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Redazione TirrenoNews

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Pakistano nasconde l’eroina nelle mutande

Mercoledì, 24 Ottobre 2018 20:11 Pubblicato in Italia

San Benedetto: 54 grammi di eroina nelle mutande, i Carabinieri lo arrestano

SAN BENEDETTO – Un venticinquenne di origini pachistane alla stazione ferroviaria di Porto d’Ascoli dai Carabinieri perchè trovato in possesso di circa mezzo etto di eroina.

 

L’uomo nascondeva lo stupefacente nelle mutande.

La droga è saltata fuori in caserma.

Ad un primo controllo, infatti, il giovane era risultato pulito ma i militari si erano insospettiti ed hanno approfondito la perquisizione personale.

Ed alla fine sono stati rinvenuti 54 grammi di eroina.

Non aveva un borsello!

Quando il Nilo era Rosso

Mercoledì, 24 Ottobre 2018 19:56 Pubblicato in Mondo

I primi riferimenti alla marea rossa risalgono all'antichità: nel Vecchio Testamento (Esodo 7: 20-21) dove è scritto «...Tutte le acque che erano nel Nilo si mutarono in sangue. I pesci che erano nel Nilo morirono e il Nilo ne divenne fetido, così che gli Egiziani non poterono più berne le acque.

Vi fu sangue in tutto il paese d'Egitto».

Gli antichi Greci infatti coniarono il nome "Mar Rosso" proprio in riferimento alla colorazione assunta durante la fioritura algale.

In realtà sembra si sia trattato di un primo fenomeno di eutrofizzazione di microorganismi , quelli che oggi chiamiamo dinoflagellati a causa delle quali l’acqua diventò di colore molto scuro ( Nilo rosso) mentre miriadi di pesci finirono uccisi dalle tossine di questi flagellati e galleggiavano in superficie ( da La medicina nella Bibbia di Luciano Sterpellone)

Nonostante il fenomeno sia stato già riportato più volte nel corso degli anni precedenti, le maree rosse cominciarono ad essere studiate scientificamente solamente verso la metà del XIX secolo. Il 18 marzo 1832, durante uno dei suoi viaggi, Charles Darwin notò una colorazione rosso-bruna delle acque marine vicino l'isola di Abrolhos e analizzando un campione di tali acque riscontrò la presenza di Trichodesmium erythraeum.

Il termine "marea rossa" viene usato per rendere visivamente il cambiamento di colore delle acque soggette al fenomeno, ma nel linguaggio scientifico rigoroso si preferisce usare il termine fioritura algale o, in Inglese, bloom algale.

A vantaggio di ciò depone anche il fatto che in realtà la colorazione assunta dalla colonna d'acqua può essere ben più varia, o addirittura si può anche non notare alcun cambiamento di colore, oltre al fatto che questo fenomeno non risulta correlato al concetto di marea.

Oggi sono tanti i fiumi ed i laghi che diventano rossi

Il più simpatico è il lago di Tovel che era noto nel mondo intero per il colore rosso delle sue acque

Oggi non lo è più.(vedi foto in basso)

Ma leggete cosa succedeva

“ Il mistero del Lago di Tovel, in Trentino

9 maggio 2018 - È un lago alpino della Val di Non, in provincia di Trento, a 1.178 metri all’interno del Parco Naturale Adamello-Brenta.

A causa di una frana il Lago di Tovel è circondato da un bellissimo bosco di conifere ricche di fauna selvatica. E’ conosciuto soprattutto con il soprannome di ‘lago rosso’. Il suo colore vermiglio è da brividi, ma niente paura: è tutto normale. Si tratta di un fenomeno naturale che lo ha reso famoso in tutto il mondo. Il fenomeno dell’arrossamento delle acque avvieniva regolarmente fino al 1964 ed era dovuto all’azione di un’alga, la Tovellia sanguinea.

Durante le ore più calde della stagione estiva, quando le temperature superficiali dell’acqua raggiungono il loro picco, il lago si colora interamente di un rosso vivo. Per circa mezzo secolo gli abitanti della zona e i numerosi turisti incuriositi dall’avvenimento eccezionale hanno sempre ammirato questo spettacolo misterioso e anche un po’ spaventoso.

Solamente nel 1954, dopo decenni di ricerche, si è scoperto che l’originale fenomeno era dovuto alla presenza di un’alga che, quando l’acqua supera una certa temperatura, produce un olio ricco di carotenoidi, che si diffondono dando origine al colore rosso vivo.

Il fenomeno si era gradualmente ridotto nel corso della seconda metà del secolo scorso, fino a scomparire del tutto intorno agli Anni ’80. Ai tempi erano state numerose le ipotesi prodotte per spiegare la scomparsa del fenomeno, tra cui, la più accreditata, è stata quella dell’inquinamento, causato dagli insediamenti urbani sviluppatisi nei dintorni.

Solamente di recente, invece, si è scoperta la vera causa della scomparsa del fenomeno del lago rosso. Nei primi decenni del secolo scorso, intorno al Lago di Tovel pascolavano numerosi animali i cui escrementi, ricchi di fosforo e azoto, favorivano la riproduzione dell’alga. A partire degli Anni ’60, invece, le sponde del lago non sono più state terreno di pascolo, e così anche l’alga non ha più avuto opportunità di riprodursi e di colorare l’acqua.

Oggi, sebbene il fenomeno dell’acqua rossa non si verifichi più, il Lago di Tovel resta comunque uno stupendo angolo panoramico e naturalistico del Trentino da visitare. Per far tornare le acque rosse basterebbe riportare le mandrie al pascolo da queste parti…”

Una interessantissima e poco conosciuta sentenza della Corte di Cassazione che sconfessa i due primi due gradi di giudizio e l’ipocrisia sociale di certi giudizi.

E’ il caso di leggere integralmente questo pregevole articolo di dottrina e di cultura :

 

“Un caratterizzante tema di indagine per gli operatori del Diritto odierno è costituito dall’incidenza della cultura d’origine dello individuo sulla considerazione di ciò che costituisce, invece, fatto penalmente rilevante nel territorio dello Stato che lo accoglie ed ospita.

Esistono usi e costumi in altre popolazioni che possono integrare fattispecie di reato se attuati nel territorio dello Stato italiano.

Orbene, il Diritto è certamente cultura e, parimenti, ogni cultura si evolve ed adegua al confronto della sensibilità tra esseri umani, al punto da indurre a ripensare sovente gli stessi paradigmi costitutivi di una fattispecie di reato.

Tale processo di rinnovamento del Diritto (penale nello specifico) si muove all’interno di una composita tendenza, capace di abrogare obsolete fattispecie di reato (si pensi ai delitti di opinione frutto di un vecchio passato) oppure a crearne di nuove, più al passo coi tempi e, soprattutto, al passo con nuove forme di aggressione a emergenti beni giuridici.

Il caso dei reati culturalmente orientati pone l’accento su quei costumi od usanze praticati da persone provenienti di uno Stato estero che, tuttavia, costituiscono ipotesi penalmente sanzionate nel nostro Ordinamento Giuridico.

In questi casi, per la Giustizia del Paese ospitante è necessario scandagliare il grado di consapevolezza dell’antigiuridicità da parte di chi compie un atto perché frutto della propria esperienza nel paese d’origine, per ragioni di matrice storica, culturale e religiosa.

Se la consapevolezza sulla illiceità non sussiste va escluso l’elemento soggettivo della commissione di quello che si considera fatto di reato.

Per uno Stato democratico che può aderire ad una concezione tripartita del reato (fatto, antigiuridicità e colpevolezza), la domanda è la seguente: vale la scriminante culturale per lo straniero che commette un reato?

È di tutta evidenza come sia necessario porre l’accento sulla consapevolezza di commettere un reato ponendo in essere condotte che nel paese di origine costituiscono consolidate estrinsecazioni di appartenenza sociale.

Molto interessante, il caso che vedeva alcuni imputati di origine straniera essere tratti a giudizio poiché in violazione degli articoli 609 bis e 609 ter cod. pen., in più occasioni, abusando delle qualità di genitori, costringevano il figlio minore, con violenza, al compimento di atti che per lo Stato vanno considerati di natura sessuale.

In questo caso, i giudici di primo grado avevano escluso la rilevanza penale di tali fatti per insussistenza del dolo, sulla considerazione dirimente del retaggio culturale della famiglia.

I giudici hanno considerato i fatti meri gesti di affetto e di orgoglio paterno verso il figlio maschio tipici della tradizione culturale di estrazione.

Segnatamente, per tale episodio, tuttavia, è stata adita la Corte di cassazione che, stravolgendo le sentenze di assoluzione di primo e secondo grado, ha fissato i veri paletti del confronto culturale tra l’Ordinamento giuridico italiano e i costumi sociali di appartenenza dello straniero.

Nello specifico, è noto che nel nostro sistema giuridico penalistico, viga anche l’art. 5 del codice penale, che rammenta come non possa essere invocata a propria difesa l’ignoranza della legge penale, a meno che (come ricorda la Corte costituzionale) tale ignoranza non sia stata inevitabile. Tuttavia, prescindendo dal riferimento all’art. 5 del codice penale, la questione si gioca tutta sul terreno del bilanciamento tra il diritto del soggetto a seguire le proprie tradizioni e le conseguenze penali della sua condotta, rilevanti per lo Stato italiano che non abdica né può abdicare alle proprie prerogative di cogenza e deterrenza.

Come è agevole comprendere, in un Ordinamento intriso dell’assiologia costituzionale che pone al centro il “bisogno” di solidarietà umana, è certamente la sfida dei tempi moderni coordinare le istanze dell’altrui cultura con i paradigmi costitutivi dell’attuale Stato di diritto, “obbligato” a garantire l’integrazione anche mediante la pretesa di adesione al patto sociale che si basa sulla convenzionale idea di convivenza.

Avvocato Francesco Bernardo

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