
Redazione TirrenoNews
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Tra i banchi di scuola. Ricordi e suggestioni di un tempo che fu.(Francesco Gagliardi)
Martedì, 02 Ottobre 2018 14:58 Pubblicato in Campora San GiovanniLa scuola di una volta, quella che io ho frequentato per la prima volta sul finire degli anni trenta, aveva questo gravissimo compito: insegnare agli scolari a scrivere, a leggere e a far di conto.
Si acquisivano, anche se alla buona i primi rudimentali strumenti del sapere e le prime competenze strumentali indispensabili per la vita di allora.
Bisogna rendere omaggio a quella scuola perché da essa sono uscite diverse generazioni di alunni che poi hanno fatto grande l'Italia.
La scuola elementare era considerata scuola dell’obbligo per i ragazzi dai sei agli undici anni. L’obbligatorietà di frequentare la scuola media risale soltanto all’anno 1962.
Non tutti i comuni d’Italia possedevano edifici scolastici e locali idonei per le scuole.
Spesso erano locali improvvisati, privi di servizi igienici, di luce naturale e di luce artificiale.
Nelle campagne, poi, la scuola era ubicata in sperduti casolari diroccati, lontani ed inospitali. Il più delle volte erano stalle con assoluta povertà di sussidi didattici e di suppellettili: un tavolo sgangherato, una lavagna, quattro banchi di legno e una carta geografica rattoppata.
Anche l’armamentario degli scolari era povero: un libro di lettura, un sillabario, una matita, una gomma, un astuccio col pennino, un quaderno a righe ed un altro a quadretti, un calamaio.
Il tutto racchiuso in una cartella di stoffa o di legno per i più poveri, una cartella di carta pesta di colore giallo per i più ricchi.
Ah, il calamaio! L’inchiostro sempre fuoriusciva ed avevamo sempre le mani impiastricciate di nero e la camicia ed i pantaloni imbrattati.
Costringevamo le nostre mamme a lavori straordinari, anche perché col bucato di una volta l’inchiostro difficilmente andava via dai vestiti.
Nostalgia, rimpianto di quei tempi lontani? Tantissimo. Non mi vergogno davvero nel confermarlo. Non credo che qualcuno voglia farmi sentire in colpa se ricordo ancora con tanto affetto la mia aula scolastica, la mia maestra di prima elementare che con tanta pazienza e bontà guidava la manina ancora incerta alla conquista gioiosa delle lettere dell’alfabeto.
Ricordo con affetto e nostalgia i cari, i vecchi compagni di classe. Impossibile non pensare a loro. Se chiudo gli occhi li rivedo uno per uno.
E poi lei, la buona, la cara, la dotta, l’impareggiabile maestra Adele Politano, seduta dietro il tavolo, sotto un piccolo crocifisso appeso al muro tra i ritratti del Re Vittorio Emanuele III e di Benito Mussolini, il nostro Duce. Ricordo il suo sguardo materno, il suo dolce sorriso.
Sul tavolo c’era l’immancabile registro di classe dove la maestra registrava le assenze, le note e le osservazioni sistematiche, una guida didattica che consultava spesso, una penna, un calamaio, un foglio di carta assorbente ed infine una bacchetta di legno ben levigata larga circa tre dita e lunga mezzo metro.
Ahi, ahi, la bacchetta di infelice memoria! Adesso la bacchetta non si usa più nelle nostre scuole, i tempi sono cambiati ed i metodi di correzione sono completamente diversi da quelli di una volta. Non avevi imparato a memoria i verbi? Cinque bacchettate. Non avevi imparato la tavola pitagorica? Dieci bacchettate. E se nella deprecabile ipotesi rispondevi alla domanda del maestro che il poliedro era un asinello allora le bacchettate erano parecchie. E che male facevano, specialmente d’inverno, quando le mani erano completamente gelate dal freddo. Non ti potevi neppure lamentare, altrimenti la pena veniva raddoppiata. E se poi ti lamentavi a casa col babbo e con la mamma ti rispondevano:- Ha fatto benissimo. Se incontrerò la maestra la ringrazierò e le dirò di fare peggio-
E giù quattro scappellotti. Oggi, come minimo, il maestro andrebbe diritto in tribunale, processato ed allontanato dalla scuola.
La bacchetta aveva il suo posto d’onore sul tavolo della maestra, a destra del registro e guai a chi osava toccarla. Veniva guardata con disprezzo. Scompariva, immancabilmente, quando in classe arrivava qualche supplente giovane. Come d’incanto ricompariva quando ritornava la vecchia maestra. Certe volte erano gli alunni più bravi, i secchioni, quelli che sedevano ai primi banchi, che si incaricavano di portarne una nuova. Se la facevano preparare dal falegname del luogo, il quale non osava minimamente dire di no alla richiesta del “mastro e scola”. Il maestro, una volta, era rispettato, amato e preso in grande considerazione, specialmente nei piccoli paesi. Il parroco, il medico, il farmacista, il maestro di scuola erano gli unici che sapevano leggere e scrivere e quindi erano i soli capaci di leggere e scrivere le lettere dei congiunti emigrati in terre lontane.
Altri tempi, altra scuola, altri ragazzi, altri metodi! Ora la bacchetta a scuola non si usa più. E se qualche volta capita a qualcuno di visitare una scuola e trovare una bacchetta sulla cattedra, non si deve allarmare. Quella bacchetta serve tutt’al più agli alunni per individuare sulla carta geografica le regioni italiane, i fiumi, i laghi, i monti ed i mari della nostra penisola. E se a qualche viandante distratto e occasionale, passando sotto le finestre di una scuola, capita di sentire tra le voci dei ragazzi un bel colpo sulla cattedra, non si deve minimamente preoccupare. Non è scoppiata nessuna rivoluzione in classe. E’ stata la bacchetta.
Ah, la bacchetta! Che fine ingloriosa ha fatto! Povera, infelice, odiata bacchetta!
Così scrisse il compianto Ispettore Scolastico Dott. Mario Valentini in un suo articolo tanti anni fa nel ricordare la bacchetta:-
Da simbolo dell’autorità magistrale e strumento di pedagogica correzione a mazza di tamburo -.
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Amantea.Anche dal ponte sulla SP 278 cadono calcinacci
Martedì, 02 Ottobre 2018 14:18 Pubblicato in Economia - Ambiente - EventiNon solo dal ponte sotto la SS18 di Coreca cadono calcinacci.
No.
Anche da quello della SS18 del ponte azzurro che passa sopra SP 278 per Lago.
E’ un ponte in cemento armato di cui si vedono i ferri.
Ma anche oggi sono caduti pezzi di cemento.
Per fortuna che sotto il ponte passano autoveicoli e motoveicoli.
Provate d immaginare se passassero anche pedoni.
Certo che se i calcinacci cadessero mentre passa un’automobile i danni non sarebbero lievi
Provate ad immaginare la caduta di un grosso calcinaccio sul vetro anteriore della vostra auto mentre salite su al comune per farvi la carta di identità.
Vogliamo sostenere che si impone un immediato intervento di manutenzione
Manutenzione spinta.
A chi spetta?.
Probabilmente al comune di Amantea che secondo noi scioccamente acquisì la strada dalla Provincia di Cosenza.
Una acquisizione incomprensibile e di cui si sa ben poco.
Una acquisizione probabilmente illegittima considerato che la strada versava in condizioni inaccettabili e non era collaudata.
E probabilmente non era nemmeno collaudabile.
Ma questa è solo una delle tante cose illogiche fatte dal nostro comune.
Ora però non ci chiediamo se succedono danni a persone e cose chi li pagherà?.
Il comune di Amantea?.
Non ci sembra giusto!.
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Manifestazione a Milano di Lotta Comunista, Fiom, Cgil e Anpi.
Lunedì, 01 Ottobre 2018 21:49 Pubblicato in ItaliaEcco la verità sui migranti:La troviamo su Milanotoday che scrive delle 3.000 persone che hanno partecipato alla manifestazione anti-razzista, organizzata dai Circoli operai di Lotta comunista (con loro diverse sigle sindacali e di sinistra, tra cui Fiom, Cgil e Anpi), che si è svolta domenica a Milano.
Un serpentone del corteo si è snodato dai Bastioni di Porta Venezia, poi San Babila, corso Matteotti e largo Mattioli, fino a piazza della Scala.
Queste le verità emerse:
Viva l’Internazionalismo.
Nessun lavoratore è uno straniero, la nostra patria è il mondo intero.
Prima i proletari, di qualunque condizione e nazionalità.
E’ il momento del coraggio, il momento di scendere in piazza contro l’Europa che li lascia affogare (i migranti) nel Mediterraneo.
E’ il momento del coraggio, il momento di scendere in piazza contro l’Europa che paga gli sgherri in Libia.
Vergogna.
Come è possibile che i Paesi più ricchi del mondo chiudano la porta in faccia alla vita, ai giovani che sognano solo una vita migliore.
Noi diciamo loro benvenuti, non siete soli: siete il nostro presente, sarete il nostro futuro.
Siete i lavoratori d’Europa.
Viva l’accoglienza, l’integrazione.
"Oggi la piazza è nostra, Salvini, Di Maio tornate a casa vostra".
Schierarsi uniti contro questo governo di bulli e tirapiedi.
Unità di classe contro chi ci vuole dividere.
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