è riversato anche sui poliziotti tanto da urlare “Adesso che Salvini non c’è più, noi zingari ve la facciamo pagare”.

Ammanettata non senza difficoltà, la 51enne è stata quindi portata in Questura dove è stata arrestata per rapina, resistenza, violenza, lesioni e minacce a pubblico ufficiale e, mercoledì mattina, è stata processata per direttissima.

ndr Grazie Papa, grazie PD, ed oggi grazie 5 stelle

Rimini Today

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Ormai i Rom possono rubare energie elettrica e chissà cosa e quant’altro perchè ignoranti e poveri.

Il giudice monocratico Pingitore ha preso le distanze dall’orientamento della Cassazione che è contraria alla giustificazione di un reato.

 

 

Le argomentazioni della difesa d’ufficio ( a spese dello Stato) rappresentate dall’avvocato Antonella Rizzuto del foro di Cosenza convincono il Tribunale e l’imputata torna libera perché il fatto non costituisce reato.

L’accusa aveva chiesto cinque mesi di reclusione e 500 euro d’ammenda.

Il giudice invece ha preso le distanze dall’orientamento ferreo attuale della Corte di Cassazione che non ravvisa nello stato di bisogno e nel disagio economico di una persona una causa di giustificazione ad un reato, nel caso specifico il furto di energia elettrica.

Il procedimento si è definito con rito abbreviato condizionato a produzione documentale, ossia sulla produzione degli atti.

“Il giudice ha dimostrato di valutare attentamente la situazione dell’imputata arrestata il 16 marzo 2018 a seguito di un servizio di controllo dei carabinieri all’interno del villaggio rom, in via degli Stadi, dove la donna abita.

In quell’occasione furono arrestate diverse persone.

Già all’udienza di convalida a marzo 2018 il giudice aveva preso atto delle condizioni economiche disagiate e disastrose della famiglia dell’imputata la quale aveva provato con documentazione e dichiarazioni che viveva a casa con otto persone tra cui minori in tenerissima età.

Nonostante il reato fosse acclarato, ossia i militari dell’Arma avessero rinvenuto l’allaccio diretto all’energia elettrica, il giudice esprime sentenza di assoluzione riconoscendo la causa di giustificazione per la quale la Cassazione è totalmente contraria perchè una persona si può rivolgere ad enti e associazioni in grado di aiutare chi ha bisogno.

Ma in questo caso anche le argomentazioni difensive hanno convinto il giudice rappresentando il contesto sociale e culturale dove maturano determinate condotte; la difesa ha sottolineato come si tratti di persone che non hanno assolutamente istruzione ed è difficile anche solo rivolgersi ad enti con fini di aiuto per i bisognosi. Sicuramente l’imputata e chi come lei, può rivolgersi alla Caritas per quanto riguarda generi alimentari, bisogni di prima necessità, ma non ci sono enti ed associazioni che provvedono al pagamento di bollette soprattutto in una abitazione con quattro figli minori e un surplus notevole di spese da affrontare.” ( Dal web)

La Repubblica, l‘importante giornale italiano di sinistra, esordisce dicendo che “Roma (è) sempre più cattiva e sempre più razzista”.

Lo ha detto parlando di una rom pestata davanti alla figlia per un tentato furto.

 

 

 

Alla Repubblica osiamo chiedere se avrebbe parlato comunque di una città e di uno Stato sempre più cattivi e sempre più razzisti se il furto ci fosse stato.

Alla Repubblica osiamo chiedere se ritiene che sia giusto rubare.

Alla Repubblica osiamo chiedere se ritiene che questi Rom che rubano sempre, a tutti, comunque e dovunque, siano un esempio da additare ai romani ed agli italiani.

Alla Repubblica osiamo chiedere se sa che i rom per lo più anche quando arrestati non restano in carcere ed escono immediatamente in nome di una tolleranza inaccettabile che se estesa renderebbe le nostre città e la nostra Italia pericolose ed invivibili.

Alla Repubblica osiamo chiedere se avrebbe usato lo stesso trattamento per una ragazza italiana, chiamando “cattivi e sempre più razzisti”coloro che contestano apertamente questi comportamenti e se abbia consapevolezza che questa sinistroide tolleranza non possa essere l’inizio della fine della nostra civiltà.

Alla Repubblica osiamo chiedere di farsi promotrice della totale e definitiva chiusura delle carceri italiane in nome dell’antirazzismo, magari trasformandole in campi rom gestiti dalle guardie carcerarie che in tal modo non perderebbero il lavoro….

Od in alternativa di cambiare il codice penale eliminando il reato di furto quando esso viene compiuto da una Rom, e, se la stessa si porta appresso una bambina per compiere il furto, di educare gli italiani a farsi rubare senza reagire e senza nemmeno lamentarsi.

Ovviamente noi invitiamo le ragazze rom a rubare esclusivamente agli articolisti della Repubblica ed ai loro congiunti per sapere cosa poi scriverebbero.

Pubblicato in Italia

E' partita dal brutale pestaggio di una minorenne di etnia rom scappata dal campo di via San Severo a Foggia, l'indagine che ha portato gli agenti della Squadra Mobile del capoluogo al fermo di sei persone (delle quali quattro maggiorenni e due minorenni), tutti di origine rumena.

Sono accusate di riduzione e mantenimento in stato di servitù, induzione e sfruttamento della prostituzione minorile e sequestro di persona, ai danni di giovani ragazze minorenni.

I provvedimenti, emessi dalla procura ordinaria di Bari (direzione distrettuale antimafia) e dalla procura dei Minorenni sempre del capoluogo pugliese ed eseguiti nel campo nomadi di Foggia, hanno interessato i componenti di uno stesso nucleo familiare.

I reati tutti pluriaggravati sarebbero stati commessi dal mese di marzo fino a settembre di quest'anno ai danni di tre minorenni.

Sono stati fermati F. C., 47 anni, detto 'Bal Parno', P. C., 46 anni, nota come 'Poiana', M. R. I., 27 anni, S. C., 26, detto 'Solomon', e in S.D. e D.I., minorenni, mentre le vittime accertate risultano essere tre ragazze minorenni, di origine rumena, oggi tra i sedici ed i diciassette anni.

SEGREGATE E PRESE A CALCI E CINGHIATE- Il pestaggio che ha dato il via alle indagini è avvenuto nella notte del 3 settembre: la giovane è stata colpita con calci, pugni, schiaffi e cinghiate, sferrati in ogni parte del corpo, sulla faccia, sulla pancia e dietro la schiena, poi trascinata per i capelli, fatta strisciare per terra, all’interno della baracca nella quale veniva segregata da uno dei fermati, identificato in S.D.. Dopo essere scappata, la ragazza è riuscita a raggiungere un vicino accampamento occupato da italiani che hanno chiamato la polizia e il 118. Secondo quanto ricostruito dalla squadra mobile e dalla Procura di Bari le minorenni, tutte appartenenti a nuclei disagiati, una volta condotte nel campo con l’inganno e l'impiego degli stratagemmi più vari, venivano di fatto segregate all'interno di alcune baracche, chiuse dall’esterno con una catena ed un lucchetto, picchiate continuativamente per più giorni per piegare le loro capacità di reazione e costrette a prostituirsi sotto il diretto controllo dei loro aguzzini.

Grazie alla testimonianza di una delle vittime e ai riconoscimenti fotografici dei presunti autori dei delitti, oltre che ai sopralluoghi, agli accertamenti sui telefoni e all’esame dei social network, è emersa l’esistenza di una delle forme di 'schiavitù moderna'. Le giovani straniere, per lo più sole e non in contatto con la famiglia, venivano destinate al mercato della prostituzione, controllato dai fermati. E’ stato accertato, infatti, che nessuna delle vittime poteva scappare dal campo, essendo controllata 24 ore al giorno, sia durante la permanenza nelle baracche, sia durante gli spostamenti, che avvenivano sotto il diretto controllo degli uomini del gruppo criminale e delle donne, fino alla statale 16 (direzione Lucera, posto a circa duecento metri dallo svincolo per via San Severo), dove erano costrette a prostituirsi, dopo essere state accompagnate in auto dagli indagati. Era quasi impossibile sottrarsi: le ragazze, oltre a subire violenze e minacce, erano sole sul territorio italiano, nessuno avrebbe potuto reclamare la loro scomparsa. Per di più i fermati, una volta condotte le minorenni nel campo, le privavano dei telefoni cellulari e dei documenti.

COSTRETTE A VENDERSI ANCHE IN GRAVIDANZA - Le indagini hanno accertato che quella di costringere le minorenni a prostituirsi anche durante la gravidanza fosse una prassi consolidata. Di fronte al rifiuto opposto dalle vittime, le stesse sarebbero state picchiate senza pietà. Della loro segregazione nel campo nomadi si sarebbe occupata principalmente M.R.I., 27 anni, che avrebbe partecipato alle attività illecite del gruppo familiare, all’interno del quale si era inserita quale compagna di uno dei figli del capo famiglia. La donna assisteva a tutte le condotte illecite commesse ai danni delle vittime senza intervenire in loro aiuto, controllandole durante l’attività di prostituzione, e acquistando, insieme a P.C., i preservativi da fornire alle vittime. E' stata la vittima del pestaggio del 3 settembre a riferire di essere stata costretta a prostituirsi fino al settimo mese di gestazione.

BIMBO IN VENDITA - M.R.I. avrebbe inoltre proposto ai suoi complici di vendere a un uomo il figlioletto della ragazzina rom costretta a prostituirsi. La donna - secondo quanto riferito dalla minorenne scappata dopo il pestaggio- avrebbe infatti proposto agli altri fermati la possibilità di vendere a un uomo il suo bambino per la somma di 28.000 euro.

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Degrado in un campo rom di Roma. La piccola obbligata a cinghiate a mendicare dall’età di 4 anni. Riconosciuta dal giudice il reato di “riduzione in schiavitù”

Già a quattro anni Esmeralda veniva mandata a medicare in giro per Roma.

La prendeva addirittura a cinghiate per convincerla a farlo, anziché starsene a giocare nel campo rom insieme agli altri bambini.

E per oltre dieci anni è stata obbligata a stare davanti a un supermercato della Capitale a chiedere le elemosina per riuscire a portare a casa un po’ di euro che finivano nelle tasche dei suoi famigliari.

Ora, però, per quella che però i giudici della Corte d’Assise hanno ritenuto essere una vera e propria “riduzione in schiavitù”, la nonna della piccina, Elena Zorel, è stata condannata a scontare ben dodici anni di carcere.

Non l’hanno passata liscia nemmeno la madre della bimba, Maria Costantin, e la zia, Mirela Lapadat.

Come racconta il Corriere della Sera, le drammatiche violenze si sono verificate nel campo rom di via Candoni.

E sono andate avanti per oltre dieci anni.

Tutto ha inizio nel 2005 quando la nonna le dà un cartone in mano e la piazza a chiedere la carità davanti a un supermercato in via del Trullo.

L’ordine è di stare lì seduta tutti i giorni, indipendentemente se su di lei splendeva il sole o cadeva la pioggia.

Quando, poi, la piccola cresce e prova a ribellarsi, Elena Zorel la massacra di botte prendendola a cinghiate.

La madre è presente ma non muove un dito per difenderla.

Nemmeno quando la nonna tira una coltellata alla nipotina per farle capire che non può essere lei a decidere del suo destino.

E, per questo, alla fine del processo è stata condannata a scontare un anno e otto mesi di carcere.

Nel processo a carico della nonna e e della madre della giovane, che oggi ha diciotto anni, la Corte d’Assise ha configurato il reato di “riduzione in schiavitù“.

Come racconta il Corriere della Sera, infatti, le due donne hanno obbligato, con la forza e per dieci lunghi anni, la nipote a mendicare anziché studiare e giocare con gli altri bambini.

Eppure Andrea Palmiero, l’avvocato che difende Elena Zorel, ribatte che “la valutazione della Corte paga la difficoltà a capire che la nostra cultura è diversa da quella dei rom”.

novembre 14, 2018

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I bagnanti gli negano l’obolo e il questuante per rabbia spacca l’attrezzatura balneare.

Mezzogiorno-di-fuoco sulla spiaggia di Levante, più o meno nella zona dell’Hotel Nautilus.

Un giovane rom di 25 anni si aggirava sull’arenile di ombrellone in ombrellone chiedendo l’elemosina ma ad ogni rifiuto reagiva male e con rabbia, danneggiando quello che trovava sotto mano.

Ha spaccato lettini e ombrelloni, poi non soddisfatto ha iniziato con i dispetti spostando gli oggetti dei bagnanti che erano in quel momento presenti.

Non solo, perché oltre ai danni il ragazzo ha poi voluto farsi beffa dei presenti ha mostrato anche i genitali dopo aver abbassato i pantaloni e insultando ripetutamente chi tentava di riprenderlo.

La cosa non è affatto passata inosservata e i frequentatori della spiaggia hanno immediatamente chiamato la polizia municipale intorno all’ora di pranzo.

La pattuglia è intervenuta immediatamente ma il ragazzo nel frattempo si era allontanato frettolosamente dall’arenile.

Aveva capito che era stata chiamata la polizia e quindi ha cercato riparo in una pizzeria nel vicino via Amendola, sperando di passare inosservato.

Ma l’oltraggio e i vandalismi, tutt’altro che episodi isolati hanno destato rabbia tra i bagnanti tanto che alcuni di loro hanno seguito le tracce del 25enne e così all’arrivo della polizia hanno indicato dove si era andato a rifugiare.

E non sono mancati neanche momenti di tensione perchè i bagnanti presenti hanno cominciato a protestare vivacemente all’indirizzo del nomade.

I vigili urbani hanno chiamato supporto anche una squadra della volante.

L’uomo molto nervoso e collerico è stato portato via dai poliziotti della volante per un controllo approfondito in Questura.

Nel frattempo gli agenti hanno raccolto le testimonianze e il 25enne è stato denunciato per danneggiamenti ma anche per atti osceni in luogo pubblico.

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Tre borseggiatrici rom arrestate

I Carabinieri della Stazione Roma San Lorenzo in Lucina hanno arrestato tre donne, di 31, 34 e 15 anni, tutte nomadi di origini slave, sorprese subito dopo aver rubato un portafoglio ad un turista cinese di 68 anni, in via del Sant’Uffizio.

Tra di loro, c’è lei, la più pericolosa sulla quale pendeva un mandato d’arresto europeo, non a caso soprannominata la ‘Signora del furto’, (Lady Theft).

I carabinieri in borghese hanno notate le tre donne rom mentre si posizionavano dietro un gruppo di cittadini cinesi, le hanno seguite e sono intervenuti appena la 34enne, con l’aiuto delle due complici, ha allungato la mano per impossessarsi del portafoglio del malcapitato turista.

Dai successivi accertamenti, i militari hanno scoperto di trovarsi davanti proprio alla borseggiatrice rom più famosa d’Europa, la ormai “leggendaria” lady Thef, ricercata dal marzo del 2013 dalle autorità olandesi, per numerosi borseggi compiuti dal 2008 al 2009 nei Paesi Bassi.

La 31enne è stata trattenuta in attesa del rito direttissimo, la minorenne condotta presso il Centro di Prima Accoglienza di via Virginia Agnelli e ‘Lady Theft’ si trova a Rebibbia in attesa di essere estradata.

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Se questa è l’Italia non mi piace

Ne abbiamo già scritto ma il risultato è sempre lo stesso.

 

Lo stato (scusateci se lo scriviamo minuscolo) permette ad una famiglia Rom di occupare una casa popolare temporaneamente lasciata dalla famiglia che la occupava legittimamente.

 

E' avvenuto ad Avezzano, in provincia dell'Aquila.

Un ulteriore episodio, l'ultimo di una lunga seria.

Vice-comandante della Polizia locale dichiara: "Alla minima manifestazione di fermezza, il gruppo di occupanti si fa scudo di uno o più minori. E le nostre operazioni si fanno impossibili".

 

I Rom poi hanno montato una nuova porta.

Il comandante è convinto che i Rom agiscano con notevole cognizione di commi, e delle leggi.

“L’occupante si è presentata al nostro Comando, e si è autodenunciata. A quel punto una nostra pattuglia si è recata sul posto – ci racconta ancora il capitano -. Abbiamo provato a contattare i regolari proprietari, per ricondurli a casa loro, non trovandoli. Abbiamo emesso comunque un provvedimento d’urgenza in flagranza di reato, ammonendo l’indagato che una sua inottemperanza e resistenza avrebbe comportato l’uso della forza pubblica. Ma per riuscire a farli allontanare dall’alloggio è stato necessario ricorrere agli stratagemmi più estenuanti, con quel bambino costantemente in braccio alla mamma”.

Le vittime di questa vicenda kafkiana sono Gianni Di Marco, muratore, e sua moglie, collaboratrice domestica. Non abbiamo più niente. Ci hanno portato via anche i mobili. Non sappiamo più dove andare. Stiamo chiedendo ospitalità ad amici e parenti provvisoriamente, ma poi cosa faremo?”.

 

Riescono più a recuperare il loro tetto, visto che gli abusivi si guardano bene dal levare il disturbo. Anzi, hanno già rimontato una nuova porta d’ingresso.

Le vittime di questa vicenda kafkiana sono Gianni Di Marco, muratore, e sua moglie, collaboratrice domestica. “La nostra casa e tutto ciò che era all’interno (mobili, suppellettili, effetti personali) sono adesso in mano a degli sconosciuti, non abbiamo più niente. È entrata in casa una donna con un bambino e nessuno ha potuto farli uscire. Non sappiamo più dove andare. Stiamo chiedendo ospitalità ad amici e parenti provvisoriamente, ma poi cosa faremo?”

 

Ora i vigili hanno chiesto al magistrato il sequestro preventivo dell’alloggio, con l’aggiunta della querela presentata dai proprietari”.

Ma nel teatro kafkiano denominato Italia difficile che i diritti degli italiani siano presi nella dovuta considerazione.(da Il fatto quotidiano) 

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