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Redazione TirrenoNews

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Bonifati 24 maggio. E' stata tempestiva l'attività investigativa che ha condotto alla denuncia in stato di libertà di un giovane, già noto alle forze dell'ordine, 31 anni di Cetraro, ritenuto responsabile dell’accoltellamento avvenuto ieri pomeriggio a Cittadella del Capo, al culmine di una lite sorta per futili motivi.

La vittima, L.M., 31 anni, di Bonifati, ha riportato diverse ferite da taglio, ed è stata già dimessa dall'ospedale di Cosenza con 10 giorni di prognosi.

Era stata trasportata in elisoccorso all'ospedale dell'Annunziata di Cosenza per le cure del caso.

Su quanto accaduto, sono in corso le indagini della Compagnia carabinieri di Scalea, coordinata dal capitano Andrea Massari.

Il fatto è accaduto, intorno alle ore 15.30 di ieri pomeriggio, a Cittadella del Capo, nei pressi della stazione ferroviaria.

Lì è avvenuta una lite, forse iniziata per futili motivi. Il 31enne, L.M., è stato attinto da due fendenti, uno alla gamba sinistra e uno al fianco sinistro.

Dopo l'azione delittuosa, l'accoltellatore si era dato a precipitosa fuga.

La vittima, invece, è stata immediatamente soccorsa e, dopo un primo esame, elitrasportata a Cosenza, dove è stata sottoposta immediatamente ad intervento.

Le indagini sono state condotte dalla sezione operativa dei carabinieri di Scalea e dai colleghi della stazione di Cittadella del Capo per ricostruire la dinamica ed acquisire elementi di prova.

Scalea – 25 mag. - Lite sul lungomare di Scalea scaturita da futili motivi e finita con una denuncia.

Ancora una volta è spuntato un coltello.

Il fatto è accaduto intorno alle 3.30 della notte.

 

 

 

Al termine dell'attività investigativa, i carabinieri della stazione di Scalea e della Sezione Radiomobile, coordinati dal capitano Andrea Massari, hanno denunciato in stato di libertà F.A., 36 anni, del posto, già noto alle forze dell'ordine.

E' accusato di lesioni personali aggravate,

Nel corso della lite, molto animata, sorta per futili motivi, ha accoltellato F.M., 49 anni, anch'egli già noto alle forze dell'ordine, colpendolo al braccio sinistro.

Al termine azione, il 36enne si è dato a precipitosa fuga per le vie limitrofe.

E' stato subito rintracciato dai carabinieri che, nella tarda mattinata odierna, gli hanno notificato la denuncia a piede libero.

Per la vittima, a parte un grande spavento, solo 10 giorni di prognosi per una ferita lacerocontusa superficiale.  

Sabato 25 Maggio 2019 11:06

Se c’è uno che davvero non ha titolo per esibire i gradi del capoclasse e segnare alla lavagna i nomi dei buoni e dei cattivi nel giorno che si ricorda la strage di Capaci, quell’uno è Leoluca Orlando Cascio.

 

 

 

Perché se c’è uno che ha alacremente contribuito alla sconfitta del giudice Falcone mentre questi era impegnato a combattere i Corleonesi ormai padroni della mafia in Sicilia dopo la mattanza delle vecchie famiglie palermitane, quest’uno è proprio l’ineffabile sindaco di Palermo.

Desta perciò un sentimento di sincera repulsione ritrovarselo ora a ciglio umido sottobraccio alla nutrita schiera degli “amici di Giovanni“.

L’Italia è abituata ai sequestri di memoria e la Sicilia è l’isola di Pirandello.

Nulla di strano, allora, se il furioso detrattore di ieri diventa l’implacabile censore di oggi.

Più furbo di un branco di volpi, Orlando Cascio ha colto al volo la presenza di Matteo Salvini alla commemorazione di Falcone per disertare polemicamente la cerimonia.

Un minimo di decoro istituzionale gli avrebbe dovuto ricordare che la presenza del ministro dell’Interno ad una manifestazione in cui, oltre al giudice a sua moglie Francesca Morvillo, si ricordano anche tre poliziotti morti, è un atto dovuto.

In una nazione normale ne sarebbe stata notata l’assenza, non stigmatizzata la presenza.

Ma tant’è, Orlando Cascio ha bisogno di far passare i cavalleria le sue feroci invettive contro Falcone: dall’accusa di «lasciar dormire» nei cassetti della Procura palermitana le indagini sui cadaveri eccellenti ai dubbi seminati a piene mani sulla natura mafiosa del fallito attentato dell’Addaura, fino a culminare in un’opera di irresponsabile delegittimazione quando Falcone andò a dirigere gli Affari penali del ministero della Giustizia su proposta dell’allora guardasigilli Claudio Martelli.

Per Orlando Cascio fu la prova del “tradimento”.

Per Totò Riina la certezza che a Roma quel magistrato era ancor più pericoloso per Cosa nostra. Infatti, lo fece saltare per aria.

Questa, piaccia o non all’antimafia di professione, è la verità.

Da non dimenticare.

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