Cominciamo il nuovo anno 2016 nel solito dilem ma:che fare?
Stare in silen zio come fanno tanti concittadini, chi per viltà accomodante , chi per indolenza spi rituale, chi per ignavia( come colui che liberò Barabba e condannò Cristo pur sapendolo innocente o come Esaù, che rifiutò la sua primogenitura barattandola con un piatto di lenticchie) , facendo finta di non vedere, di non sentire, di non capire e lasciando tutto come è, senza osare far nulla, quasi che le strade su cui cammina non siano le sue, il paese in cui vive non sia il suo?
O continuare ad osservare quanto lo circonda e, con l’occhio al domani, al futuro pieno di speranza( magari quello dei suoi figli, dei suoi nipoti), continuare a segnalare piccole, medie e grandi cose che non vanno o che comunque potrebbero andare meglio. Cose da rivedere, da correggere, migliorare, non per sèma per tutti?
La scelta è rilevante, molto rilevante.
Chi sta zitto e si fa i (c……) fatti suoi, (per Dante "che mai non fur vivi") passa per essere sereno, buono, destinato al paradiso, rispettato dai potenti e dai suoi simili.
Chi al contrario si permette di essere critico rischia moltissimo, nientemeno che il giudizio degli ignavi.
Si! Il mondo è cambiato ; un tempo erano giudicati gli ignavi ( Dante: vedi sotto), oggi quasi passano per eroi!
Noi osserviamo sommessamente che esiste anche una critica osservativa, una mera constatazione finalizzata ad attenzionare le cose che non sono opportune per la positiva immagine città , di una città che non può vivere di grispelle e monacelle ma che vuole crescere conservando il ruolo che la storia le ha assegnato o che ella ha saputo farsi assegnare
In questa ottica positiva ( ma senza lodi ad ogni costo) e non dissacrativa qualche elemento fotografico positivo ( come quelle che seguono) e negativo ( come quello in prima pagina).
Le foto sono di questi giorni.( Dante dopo le fotyo)
Dante Alighieri, durante la narrazione fantastica del suo viaggio nel regno dell'oltretomba all'interno della Divina Commedia, li colloca nell'Antinferno.
Li descrive aspramente come coloro che durante la loro vita non hanno mai agito né nel bene né nel male, senza mai osare avere una idea propria, ma limitandosi ad adeguarsi sempre a quella del più forte.
Dante li inserisce qui perché li giudica indegni di meritare sia le gioie del Paradiso, sia le pene dell'Inferno, a causa proprio del loro non essersi schierati né a favore del bene, né a favore del male. Sono costretti a girare nudi per l'eternità inseguendo una insegna – che corre velocissima e gira su se stessa – punti e feriti da vespe e mosconi. Il loro sangue, mescolato alle loro lacrime, viene succhiato da fastidiosi vermi.
Il disprezzo del poeta verso questa categoria di peccatori è massimo e completo. Tanto accanimento si spiega, dal punto di vista teologico, perché la scelta fra Bene e Male, deve obbligatoriamente essere fatta. Dal punto di vista sociale, inoltre, nel Medioevo lo schieramento politico e la vita attiva all'interno del Comune erano quasi sempre considerate tappe fondamentali ed inevitabili nella vita di un cittadino. Se l'uomo è un essere sociale, chi si sottrae ai suoi doveri verso la società non è degno, secondo la riflessione dantesca, di alcuna considerazione.
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