
Redazione TirrenoNews
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Quattordici indagati tra sindaci e guide turistiche per la strage del Raganello
Martedì, 30 Luglio 2019 15:33 Pubblicato in Alto TirrenoLa Procura della Repubblica di Castrovillari ha emesso l’avviso di conclusione indagini per l’onda anomala che il 20 agosto dello scorso anno travolse un gruppo di escursionisti nelle Gole del Raganello, a Civita, uccidendo 10 persone, tra le quali una guida.
Gli indagati sono saliti dai 7 iniziali a 14.
Sono accusati, a vario titolo, di omicidio colposo, inondazione, lesioni colpose, omissione in atti d’ufficio ed esercizio abusivo della professione.
Tra gli indagati figurano i sindaci di Civita, San Lorenzo Bellizzi e Cerchiara di Calabria, Alessandro Tocci, Antonio Cersosimo e Antonio Carlomagno, titolari di agenzie turistiche e guide.
Non sono stati inclusi tra gli indagati il presidente del Parco Nazionale del Pollino, Domenico Pappaterra, ed il dirigente dell’ufficio Biodiversità dei Carabinieri Forestali Gaetano Gorpia.
Secondo l’accusa fu ignorata l’allerta gialla della protezione civile prevista per quel giorno, in particolare dai sindaci.
Contestata ai sindaci la mancanza dei regolamenti per l’accesso alle gole, la mancanza di aggiornamento dei piani di emergenza ed infine l’imprudenza.
Secondo quanto emerso dalle indagini, infatti, anche la società che gestiva le visite nelle Gole del Raganello si sarebbe affidata a guide prive dell’abilitazione professionale.
Agli atti dell’inchiesta c’è anche un messaggio inviato quel giorno, poco prima della tragedia, dalla guida Antonio De Rasis, 32 anni, volontario di protezione civile che era intervenuto a Rigopiano dopo la valanga che distrusse un albergo.
“Se piove torno indietro, sono con 16 persone e soprattutto 4 bambini” scriveva De Rasis.
“Ok, non dovrebbe piovere” fu la risposta dell’organizzatore.
Quel giorno un violento temporale si verificò nella zona nord del Raganello, che attraversa diversi comuni.
La pioggia provocò un’onda anomala sempre più veloce a causa della morfologia delle gole che travolse gli escursionisti che si trovavano nella parte finale uccidendo dieci persone e ferendone 14. Le vittime erano calabresi, pugliesi, lombardi e laziali.
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Protestano sul tetto della Fondazione Terina i dipendenti del CORAP senza stipendio da mesi
Martedì, 30 Luglio 2019 13:32 Pubblicato in Basso TirrenoSciopero generale dei dipendenti del Corap, (Consorzio regionale per le attività produttive), La mobilitazione annunciata nei giorni scorsi dalle organizzazioni sindacali regionali FP-Cgil, Cisl-Fp, Uil-Fpl, Findici, Sul e Ugl Calabria, si è trasformata in una protesta pacifica.
I lavoratori dei cinque centri calabresi hanno dato vita ad una protesta pacifica e sono saliti sul tetto del Centro agroalimentare della Fondazione Terina, a Lamezia Terme.
Da quattro mesi non percepiscono lo stipendio e continuano ad attendere risposte certe da parte della Regione Calabria ed in aprticolare dal Governatore Mario Oliverio che aveva garantito nell’incontro dello scorso 5 luglio la convocazione delle parti.
In particolare, nell’ultima riunione del 5 luglio, durante la quale il governatore della Regione Calabria, Mario Oliverio, si impegnava a convocare le parti entro breve tempo per sottoporre una proposta concreta di ristrutturazione aziendale del Corap e/o la presentazione del Piano industriale. Da qui la necessità di far sentire la propria voce e di dar vita allo stato di agitazione permanente.
L’enorme massa di debiti che non si riesce a soddisfare pone i lavoratori in un clima di grande incertezza sul loro futuro.
Un problema questo che non riguarda solo i dipendenti ma anche i territori poiché l’Ente, in stato di profonda crisi economico-finanziaria, si trovava nell’impossibilità di svolgere le proprie attività.
I referenti delle organizzazioni sindacali regionali FP-Cgil, Cisl-Fp, Uil-Fpl, Findici, Sul e Ugl Calabria, hanno inoltre sottolineato di aver segnalato ai prefetti di Vibo Valentia e Crotone di aver richiesto alla direzione del Corap un urgente incontro al fine di definire e sottoscrivere un Protocollo d’intesa sulla garanzia dei livelli minimi essenziali dei servizi di depurazione insistenti sulle due province e gestiti dall’Ente.
We sud Lamezia Terme (CZ), 30 luglio 2019 • 12:19
Codacons, appello a Gratteri: “Ci liberi dalla tangente sull’acqua”
Martedì, 30 Luglio 2019 13:16 Pubblicato in Storia locale della Calabria “Signor Procuratore, ci restituisca la legalità nelle tariffe in Calabria e ci liberi dall’odiosa “tangente” contenuta nelle bollette dell’acqua”. Inizia così l’accorato appello formulato dal Codacons al Procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri.
“I comuni Calabresi impongono ai cittadini somme determinate in maniera illegittima – sostiene Francesco Di Lieto, vicepresidente nazionale del Codacons – si tratta di una vera e propria truffa, perpetrata nel silenzio generale e con complicità diffuse, che ha portato i Calabresi a pagare tariffe maggiorate per 190 milioni di euro. Un somma spaventosa ma che, se non si interviene, negli anni sarà destinata ad aumentare. In Calabria la gestione degli acquedotti è stata affidata, a far tempo dall’1 novembre 2004, ad una società per azioni, la SoRiCal, partecipata dalla Regione (53,50%) e dalla multinazionale francese Veolia (46,50%).
Il legislatore – scrive Di Lieto – prevedeva che, per quelle gestioni nelle quali il servizio idrico non era integrato ma avveniva in maniera disgiunta – come, appunto, in Calabria – la competenza per determinare gli adeguamenti tariffari era del C.I.P.E. ovvero dello Stato. In Calabria, invece, gli adeguamenti per gli anni 2004, 2005, 2006, 2007 e 2009 sono stati stabiliti con atti della Regione mentre nel 2009 e nel 2010 lo ha fatto direttamente SoRiCal. Un capolavoro”. “Ovviamente erano tutti consapevoli di aver disposto degli aumenti in maniera illegittima, – si legge nella nota del Codacons – tant’è che la Regione Calabria decise di proporre un ricorso alla Corte Costituzionale, proprio per rivendicare la propria competenza per la determinazione delle tariffe idriche”. “Nel luglio del 2009 la Corte Costituzionale (con la sentenza nr. 246/2009), bacchettando la Regione, ha ribadito la competenza esclusiva dello Stato negli adeguamenti delle tariffe idriche. Quindi la Regione non poteva e non può aumentare le tariffe. In altre parole – precisa Di Lieto – la Consulta ha dichiarato illegittimi gli adeguamenti determinati ed applicati ai Comuni calabresi da SoRiCal”.
“Eppure, signor Procuratore – continua Di Lieto – in Calabria non fu annullato nessun atto giudicato illegittimo e le tariffe non furono riportate nei binari della legalità sancita, come detto, da quella sentenza della Corte Costituzionale. Non vorremmo pensare che le sentenze della Corte Costituzionale, così come Cristo, si fermano ad Eboli”. E nella nota si precisa che “l’Assessore regionale ai lavori pubblici all’epoca del ricorso alla Consulta e della successiva sentenza era l’on. Luigi Incarnato, che oggi ricopre il ruolo di Commissario Liquidatore di SoRiCal”. “Ma non è solo la Corte Costituzionale a sancire l’illegalità calabrese. Infatti nel dicembre del 2011, la Sezione regionale di controllo della Corte dei Conti rilevò diverse criticità nella determinazione delle tariffe idriche applicate ai Comuni, – dice ancora il Codacons – ribadendo la competenza del Cipe e la mancata applicazione della delibera nr. 117/2008 della stessa Autorità. Assolutamente inascoltato, poi, è stato il Comitato di Consulenza Giuridica della Giunta Regionale, che nel ribadire l’assoluta incompetenza della Regione a modificare le tariffe idriche, addirittura ha sollecitato la Regione Calabria al ripristino della legalità tariffaria stabilendo che SoRiCal avrebbe dovuto operare i conguagli ai Comuni calabresi “tra le tariffe concretamente applicate e quelle scaturenti da una corretta applicazione delle linee guida contenute nella ripetutamente citata Delibera Cipe nr.117/2008″. Praticamente un appello a restituire i soldi!. Gli adeguamenti applicati ai comuni negli anni successivi sono stati determinati incrementando tariffe che, come visto, erano illegittime; questo ha determinato una differenza tra l’importo fatturato ai Comuni e quello corrispondente alle tariffe legittime che, – afferma Di Lieto – a tutto il 31 dicembre 2018, è valutabile complessivamente in 190 milioni di euro e che, negli anni, è destinato ad aumentare”. “Per questo motivo – conclude la nota del Codacons – confidiamo che il dott. Gratteri voglia immediatamente intervenire per ripristinare la legalità nella nostra regione e con essa la fiducia nelle pubbliche amministrazioni”.