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Ma davvero le cooperative corrompono i politici?

Domenica, 05 Aprile 2015 16:08 Pubblicato in Cronaca

Una domanda teoricamente destinata a restare senza risposta fino a quando dal loro interno non si aprono le bocche normalmente cucite con fil di ferro magari solo perché le componenti entrano in conflitto o quando i Pm e gli investigatori non affrontino con decisione quelli che sembrano sistemi minori mentre alla fine si rivelano sistemi fortemente violenti e mafiosi.

Certo stando a quanto si è letto sulle cooperative di Roma sembrerebbe di si. Eccome!

Ed ancora di più quando come in queste ore si viene a sapere che Francesco Simone, il manager della coop Cpl Concordia, che teneva rapporti con i politici e amministratori pubblici, parla per oltre otto ore e senza giri di parole ammette l'esistenza di un poliedrico sistema corruttivo.

Mille i modi ingegnosi per comprare i politici ed i funzionari e per pagarli

Per esempio affidando il subappalto ad impresa indicata dalla politica

Od affidando consulenze inutili e fittizie.

Certo che quando esse sono anche se n on soprattutto strumento per procurare lavoro la questione diventa interessante per qualsiasi amministratore locale

E’ noto, infatti che per quanto riguarda le cooperative sociali di tipo “B”, o i loro consorzi e analoghi organismi aventi sede nella Comunità europea la possibilità di sottoscrivere convenzioni in deroga alle normali procedure sugli appalti pubblici è limitata ai casi in cui gli affidamenti sono di importo, stimato al netto dell'IVA, inferiori delle soglie previste dall’art. 28 d.lgs. 163/06 ( 211.000,00 euro). Non solo, ma gli affidamenti tramite convenzione ex art. 5, comma 1, della legge n. 381/91 dovranno avere come finalità quella di creare opportunità lavorative per le persone svantaggiate individuate all’art. 4 delle legge n. 381/91.

Dietro queste norme la possibilità di andare oltre la legge, al punto che per porre un rimedio ai possibili abusi ed alle possibili discriminazioni la legge di Stabilità 2015 all’art. 1 ,comma 610 ha introdotto una modifica all’art.5 della legge 381/91 ad esso aggiungendo la seguente frase:”Le convenzioni di cui al presente comma sono stipulate previo svolgimento di procedure di selezione idonee ad assicurare il rispetto dei principi di trasparenza, di non discriminazione e di efficienza”.

Un limite forte agli abusi ed alle discriminazioni, un limite allo sperpero di fondi pubblici.

Le indagini in queste direzioni, alla luce delle nuove disposizioni, potrà fare ancora più luce e dare risposta alla nostra domanda.

Non solo per il voto di scambio ma anche il mancato rispetto dell’articolo 5, comma 4, della legge 381/1991 e ss.mm.ii., il quale prevede “ l’obbligo di eseguire il contratto con l’impiego delle persone svantaggiate di cui all’articolo 4, comma 1, e con l’adozione di specifici programmi di recupero e inserimento lavorativo” oltre che, ovviamente, per il mancato esercizio dei controlli sui servizi richiesti e resi.

La concussione, dal latino medievaleconcussioscossa, eccitamento, ”dunque “pressione indebita,estorsione”è ilreatodel pubblico amministratore che, abusando della sua qualità e delle sue funzioni, costringe(concussione violenta) o induce (concussione implicitaofraudolenta) qualcuno a dare o promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità anche di natura non patrimoniale.

Questo termine è entrato prepotentemente nel nostro linguaggio quotidiano a partire da Tangentopoli agli inizi degli anni 90.

E’ un reato tipico dell'ordinamento giuridico penale dellaRepubblica Italiana, la fattispecie concussiva non è presente nella maggior parte degli ordinamenti europei e pubblica amministrazione.

Oggi, la normativa italiana di contrasto al fenomeno concussivo è contenuta nel codice penale e precisamente nel Libro II, Titolo II "Dei delitti contro la pubblica amministrazione" (art. 314-360). Il reato “potrebbe essere punito con la detenzione da 3 a 11 anni.

Da non confondere con la truffa aggravata che è configurabile quando la qualità o funzione del pubblico amministratore concorrono in via accessoria alla determinazione della volontà del soggetto passivo, che viene convinto con artifici o raggiri ad una prestazione che egli crede dovuta.

Invece deve ravvisarsi concussione tutte le volte che l'abuso delle qualità o della funzione del pubblico amministratore si atteggia come causa esclusivamente determinante, così da indurre il soggetto passivo all'ingiusto pagamento che egli sa di non dovere.

Il fenomeno rientra pienamente nel rispetto della tradizione dell’antica Roma, quando la maggior parte dei componenti della nobiltà consideravano le province terra da bottino e il loro rappresentante il Pubblicano, cavaliere romano svolgeva determinati incarichi per conto dello Stato: costruzioni di edifici pubblici e riscossione delle tasse nelle province.

Il Pubblicano, chiaramente faceva di tutto per ottenere la costruzione al minor costo possibile con l’abbassare i salari ovvero con l’estorcere, senza alcuno scrupolo, più tasse di quelle che si era convenuto di pagare allo Stato da parte del popolo.

In aggiunta non indietreggiava di fronte a nessuna oppressione, estorsione o ad alcuna sopraffazione del diritto, pur di arricchirsi.

I Pubblicani erano, chiaramente, protetti dal ceto dominante.

Solo nel 194 a.C. veniva varata una legge (la Lex Calpurnia che prese il nome del suo ideatore Lucio Calpurnio Pisone Frugi) che rendeva possibile l’incriminazione di un Governatore o Pubblicano, che per i loro metodi oppressivi ed estorsivi si erano fatti odiare dalla popolazione.

Di conseguenza “potevano” essere accusati di “repetundis pecuniis” (concussione).

Questa legge, come è facile dedurre, non ebbe mai grande effetto.

Le denunce non venivano prese in considerazione, oppure, chi si macchiava di tale reato, veniva condannato ad una semplice e banale multa, tanto per salvare le apparenze. Nel tempo intercorso da allora ai nostri tempi, poco è cambiato e se proprio si dovesse decidere di analizzare questo fenomeno tipicamente italico, bisognerebbe tenere in seria considerazione l’importanza delle nostre tradizioni e il rispetto delle stesse nel perpetuarle il più possibile senza stravolgerle. L’ex ministro dell’industria

Franco Nicolazzi, per esempio, duranteTangentopoli è stato condannato per concussione nell'ambito del processo per le cosiddette "carceri d'oro"; ciò “causò”, “udite! udite!, il suo ritiro dalla vita politica attiva.

Altro esempio lo abbiamoavuto dal tribunale di Termini Imerese che ha condannato l'ex dirigente del settore Lavori Pubblici e del settore Finanziario del Comune di Bagheria, Giovanni Mercadante, a 2 anni e 8 mesi di reclusione per concussione.

Avrebbe costretto la cooperativa sociale Serenità, minacciandola di ritardare i pagamenti delle fatture per crediti vantati nei confronti del Comune di Bagheria, a dargli 3 mila euro.

Ovviamente, essendo la condanna a meno di 3 anni, il dirigente pubblico non fece carcere.

Tutto nel pieno rispetto di almeno 2000 anni della nostra storia passata e nel rispetto della tradizione, perché solo così si distingue dalla semplice moda.

Non è dunque un caso che una società nella quale le tradizioni sono svigorite diventa preda delle mode. Non sia mai!

Gigino A. Pellegrini & G el Tarik

Scrivono il Commissario Straordinario della Fondazione Calabria Etica Carmelo Barbaro ed i Dirigente generale reggente del dipartimento 6 Lavoro della Regione Calabria Antonio De Marco

“In relazione alle notizie inesatte e devianti apparse in questi giorni sulla stampa e sulle dichiarazioni dell'ex-Presidente della Fondazione Calabria Etica, è necessario precisare alcune doverose informazioni al fine di ristabilire la correttezza e fondatezza delle notizie, limitandosi ovviamente ad un mero aspetto tecnico-procedurale senza valutazioni politiche che appartengono alla Giunta Regionale.

Com'è noto per l'ampio risalto che sulla stampa è stato dedicato alla questione delle "assunzioni" della Fondazione Calabria Etica, avvenute durante la campagna elettorale di rinnovo del Presidente della Regione e del Consiglio Regionale, a seguito del commissariamento della Fondazione deciso dalla Giunta Regionale è in corso una inchiesta interna della Regione Calabria ad opera di una Commissione d'indagine di supporto al Commissario Straordinario della Fondazione e composta dai Dirigenti Generali dei Dipartimento Lavoro, Controlli e Bilancio, insediata nello scorso mese di febbraio che entro il corrente mese di aprile porterà ad una relazione dettagliata fornita alla Giunta Regionale, e che sarà alla base di successive determinazioni dell'Esecutivo, circa i Progetti realizzati dalla Fondazione Calabria Etica su affidamento del Dipartimento Lavoro della Regione Calabria nell'ultimo anno, pari a 38 Progetti per un importo finanziario di circa 24 milioni di euro, di cui 13 attivati da ottobre 2014 a ridosso della competizione elettorale per un importo finanziario di circa 15 milioni di euro.

E' ovviamente da rammentare che sul complesso delle procedure di tali Progetti è altresì in corso una indagine della Procura della Repubblica di Catanzaro che ha già portato all'acquisizione da parte degli Inquirenti della relativa documentazione.

Nel corso della verifica delle procedure attivate da Fondazione Calabria Etica, oggetto di una recente valutazione congiunta tra Commissario Straordinario della Fondazione e Dipartimento n.6 Sviluppo Economico e Lavoro della Regione Calabria in data 26/3/2015, è emerso in modo inconfutabile che alcuni di tali Progetti attivati, e precisamente 4 Progetti per un importo totale di quasi 7 milioni di euro, erano del tutto privi di formale atto di affidamento e di finanziamento a favore della Fondazione Calabria Etica e che su tali Progetti erano però stati contrattualizzati circa 260 operatori con contratti di collaborazione professionale.

Per tali Progetti risultava agli atti solo una procedura preliminare di richiesta di progettazione, con proposta esecutiva avanzata da Fondazione Etica al Dipartimento Lavoro nel mese di ottobre 2014, ed una nota del 22/10/2014 del Dirigente Generale pro.tempore del Dipartimento che autorizzava l'avvio delle attività preliminari/ propedeutiche dei Progetti considerati, rinviando a successive procedure amministrative di finanziamento nei limiti del patto di stabilità, senza autorizzare stipula di contratti o spese.

A tale nota preliminare, che non costituisce in alcun modo atto amministrativo che determina obbligazioni giuridiche, non è poi seguito alcun Decreto di autorizzazione, nè stipula di convenzione né regolare impegno di spesa, che costituiscono gli atti necessari ed obbligatori per la P.A. per determinare obbligazioni giuridiche nei rapporti con i terzi.

Di conseguenza le contrattualizzazioni operate dalla Fondazione Calabria Etica per i Progetti considerati sono da ritenere da parte della Regione Calabria nulli e non rendicontabili in quanto stipulati in carenza di atti contrattuali o convenzionali, e peraltro in violazione della disposizione a suo tempo emanata dal Presidente facente funzioni della Giunta Regionale Dr.ssa Stasi che aveva determinato, all'avvio della campagna elettorale regionale, l'obbligo per i Dipartimenti Regionali e per gli Enti partecipati o "in-house" (come la Fondazione Calabria Etica) di non procedere in ricorrenza della campagna elettorale a qualsiasi contrattualizzazione o assunzione, che evidentemente non è stata rispettata dal Presidente pro-tempore della Fondazione Calabria Etica.

Tale determinazione, a seguito di esplicita richiesta del Commissario Straordinario della Fondazione di chiarimento alla Regione Calabria prot. 925 del 27/3/2015, è stata assunta dalla Direzione Generale del Dipartimento n. 6 Sviluppo Economico e Lavoro della Regione Calabria con comunicazione prot. 102333 del 31/3/2015 che ha precisato alla Fondazione l'inammissibilità della procedura attivata dalla Fondazione per i 4 Progetti precisati in carenza di atti amministrativi di autorizzazione, impegno di spesa e stipula di convenzione, invitando con ciò il Commissario agli adempimenti considerati.

Da qui l'avvio delle necessarie procedure in corso da parte del Commissario Straordinario in autotutela sui circa 260 contratti stipulati irregolarmente in carenza di copertura finanziaria e di convenzione, non sussistendo alcun atto amministrativo formale di affidamento, e non –per come affermato in Conferenza Stampa dall'ex-Presidente- per "cavilli burocratici di mancata repertoriazione della convenzione". Senza entrare nel merito delle procedure di selezione del personale che sarà oggetto di successiva valutazione a conclusione del lavoro della Commissione d'inchiesta.

Pare altresì opportuno rammentare che la pubblicazione avvenuta sul sito della Fondazione Calabria Etica dei nominativi e degli importi dei contratti stipulati dalla Fondazione non appartiene ad una volontà di "ludibrio" dei contrattualizzati, ma ad una precisa disposizione normativa in materia di trasparenza che impone alla Pubblica Amministrazione la pubblicazione sui siti istituzionali di tutti i contratti di collaborazione stipulati.

Questa la sostanza formale della questione, senza valutazioni politiche. Appare dunque evidente come alcune notizie pubblicate sui giornali cartacei e "on-line" e le affermazioni della richiamata Conferenza stampa dell'ex-Presidente della Fondazione Etica siano infondate e inesatte e appartengano alla categoria della polemica politica o al tentativo di travisamento dei fatti nella evidenza della irregolarità o illegittimità di alcune procedure di contrattualizzazione avviate.

Pur senza entrare nella discussione politica, pare comunque opportuno che vengano evitati i richiami alla difesa del "pane di 250 famiglie" che sarebbe stato negato dalla Regione Calabria, in quanto tale affermazione finisce per negare il necessario rispetto delle regole amministrative e della trasparenza che devono ispirare ogni atto della Pubblica Amministrazione e degli Organismi "in-house", e che l'impegno contro la povertà, su cui l'Amministrazione Regionale si sta impegnando con un Piano specifico, riguarda non solo le 250 famiglie richiamate ma le decine di migliaia di famiglie calabresi in condizioni di povertà e di disperazione che non hanno potuto trovare "scorciatoie" di opportunità di lavoro come quelle attivate, quanto meno con disinvoltura se non di illegittimità, dalla precedente gestione di Fondazione Calabria Etica.

Responsabilità degli Amministratori ed anche della stampa è quella di non alimentare con demagogia "guerre tra poveri" e non fomentare climi di caccia ai capri espiatori che sono pericoli in una Regione disperata ed alle prese con delicati problemi di coesione sociale e di ordine pubblico.

Il Commissario Straordinario della Fondazione Calabria Etica

Carmelo Barbaro

Il Dirigente generale reggente del dipartimento 6 Lavoro della Regione Calabria

Antonio De Marco

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