
Redazione TirrenoNews
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Che vergogna!. La minoranza politica regionale sta zitta e per fortuna parla il CODACONS.
Domenica, 04 Novembre 2018 13:10 Pubblicato in Economia - Ambiente - EventiRiceviamo e pubblichiamo:
Alla Regione Calabria
ISTANZA DI ACCESSO EX LEGE 241/1990
ANCHE A MENTE DEL D.L.VO 33/2013 SULL’ACCESSO CIVICO
Il CODACONS – Coordinamento di Associazioni per la Tutela dell’Ambiente e dei Diritti di Utenti e Consumatori, espone quanto segue.
PREMESSO CHE
il CODACONS è Associazione senza fini di lucro che per Statuto persegue la tutela “con ogni mezzo legittimo … dei diritti e degli interessi di consumatori ed utenti, categoria socialmente debole … Tutela il diritto alla trasparenza, alla corretta gestione e al buon andamento delle pubbliche amministrazioni;
Si impegna nel contrasto agli abusi, alla corruzione … L’Associazione in particolar modo intende tutelare: il buon andamento dei servizi pubblici essenziali; la trasparenza e il buon andamento della Pubblica Amministrazione” (art. 2 Statuto Codacons).
Il CODACONS è iscritto nell’elenco delle Associazioni dei consumatori e degli utenti rappresentative a livello nazionale e, come tale, è legittimato ad agire per la “tutela degli interessi collettivi dei consumatori e degli utenti” (art. 140 cit.); è Associazione di promozione sociale ex lege 383/2000, di conseguenza, può avvalersi del “regime privilegiato” di accesso alla documentazione amministrativa previsto dalla stessa Legge all’art. 26;…
Il CODACONS è, altresì, Associazione con finalità di Ente para-pubblistico, a cui è affidata la tutela degli “interessi collettivi dei consumatori”, e il compito di agire a tutela “dell’interesse generale e comune ad un’intera categoria di utenti o consumatori” (Cass. 17351/2011)…
Per quanto sopra appare evidente l’interesse, concreto ed attuale, del Codacons, riconducibile alle proprie finalità statutarie, ad ottenere copia degli atti di cui appresso.
In data 1 novembre 2018 la Regione Calabria ha diffuso un durissimo comunicato attraverso cui, il Presidente Oliverio, stigmatizza l’organizzazione del “Giro d’Italia”.
Tanto poiché la Regione avrebbe appreso soltanto “dagli organi di stampa” che “il Sud è stato cancellato” dalla più importante manifestazione ciclistica nazionale.
In buona sostanza non è prevista nessuna tappa nel meridione d’Italia. Ovviamente l’indignazione è giusta e sacrosanta e la si condivide.
*****
Tuttavia il comunicato omette di evidenziare come la Regione Calabria sia “OFFICIAL PARTNERS”…ovvero uno dei principali sponsor del Giro !
Ciò premesso, ai sensi della legge nr. 241/90 nonché del D.L.vo nr.33/2013, si
CHIEDE
che la Regione Calabria voglia rilasciare con massima urgenza copia di tutti gli atti, provvedimenti e comunicazioni inerenti la vicenda esposta in narrativa, in particolare la delibera che ha disposto il finanziamento della manifestazione sportiva organizzata da RCS Sport e quindi copia del contratto di sponsorizzazione che lega la Regione Calabria alla manifestazione sportiva organizzata da RCS Sport.
Ciò anche al fine di conoscere le somme erogate in favore della manifestazione.
Nel contempo si DIFFIDA la Regione Calabria ad inserire, mediante pubblicazione sul sito web, la delibera suindicata.
In attesa di ottenere, con la massima urgenza e comunque entro i termini di cui alla legge nr. 241/90 e ss mm, copia di tutti gli atti sopra richiesti, si rappresenta che in caso di omesso riscontro, sarà richiesto il presidio dell’Autorità Giudiziaria.
Si confida di non essere costretti a tanto.
Francesco Di Lieto
Avvenire, pagato per anni coi soldi pubblici dati dai governi Pd, attacca il governo Conte e Salvini
Domenica, 04 Novembre 2018 09:06 Pubblicato in ItaliaDa un po’ di tempo guardo stupito il cambiamento genetico che ha subito da qualche anno a questa parte il quotidiano cattolico dei vescovi italiani (Conferenza Episcopale Italiana).
Innanzitutto sul piano della linea editoriale generale: da quotidiano di carattere eminentemente religioso è diventato politico, anzi partitico, con la trattazione di argomenti di carattere religioso del tutto marginale, residuale, assolutamente insufficiente a caratterizzarlo come tale.
In secondo luogo riguardo all’impostazione politica della linea editoriale: da quotidiano rigorosamente, tenacemente super partes e con trattazione di argomenti politici minimale, si è trasformato in quotidiano di parte schierato politicamente con un solo partito, il PD, e soprattutto con Renzi e il suo stretto giro.
Ho colto questo cambiamento già da quando il Papa era Benedetto XVI.
Ma durante il pontificato di Papa Francesco non vi è dubbio che questa tendenza si è fatta più marcata e persino sfacciata.
Ieri, sul blog ‘Lo Straniero’ di Antonio Socci, ho letto un post interessante che mi ha illuminato e mi ha fatto capire le ragioni politico/culturali di tale profondo cambiamento.
Ma non pago di tale scoperta, sono andato a vedere anche se per caso ci fossero ragioni più terra-terra, in altre parole se ci fossero contributi pubblici all’editoria che avessero spinto in una direzione che non poteva non limitare l’autonomia e la libertà di questa testata storica, fondata 50 anni fa su iniziativa del futuro Papa Paolo VI, una volta davvero religiosa e cattolica e che ha cessato di esserlo.
Così ho letto su ‘Lettera 43’ un articolo che aveva il seguente titolo: “Giornali, a chi sono andati i fondi per l’editoria nel 2016”.
Ma la mia curiosità per essere completamente appagata è andata sul sito della Presidenza del Consiglio – Dipartimento per l’informazione e l’editoria (http://informazioneeditoria.gov.it/it/attivita/contributi-erogati-e-agevolazioni-concesse/contributi-erogati-e-agevolazioni-concesse/2017/).
Mi pare ragionevole indicarvi l’ammontare dei contributi ricevuti da Avvenire durante i governi Letta, Renzi, Gentiloni e cioè negli anni dal 2013 al 2017.
I contributi statali di cui ha usufruito il quotidiano della CEI negli anni indicati sono i seguenti:
2017 € 2.519.173,47 (rata di anticipo al 42,05 %, il totale sarà circa quello dell’anno scorso),
2016 € 5.990.900,04 pari a circa 16.400 euro al giorno
2015 € 4.625.034,74
2014 € 3.917.868,90
2013 € 3.400.075,41
Poiché ho grande stima e rispetto per ciò che fa la Chiesa per i più bisognosi e per l’amore che essa giustamente insegna per la verità, ho voluto riportare questi dettagli.
Allo stesso modo provoca sconforto e rammarico l’ipocrisia di cui è intrisa la linea editoriale di Avvenire che è orientata a colpire con durezza e senza ragioni oggettive il Governo Conte in tutti i suoi esponenti di primo piano.
Non ha evitato però di scodinzolare anche scompostamente intorno agli esponenti degli altri governi.
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Paola, maresciallo dei carabinieri rinviato a giudizio per lesioni e abusi vari
Sabato, 03 Novembre 2018 11:06 Pubblicato in PaolaDavide Di Domenico, noto a Fuscaldo per il suo attivismo ambientalista e per il coraggio di denunciare il racket estorsivo subito nella sua qualità di imprenditore, avrà ora la possibilità di ascoltare – in un’aula di tribunale – le motivazioni che avrebbero indotto il maresciallo dei Carabinieri Michele Ferrante, all’epoca dei fatti operante proprio nel comune del Tirreno cosentino, a riservargli un trattamento “inquisitorio” solitamente applicato nei confronti di persone di elevata pericolosità pubblica e sociale.
L’accusa, sostenuta congiuntamente dal dott. Pierpaolo Bruni – a capo della Procura della Repubblica di Paola – e dalla sostituta Maria Francesca Cerchiara, imputa al sottufficiale dell’Arma una serie di reati che vanno dalle perquisizioni e ispezioni arbitrarie, alle lesioni personali aggravate, nonché minacce e abuso d’ufficio.
Ripercorrendo la vicenda bisogna partire da una fotografia, uno scatto effettuato nel corso di un comizio elettorale proprio da Davide Di Domenico il quale, successivamente al “click”, sarebbe stato oggetto di un’operazione di controllo talmente vigorosa da averne cagionato un trauma al gomito destro, con frattura del capitello radiale (prognosi: 95 giorni).
Motivo di tanto “zelo”, stante l’accusa messa a segno da Bruni e dalla Cerchiara, sarebbe stata l’eventualità secondo cui il maresciallo Ferrante avrebbe operato al fine di impedire al Di Domenico di fotografarlo insieme alle persone con cui si intratteneva.
Tutto ciò in spregio – secondo il Procuratore Capo e la sua sostituta – degli articoli 97 della Costituzione e del 36 e 57 del regolamento di disciplina militare, in quanto – libero dal servizio ed in abiti civili – eseguiva una perquisizione ed una ispezione personale senza alcuna giustificazione, omettendo di redigere il verbale delle operazioni compiute.
Anzi, all’esito dell’operazione, lo stesso Di Domenico è stato deferito all’autorità giudiziaria per un procedimento penale a suo carico che, la stessa Procura – dopo aver comunque autorizzato il sequestro del telefonino dell’uomo – ha successivamente archiviato (focalizzando invece l’attenzione sulla posizione di un altro soggetto di Fuscaldo che, secondo gli inquirenti, avrebbe fornito una falsa testimonianza al fine di danneggiare l’ambientalista per favorire il maresciallo).
Su questa serie di anomalie sono state prodotte addirittura tre interrogazioni parlamentari, proposte – al tempo in cui l’asse di governo nazionale non era stato ancora neanche ipotizzato – dagli allora esponenti di Lega e MoVimento 5 Stelle.
A rendere ancor più disagevole la posizione del politico ambientalista fuscaldese, vi sarebbe poi la questione legata alle presunte minacce (Ferrante avrebbe detto a Di Domenico: «Te la farò pagare…» e ancora: «Ti faccio vedere io, dove cazzo devi andare…») e agli “Op/85” redatti dai Carabinieri, «i quali – si legge nell’interrogazione pentastellata del 18 ottobre 2017 – avrebbero annotato ogni persona con cui lo stesso (Davide Di Domenico, ndr) avrebbe avuto contatti durante la giornata (comprese la moglie e la cognata), controlli che sarebbero stati inseriti nella banca dati del CED (centro elaborazione dati), a parere degli interroganti senza alcun giustificato motivo di tutela dell’ordine, della sicurezza pubblica e di prevenzione e repressione della criminalità, ma con una finalità evidentemente ritorsiva». “Segnalazioni” cui non sarebbero stati esenti neanche poliziotti, giornalisti, carabinieri e professionisti in genere. Tutti adesso esposti all’eventuale rischio “automatico” di controlli approfonditi in ogni circostanza.
Allo stato attuale il maresciallo Michele Ferrante risulta “trasferito” dalla Compagnia di Paola al Comando Provinciale di Cosenza, mentre per quanto concerne il processo a suo carico bisognerà attendere il 9 gennaio del prossimo anno, quando nell’aula di giustizia del Tribunale di Paola – dove sarà difeso dagli avvocati Giuseppe Bruno e Armando Sabato – avrà modo di replicare alle accuse mosse dal Procuratore Capo, Pierpaolo Bruni, dalla sua sostituta e dallo stesso Davide Di Domenico (la cui testimonianza sarà assistita, nella circostanza, dall’avvocato Antonio Ingrosso di Cosenza).
Da Iacchite - 1 novembre 2018
Fonte: Marsili Notizie (http://www.marsilinotizie.it) di Francesco Frangella