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Pordenone. Arrestati tre albanesi ritenuti responsabili di 66 colpi nel Nordest
Sabato, 27 Aprile 2019 09:20 Pubblicato in MondoHanno un nome e un volto i componenti della banda dei furti in villa che, tra Friuli occidentale e Veneto, è ritenuta responsabile di 66 colpi. Si tratta di tre cittadini albanesi che sono stati arrestati dalla Polizia di Stato di Pordenone.
Da questa mattina, gli agenti stanno eseguendo i provvedimenti restrittivi disposti dall’autorità giudiziaria pordenonese nei confronti dei tre, pluripregiudicati per reati specifici, che potrebbero essere coinvolti anche in altri furti, tutti commessi dal periodo prima di Natale, principalmente nelle Province di Pordenone e Treviso.
Si tratta di Darjel Prushi, classe 1992, ed Edmond, detto Mondi, Et Hemaj, classe 1984, entrambi domiciliati a Conegliano, e di Nikoll, detto Nilu, Dobrozi, classe 1992, senza fissa dimora.
Accertati in circa 2 milioni di euro gli illeciti introiti tra denaro contante, gioielli, orologi, lingotti in oro, oltre a pistole e munizioni nella disponibilità degli arrestati, pronti ad utilizzarle anche nel corso dei loro raid serali e notturni nelle abitazioni. Individuato inoltre il trasferimento dei vari bottini verso l’Albania, con reinvestimento e riciclaggio.
Restituiti ai legittimi proprietari numerosi gioielli, per un valore di centinaia di migliaia di euro, riconosciuti dalle vittime.
Le indagini coordinate dal Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato, sono state svolte dalla Squadra Mobile della Questura di Pordenone.
Il 21 febbraio la Squadra Mobile ha dato esecuzione a tre provvedimenti restrittivi in carcere disposti dall’autorità giudiziaria pordenonese nei confronti di altrettanti cittadini albanesi. Si delineava l’esistenza di un ben strutturato sodalizio, costituito da persone gravate da precedenti specifici, specializzati nei furti in abitazione con sottrazione di casseforti e armadi blindati, che usavano come base appartamenti a Conegliano Veneto e Treviso, luoghi dove materialmente, utilizzando flessibili, scardinavano i forzieri.
Nel corso delle perquisizioni, sono stati sequestrati gioielli per un valore di circa 1 milione di euro, somme di denaro contante, un flessibile per scardinare le casseforti e altro materiale di interesse investigativo. Sono state scoperte anche una pistola semiautomatica Browning calibro 33 e tre fucili rubati il 27 dicembre a Pordenone.
Nella ordinanza di custodia cautelare in carcere eseguita questa mattina, il gip ha evidenziato come “I delitti consumati sono sintomo che gli indagati non sono capaci di governare le loro inclinazioni criminali. Si tratta di tre disoccupati che si mantengono grazie ai furti. Gli indagati hanno poi dimostrato elevata pericolosità sia per la frequenza delle incursioni predatorie, che si sono concentrate in un arco temporale ristretto e in una zona geografica limitata, che rileva compulsività criminale”.
Quindi, nel prosieguo delle attività d’indagine, gli agenti hanno scoperto un’altra lunga lista di furti che hanno spinto il gip, il 23 aprile, a emettere un’ulteriore ordinanza di custodia cautelare in carcere.
Ndr Nessun problema . Tra pochi mesi saranno fuori e potranno scappare-
Donna si ferma in auto sulla Cassia, 21enne salvadoregno tenta di violentarla: arrestato.
Mercoledì, 24 Aprile 2019 17:53 Pubblicato in ItaliaHa tentato di violentare una donna alle 8.30 del mattino in via della Giustiniana, sulla Cassia, a Roma, nel giorno di Pasquetta: giovane di origine salvadoregna arrestato dalla polizia.
La vittima stava aspettando il marito in auto, seduta sul lato passeggero della loro automobile, quando all'improvviso è stata avvicinata da un giovane con i pantaloni abbassati che l’ha bloccata nell’abitacolo, tentando di abusare di lei.
Mentre la donna, terrorizzata, cercava di divincolarsi dalla stretta dello straniero, fortunatamente è arrivato il marito che è subito intervenuto in suo aiuto.
Il giovane allora, V. S. V. M., 21 anni, è scappato in via Inverigo, ancora con i pantaloni abbassati, insultando e deridendo la coppia.
La donna, nel frattempo, ha chiamato il 112 mentre il marito ha iniziato a inseguire l’aggressore. Sul posto sono intervenute tempestivamente le pattuglie del Reparto Volanti della Polizia di Stato che hanno bloccato il giovane, nascostosi in uno stabile di una via adiacente.
L’aggressore, di origine salvadoregna, è stato arrestato per violenza sessuale.
La vittima è stata soccorsa e accompagnata nel vicino ospedale, dove è stata visitata secondo il previsto protocollo rosa.
Grazie Papa, grazie PD
Una inaccettabile sentenza della Cassazione impone l’accoglienza di Stato!
Mercoledì, 24 Aprile 2019 17:14 Pubblicato in MondoCrotone negò lo status di rifugiato a migrante gay: la Cassazione ribalta
Il caso di un cittadino ivoriano vessato dai parenti per una relazione omosessuale.
Per la Suprema corte serve “adeguata tutela” per chi è colpito da “persecuzioni” di tipo familiare
Prima di negare lo status di rifugiati ai migranti che dichiarano di essere omosessuali e di rischiare la vita se rimpatriati a causa del loro orientamento sessuale, si deve accertare se nei Paesi d'origine non solo non ci siano leggi discriminatorie ma anche verificare che le autorità del luogo apprestino "adeguata tutela" per i gay, ad esempio se colpiti da "persecuzioni" di tipo familiare. Lo sottolinea la Cassazione che ha accolto il ricorso di un cittadino gay della Costa d'Avorio, minacciato dai parenti.
Al migrante protagonista di questa vicenda giudiziaria arrivata fino alla Suprema Corte, la Commissione territoriale di Crotone non aveva concesso lo status di rifugiato sottolineando che «in Costa d'Avorio al contrario di altri stati africani, l'omosessualità non è considerata un reato, né lo Stato presenta una condizione di conflitto armato o violenza diffusa». Per gli 'ermellini' questo non basta: serve accertare l'adeguata protezione statale per minacce provenienti da soggetti privati. Bakayoko Aboubakar S. aveva infatti raccontato che era di religione musulmana, coniugato con due figli, e diventato oggetto «di disprezzo e accuse da parte di sua moglie e di suo padre» che era imam del villaggio, «dopo aver intrattenuto una relazione omosessuale».
Aveva deciso di fuggire quando il suo partner era stato «ucciso in circostanze non note, a suo dire ad opera di suo padre», l'imam. Per la Cassazione «non è conforme a diritto» aver negato la protezione a Bakayoko senza accertare se nel suo Paese sarebbe tutelato dalle minacce dei parenti. Il caso si riapre.