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Redazione TirrenoNews

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Il PD è un guscio vuoto?

Mercoledì, 05 Dicembre 2018 17:49 Pubblicato in Italia

Renzi continua farne una dopo l’altra.

La prima: Dice che in Andalusia la sinistra è andata malissimo e si chiede se la colpa non sia anche lì del suo carattere.

La seconda dice che «Quelli che ce l’hanno con Macron sostengono i gilet gialli, io sto invece con Macron e la legalità»

La terza per smentire di voler fare un partito con Berlusconi: «Il Cavaliere non mi ha mai votato la fiducia, cosa che ha fatto con Monti e persino una volta con Gentiloni».

La quarta fa disperare Marco Minniti che si arrabbia delle giravolte renziane

Ma ecco cosa dice il Corriere della Sera:

“Pd, Minniti dà l’ultimatum all’ebetino: “O fai sul serio o non mi candido più”

«Basta, se è così non mi candido più»: poche parole ma esaustive che Marco Minniti manda come un messaggio non proprio d’amore a Matteo Renzi.

L’ex ministro dell’Interno è veramente arrabbiato. Non ne può più delle giravolte renziane: «O sei con me o sei contro di me».

Tradotto: o fai il nuovo partito, e allora io cedo il passo, o vai avanti con me.

«Marco è proprio incavolato», ammettono quelli del giro stretto renziano.

E poi si interrogano: «E adesso, che facciamo?».

Poi si rispondono da soli in questa giornata convulsa: «Faremo di tutto per arrivare all’obiettivo della candidatura di Minniti».

La risposta dei pd che stanno lavorando per l’ex ministro dell’Interno non è confortante: «Non è che possiamo continuare con una parte di renziani che si impegnano sulla candidatura di Marco, o almeno dicono di impegnarsi, e lui, Renzi, che ci dice “buon lavoro” e poi si impegna a creare comitati civici, fa girare, non smentita, la voce che sta facendo un nuovo partito.

E insomma, così un congresso non lo si vince di certo».

C’è anche stato un colloquio telefonico tra Renzi e Minniti: il secondo ha chiamato il primo per tentare di chiarire la questione. Alla fine di quella chiacchierata a Minniti è rimasto l’amaro in bocca: «Matteo non prende impegni, continua con questa storia dei comitati», ha sbuffato allargando le braccia e alzando le spalle.

A quel punto è cominciata a circolare l’ipotesi concreta e realistica di un disimpegno, dapprima nei termini «ci starebbe pensando», dopo sempre più concreta, alle porte, ad horas.

Non solo. Minniti disdice tutti gli appuntamenti della giornata (era atteso a Bergamo e a Brescia). Panico tra i renziani che hanno deciso di appoggiare la sua candidatura come segno di continuità del «riformismo renziano dentro il Pd», come ripete spesso Lorenzo Guerini. Tanti altri renziani, invece, hanno maturato l’idea che questo Pd sia ormai un guscio vuoto, più un qualcosa da archiviare che far rinascere.

Sullo sfondo c’è la questione europea, nel senso delle elezioni. Renzi non ha alcuna intenzione di andare nelle file di un Pse dato ormai in caduta libera: in settimana sarà a Bruxelles con Sandro Gozi, il teorico dell’andare oltre il Pd per vedere di stringere alleanze con le forze di stampo macroniano. Nella sua e-news, Renzi fa due passaggi significativi. Primo: in Andalusia la sinistra è andata malissimo, «sarà mica colpa anche lì del mio carattere?». Secondo: «Quelli che ce l’hanno con Macron sostengono i gilet gialli, io sto invece con Macron e la legalità». E in chiusura, Renzi affida il suo pensiero a una decina di righe per smentire di voler fare un partito con Berlusconi: «Il Cavaliere non mi ha mai votato la fiducia, cosa che ha fatto con Monti e persino una volta con Gentiloni». Smentisce il partito con Berlusconi, ma non che ne voglia fare uno comunque, distinto e magari distante dal Pd.

La decisione, Renzi o non Renzi, Minniti non l’ha ancora presa.

Forse la sola minaccia di desistere potrebbe servire a dare una scossa ai renziani «fermi sulle gambe», come ha detto Veltroni.!

(ANSA) - REGGIO EMILIA, 5 DIC - Sono stati rinviati a giudizio su richiesta della Procura di Reggio Emilia il comandante della polizia municipale dell'Unione della Val d'Enza Cristina Caggiati, il suo vice Tito Fabbiani e l'ispettore Annalisa Pallai.

 

Lo scandalo emerso nel luglio scorso dopo un'inchiesta condotta dal pm Valentina Salvi aveva portato alla luce diverse contestazioni di reato, a vario titolo, di concussione, abuso d'ufficio, peculato, omessa denuncia, truffa aggravata ai danni dello Stato, bossing e mobbing.

Il gip dispose gli arresti ai domiciliari per Fabbiani - che secondo le accuse avrebbe messo in piedi un vero e proprio sistema di potere all'interno della caserma - e la sospensione dal servizio di Pallai (compagna di Fabbiani).

Il 4 agosto scorso è stata sospesa Caggiati, accusata di omessa denuncia.

I sindaci dei rispettivi Comuni dell'Unione hanno annunciato la decisione di costituirsi parte civile per "il danno d'immagine e credibilità".

E' partita dal brutale pestaggio di una minorenne di etnia rom scappata dal campo di via San Severo a Foggia, l'indagine che ha portato gli agenti della Squadra Mobile del capoluogo al fermo di sei persone (delle quali quattro maggiorenni e due minorenni), tutti di origine rumena.

Sono accusate di riduzione e mantenimento in stato di servitù, induzione e sfruttamento della prostituzione minorile e sequestro di persona, ai danni di giovani ragazze minorenni.

I provvedimenti, emessi dalla procura ordinaria di Bari (direzione distrettuale antimafia) e dalla procura dei Minorenni sempre del capoluogo pugliese ed eseguiti nel campo nomadi di Foggia, hanno interessato i componenti di uno stesso nucleo familiare.

I reati tutti pluriaggravati sarebbero stati commessi dal mese di marzo fino a settembre di quest'anno ai danni di tre minorenni.

Sono stati fermati F. C., 47 anni, detto 'Bal Parno', P. C., 46 anni, nota come 'Poiana', M. R. I., 27 anni, S. C., 26, detto 'Solomon', e in S.D. e D.I., minorenni, mentre le vittime accertate risultano essere tre ragazze minorenni, di origine rumena, oggi tra i sedici ed i diciassette anni.

SEGREGATE E PRESE A CALCI E CINGHIATE- Il pestaggio che ha dato il via alle indagini è avvenuto nella notte del 3 settembre: la giovane è stata colpita con calci, pugni, schiaffi e cinghiate, sferrati in ogni parte del corpo, sulla faccia, sulla pancia e dietro la schiena, poi trascinata per i capelli, fatta strisciare per terra, all’interno della baracca nella quale veniva segregata da uno dei fermati, identificato in S.D.. Dopo essere scappata, la ragazza è riuscita a raggiungere un vicino accampamento occupato da italiani che hanno chiamato la polizia e il 118. Secondo quanto ricostruito dalla squadra mobile e dalla Procura di Bari le minorenni, tutte appartenenti a nuclei disagiati, una volta condotte nel campo con l’inganno e l'impiego degli stratagemmi più vari, venivano di fatto segregate all'interno di alcune baracche, chiuse dall’esterno con una catena ed un lucchetto, picchiate continuativamente per più giorni per piegare le loro capacità di reazione e costrette a prostituirsi sotto il diretto controllo dei loro aguzzini.

Grazie alla testimonianza di una delle vittime e ai riconoscimenti fotografici dei presunti autori dei delitti, oltre che ai sopralluoghi, agli accertamenti sui telefoni e all’esame dei social network, è emersa l’esistenza di una delle forme di 'schiavitù moderna'. Le giovani straniere, per lo più sole e non in contatto con la famiglia, venivano destinate al mercato della prostituzione, controllato dai fermati. E’ stato accertato, infatti, che nessuna delle vittime poteva scappare dal campo, essendo controllata 24 ore al giorno, sia durante la permanenza nelle baracche, sia durante gli spostamenti, che avvenivano sotto il diretto controllo degli uomini del gruppo criminale e delle donne, fino alla statale 16 (direzione Lucera, posto a circa duecento metri dallo svincolo per via San Severo), dove erano costrette a prostituirsi, dopo essere state accompagnate in auto dagli indagati. Era quasi impossibile sottrarsi: le ragazze, oltre a subire violenze e minacce, erano sole sul territorio italiano, nessuno avrebbe potuto reclamare la loro scomparsa. Per di più i fermati, una volta condotte le minorenni nel campo, le privavano dei telefoni cellulari e dei documenti.

COSTRETTE A VENDERSI ANCHE IN GRAVIDANZA - Le indagini hanno accertato che quella di costringere le minorenni a prostituirsi anche durante la gravidanza fosse una prassi consolidata. Di fronte al rifiuto opposto dalle vittime, le stesse sarebbero state picchiate senza pietà. Della loro segregazione nel campo nomadi si sarebbe occupata principalmente M.R.I., 27 anni, che avrebbe partecipato alle attività illecite del gruppo familiare, all’interno del quale si era inserita quale compagna di uno dei figli del capo famiglia. La donna assisteva a tutte le condotte illecite commesse ai danni delle vittime senza intervenire in loro aiuto, controllandole durante l’attività di prostituzione, e acquistando, insieme a P.C., i preservativi da fornire alle vittime. E' stata la vittima del pestaggio del 3 settembre a riferire di essere stata costretta a prostituirsi fino al settimo mese di gestazione.

BIMBO IN VENDITA - M.R.I. avrebbe inoltre proposto ai suoi complici di vendere a un uomo il figlioletto della ragazzina rom costretta a prostituirsi. La donna - secondo quanto riferito dalla minorenne scappata dopo il pestaggio- avrebbe infatti proposto agli altri fermati la possibilità di vendere a un uomo il suo bambino per la somma di 28.000 euro.

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